PS5, tre anni dopo: come sta andando la nuova generazione?

PS5 è arrivata ai suoi primi tre anni di vita: com'è stato questo inizio di "next-gen" in casa Sony? Quali promesse sono mantenute e quali disattese?

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Il 19 novembre 2020, il mercato videoludico accoglieva l'arrivo anche in Europa di PlayStation 5, la console di nuova generazione che aveva sulle sue spalle un peso tutt'altro che lieve: raccogliere l'eredità di PS4 e del suo successo.

Se, infatti, Xbox Series X|S arrivavano sul mercato dando un colpo di spugna alle incertezze di Xbox One, con l'intento di lasciarsi alle spalle il prima possibile il passato, nel caso di PS5 non c'era la volontà di segnare un taglio netto. Ed ecco perché, come vi abbiamo detto fin dal momento della recensione della console, la nuova macchina Sony rappresentava una naturale evoluzione di quanto offerto dalla precedente. E lo faceva al punto che, tre anni dopo, sembra ancora meno audace chiamare "PS5" come una "PS4 Pro Pro".

Ma come sono andati questi tre anni e cosa ci dicono dei prossimi tre?

Ciao, avete anche anni normali per caso?

Definire "normali", da qualsiasi lato li si guardi, gli anni compresi tra il 2020 e il 2023, sarebbe quantomeno originale. Nel bel mezzo di una pandemia che ha fatto saltare in aria – tra molte altre cose – anche le logiche del mercato videoludico, ecco che PS5 ha debuttato, sì, ma diventando introvabile fin da subito.

Niente vendita nei negozi fisici, assalto dei bagarini, crisi dei semiconduttori per la produzione di nuovi esemplari: ricordo ancora quando, in una delle nostre live sul canale Twitch di SpazioGames, dicemmo con innocenza «ci mancherebbe che, all'arrivo di Resident Evil Village, PS5 fosse ancora introvabile»Lo è rimasta ben oltre: era un ago in un pagliaio, con code folli nei negozi digitali, fino a fine 2022 e inizio 2023.

Ed ecco che, nell'anno in cui finalmente la crisi di scorte si è risolta, già superata la boa del seconda compleanno, è stata annunciata e in alcuni mercati già lanciata una nuova PS5 "slim".

È un concetto che, se vogliamo, riassume un po' tutto l'andamento della generazione di Sony fino a qui: i giochi usciti sono di qualità assoluta e nel segno della continuità. Le decisioni dal punto di vista gestionale, invece, sono fumose, contraddittorie e difficili da interpretare.

Cose belle da giocare

Ricorderete senz'altro i momenti in cui Sony sottolineava «we believe in generations», sottolineando che il suo sarebbe stato un salto generazionale importante, che sarebbe passato a PS5 lasciandosi indietro PS4, al contrario di quanto fatto da Xbox. Sappiamo che così non è stato – complice anche l'imprevedibile difficoltà nel far trovare le PS5 ai consumatori, come accennavamo. Fino a più o meno Marvel's Spider-Man 2, la generazione è stata più che altro una cross-generazione, con uscite come Horizon: Forbidden WestGod of War: Ragnarok Gran Turismo 7 che hanno teso la mano anche a PS4.

Tre anni dopo, sembra ancora meno audace chiamare "PS5" una "PS4 Pro Pro".
E non c'è niente di male: non avrebbe senso rinunciare a una base installata così enorme. Non fosse, però, che in sede di annunci della console (e dei giochi) era stato detto l'opposto, creando insomma la psicosi da "devo procurarmi una PS5, o non potrò giocare il nuovo Horizon e il nuovo God of War". Una leva di marketing, praticamente, smentita poi dalla realtà dei fatti: chi è corso a comprarsi una PS5 per giocare i nuovi titoli, avrebbe potuto giocarli anche su PS4 – e molto bene ottimizzati, oltretutto.

Ad intervallarsi ai giochi cross-generazionali sono state alcune produzioni possibili solo su PS5: pensiamo a Returnal e ai suoi eterni ritorni, pensiamo anche a Ratchet & Clank: Rift Apart e ai suoi mondi dal caricamento istantaneo.

La qualità dei giochi è fuori da ogni discussione, in questo caso: molte delle produzioni citate rappresentano il paradigma delle avventure narrative che sono marchio di fabbrica dei PlayStation Studios e hanno una qualità spesso fuori parametro per chi cerca di emularle – o imparare qualcosa da esse.

Quello che è invece discutibile, dal punto di vista della ludoteca di PS5, è anche la gestione dei prezzi e degli upgrade alla nuova generazione. Se già inizialmente questa non doveva essere una cross-gen, come poi è stata, le continue contraddizioni hanno reso le acque ancora più confuse: le esclusive PlayStation al day-one costano 80 euro e ci sono stati diversi episodi in cui gli upgrade del gioco PS4 a PS5, annunciati come gratuiti, poi sono diventati a pagamento – e dopo le numerose proteste dei giocatori, che non hanno la memoria corta (per fortuna), sono tornati gratis.

Anche qui, parliamo di un tira e molla decisionale che per ora ha caratterizzato tutta la generazione di PS5, con una Sony più fumosa che mai sul fronte comunicativo e fautrice di scelte che sono risultate decisamente meno for the players che in passato – dall'aumento di prezzi a quello delle console, passando per gli abbonamenti.

... e in futuro?

Sul fronte della gestione dei giochi, questi sono stati anche anni di grande apertura da parte delle IP di PlayStation. Abbiamo visto i franchise di punta di proprietà di Sony arrivare anche su PC, allontanandosi per le prime volte dall'idea che la console sia la chiave fondamentale per avere accesso alla libreria dei PlayStation Studios. Certo, il lancio avviene anni dopo quello su console PlayStation, ma è una manovra che segna comunque un prima e un dopo.

Inoltre, le IP sono anche diventate molto più transmediali che in passato: pensiamo all'adattamento di The Last of Us a opera di HBO, all'arrivo al cinema di Gran TurismoTwisted Metal, ai lavori in corso prendere Horizon una serie televisiva. PlayStation sta lavorando per rendere pervasivi i suoi franchise ed è facile immaginare che proseguirà in questa strada, nei prossimi anni.

Per i giochi veri e propri però, lo scenario è al momento tutto da scoprire. I maggiori franchise di casa Sony su PS5 ci sono già arrivati – tra rifacimenti di The Last of UsGod of WarHorizonGran Turismo, Spider-Man, Ratchet & Clank – e non sappiamo granché dei progetti previsti per il futuro.

Sappiamo che è in lavorazione DS2 come second party di Kojima Productions, così come Insomniac ora si dedicherà a un adattamento videoludico di Marvel's Wolverine – di cui non sappiamo altri dettagli. Il resto dello scenario, che ha visto anche l'acquisizione di Bungie, sembra guardare soprattutto ai GaaS.

Vedendo i giochi già annunciati dai PlayStation Studios, compreso quello del team guidato da Jade Raymond (Fairgame$), c'è un numero sorprendentemente alto di game as a service in lavorazione per PlayStation. Una mossa che ha senso da un punto di vista commerciale, perché i giochi persistenti rendono persistenti anche le entrate.

Non fosse, però, che riuscire a crearne uno che si affermi nel lungo periodo è a metà tra il miracolo e il colpo di genio, e non fosse che gli utenti PlayStation amano questa piattaforma anche e soprattutto per il suo marchio di fabbrica: le costosissime, poco monetizzabili e meravigliose esperienze in single player.

Rimane da capire se e come queste anime riusciranno a unirsi, nei prossimi anni. Sappiamo che nel 2024 vedremo The Last of Us - Parte II Remastered, ma non abbiamo idea di quali altri titoli popoleranno la line-up dei PlayStation Studios. E, soprattutto, non sappiamo cosa cambierà con l'addio di Jim Ryan, che pareva essere il più convinto della virata GaaS volta a portare una monetizzazione sicura e duratura nelle tasche di Sony.

Un ecosistema di accessori

In mezzo a tutto questo, negli anni Sony ha fatto affiancare PS5 da un ecosistema di accessori più o meno riusciti, a loro volta votati ad arricchire l'esperienza di gioco e ad attirare nuovi utenti nel mondo di PlayStation.

Alcuni sono stati riusciti: le cuffie Pulse 3D, ad esempio, sono molto popolari. Altri, invece, hanno lasciato più interdetti: pensiamo a DualSense Edge, il controller di fascia alta che però si presentava con soluzioni a metà strada tra enthusiast e pro, non accontentando pienamente nessuno dei due.

Ma pensiamo soprattutto a PlayStation VR 2, che a ripensarci in alcuni momenti sembra figlio di un'allucinazione collettiva che ha riportato PS5 nel 2016, quando sembrava che la realtà virtuale, sulla scia di Oculus, per alcuni dovesse soppiantare per sempre il modo di videogiocare. Sappiamo che non è andata affatto così e nemmeno l'adattamento di una IP forte come Horizon in formato VR ha allargato davvero il bacino della VR su PlayStation 5. Non a quei prezzi, poi.

Di recente abbiamo visto anche il debutto di PlayStation Portal, la handheld che funziona solo per il gioco remoto dalla vostra PS5 domestica. Una piattaforma che fa benissimo quello per cui è costruita, ma che esprimerebbe uno straordinario potenziale rimasto covato, se permettesse anche di giocare in cloud ai titoli del proprio abbonamento Plus.

Che è il prossimo punto della nostra riflessione.

«Un modello non sostenibile»

In questi anni, i videogiochi si sono smaterializzati sempre di più. Lo dimostra anche il fatto che PS5 stessa proponga una sua Digital Edition, per chi vuole giocare senza comprare i dischi su Blu-Ray. Dopotutto, siamo nell'epoca del gaming on demand attraverso gli abbonamenti, come dimostra la popolarità di Game Pass.

Sony affermò che un modello in abbonamento con i suoi giochi al day-one non sarebbe sostenibile.
Ecco perché un abbonamento come il vecchio PlayStation Plus ha iniziato a dare l'idea di essere obsoleto – esattamente come era obsoleto il vecchio Games With Gold di Xbox, recentemente soppresso in favore di Game Pass Core. Sony ha deciso così di rimodulare il suo storico servizio, che viveva un momento di frenata, e lo ha fatto in modo però piuttosto confuso.

Oggi sono disponibili tre diversi tier (Essential, che è il vecchio Plus, Extra, che include giochi on demand, e Premium, che include anche classici e il gioco in cloud), ma non sono previsti in modo sistematico giochi dal day-one. È capitato che ce ne fossero (pensiamo al lancio di Stray, ad esempio), ma è una eccezione e non la regola.

Non aspettatevi, insomma, di vedere un immaginario The Last of Us - Parte III esordire su PlayStation Plus, in futuro, come invece avete visto Starfield e come vedremo Hellblade II. Il motivo è presto detto: Sony ha sempre detto che sarebbe un modello economico non sostenibile, considerando il costo di queste produzioni.

Questo rende PS Plus un abbonamento "di mezzo", che rimane ancorato al fatto che sia necessario per accedere ai server dei giochi online sulla console, e che a questo unisce l'accesso a una libreria di giochi on demand – solo raramente usciti da poco. Può funzionare? Per il momento sta funzionando, nel senso che Plus continua a galleggiare sui suoi numeri molto positivi (o almeno lo faceva, in futuro pare non comunicherà più quanti sono i suoi abbonati, ndr). Da qui a tre anni, però, è difficile prevedere se questo modello garantirà un incremento di entrate persistenti per PlayStation, a fronte di alternative sempre più aggressive e che sposano in modo chiaro il cloud.

Cloud al quale Sony si è aperta solo di recente per PS5, sul quale rimane da capire quale sarà la direzione. E che richiede il livello più alto dell'abbonamento (Premium), recentemente aumentato di prezzo per la soluzione annuale.

Quindi, da qui al 2026?

Considerando il cambio di guida in corso e il fatto che le prossime fatiche dei PlayStation Studios siano in larga parte da scoprire – e da capire, visto che il focus sui GaaS potrebbe ridursi, con l'addio di Ryan – è davvero difficile immaginare cosa potremmo trovare nei prossimi tre anni di PS5.

Indubbiamente la console vende molto molto bene, complice il fatto che sia in molti mercati una vera e propria sineddoche del concetto di macchina da gioco (quante volte sentiamo dire «giochi con la PlayStation?» per riferirsi genericamente a una console?), e di certo Sony non deve preoccuparsi del suo successo commerciale.

Negli anni, PS5 ha confermato la visione di evoluzione naturale dal concetto di gioco di PS4, aggiungendo qua e là delle migliorie interessanti come quelle di DualSense, che però dopo il momento di lancio sono diventate un po' secondarie, rispetto alle potenzialità che avevano mostrato in Astro's Playroom. Ci sono state anche diverse aggiunte di rilievo al firmware, tra opzioni per l'accessibilità, VRR e supporto ai 1440p, perché erano tutte caratteristiche che erano state saltate al lancio della console.

Siamo quindi al giro di boa di una generazione davvero strana: è una in cui PS5 vende come il pane ma dove le manca una visione d'insieme coesa, una con tanti punti interrogativi (o asterischi, se vogliamo rimanere nel campo della comunicazione recente di PlayStation) e che, concentrandosi soprattutto sulla sua anima occidentale piuttosto che su quella giapponese, vorrebbe provare ad affermarsi timidamente anche in ambiti dove il nome di PlayStation non è il primo che viene in mente – come quello dei giochi persistenti, appunto.

I giochi rimangono comunque al centro di tutto, e quelli a PS5 non mancano. Certo, bisogna capire cosa proporranno i suoi studi dal 2024 in poi per assecondare chi PS5 l'ha acquistata per continuare a seguire i suoi grandi single player preferiti. E bisognerà capire come questo sarà futuribile, considerando il diverso approccio di PlayStation ai modelli in abbonamento e il fatto che i suoi giochi in single player, estremamente costosi da produrre, ne uscirebbero snaturati se fossero piegati a un modello di monetizzazione da "spezzatino".

Di solito, nella coda della generazione PlayStation fa arrivare dei canti del cigno non indifferenti: pensiamo a The Last of Us - Parte II uscito a fine vita di PS4. In questo caso, nell'inizio di coda del generazione invece avremo un cambio di CEO. E vedremo cosa porterà, nella speranza che rientri un po' di quella (tanta) confusione che ha caratterizzato gli anni recenti del mondo Sony, al di là dell'indiscutibile successo commerciale di quanto proposto.