I migliori Metal Gear Solid | La classifica

Dal peggiore al migliore, ecco la lista dei capitoli del leggendario franchise di Metal Gear Solid più importanti di sempre.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Ci sono serie che restano impresse nella storia per le loro qualità indiscusse (o per i notevoli risultati commerciali), mentre altre tentano di cambiare il videogioco dalle fondamenta. La saga di Metal Gear Solid fa sicuramente parte dell'ultima categoria.

Il mix di azione, stealth e tematiche sociopolitiche tanto care a Hideo Kojima, il franchise ha sicuramente un posto speciale nel cuore di ogni videogiocatore che si rispetti. Ora, con la Master Collection Vol. 1 nei negozi (la trovate su Amazon) ripercorriamo la saga nella sua interezza (mentre a questo indirizzo potete leggere la recensione della nostra Stefania Sperandio).

Su SpazioGames abbiamo deciso di pubblicare la classifica dei capitoli più importanti della serie di Metal Gear Solid inclusi gli spin-off, in maniera del tutto simile a quanto fatto in precedenza con la serie di GTA, con quella di Final Fantasy, passando anche per il franchise di Resident Evil, la saga di Tomb Raider e, ultima ma non meno importante, quella dedicata ai Call of Duty.

Aspettiamo anche questa volta la vostra classifica personale nei commenti in fondo all’articolo!

6) Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

Quello che avrebbe dovuto essere il "finale epico" della saga, si è purtroppo rivelato essere il più grande "passo falso" dell'intero franchise. Preceduto dal prologo noto con il nome Ground Zeroes, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain è uscito su console e PC nel 2015, dividendo sia la critica che i fan più irriducibili della serie creata da Hideo Kojima.

Impostata come un gioco open world dalla struttura fin troppo distante dagli episodi classici della saga, l'avventura finale di Big Boss è un titolo dalla trama fin troppo articolata e farraginosa, che mal si sposa con un'impostazione a capitoli che finisce per trasformare l'intera odissea di Punished "Venom" Snake in un mosaico di incertezze e interrogativi lasciati in sospeso.

A ciò si aggiunge l'epilogo dell'arco narrativo vero e proprio che ha creato non pochi dubbi e perplessità (specie per gli evidenti tagli e rimaneggiamenti), dovuti prima di tutto al licenziamento di Hideo Kojima e al suo conseguente divorzio con Konami. Il resto, come sapete, è storia.

5) Metal Gear Solid 3: Snake Eater

Dopo l'uscita di Sons of Liberty, furono in molti a lamentare il fatto che Kojima si fosse preso fin troppe libertà creative con il primo, vero sequel delle avventure di Solid Snake, offrendo ai possessori di PS2 un gioco eccessivamente complesso e personale (nonostante con gli anni, gran parte dei detrattori lo abbia enormemente rivalutato). Nel 2004, Konami "costrinse" quindi Hideo a proporre su PS2 un terzo capitolo di Metal Gear Solid più consueto e meno visionario, con pochi dialoghi al codec e, soprattutto, con uno "Snake" come protagonista indiscusso.

Metal Gear Solid 3: Snake Eater è il trionfo della giocabilità sulla storia, un racconto di fantapolitica che strizza pesantemente l'occhio alle atmosfere classiche di un James Bond 007 ma con la bandana e la tuta mimetica di Big Boss. Fungendo da prequel, Kojima si è preso il lusso di spiegare alcuni punti fondamentali della trama principale, proponendo però personaggi di contorno meno memorabili del previsto (ad eccezione di The Boss, ad oggi uno dei migliori antagonisti del franchise).

Da molti ricordato affettuosamente come il capitolo più bello della serie, Snake Eater è solamente figlio della delusione verso un Metal Gear Solid 2 fin troppo complesso da capire ai tempi, ma ora più che mai in grado di mettere alla luce tutti i limiti dell'avventura di Naked Snake. Nota di redazione: il tema principale cantato da Cynthia Harrell, "Snake Eater", è e resta in ogni caso un capolavoro assoluto.

4) Metal Gear Solid: Peace Walker

Quello che, perlomeno nei piani iniziali, avrebbe dovuto essere il quinto capitolo ufficiale della saga, è stato infine trasformato in uno spin-off in grado di surclassare gran parte degli episodi principali. Uscito nel 2010 sull'allora prolifica PSP (e convertito successivamente anche su PS3 e Xbox 360), Metal Gear Solid: Peace Walker riprende il filone narrativo di Big Boss e dei suoi Militaires Sans Frontières, per un'avventura ricca di idee e spunti interessanti.

Innanzitutto, la trama è sicuramente molto più intensa e meglio scritta rispetto ai più "tiepidi" Snake Eater e The Phantom Pain: personaggi come Kazuhira "Kaz" Miller, Paz Ortega Andrade, Chico e Huey Emmerich sono meglio tratteggiati rispetto agli altri episodi legati all'arco narrativo di Big Boss, tanto che la narrazione stessa di Peace Walker appare costruita con maggiore convinzione (inclusa anche una buona dose di libertà creativa da parte di Konami).

In secondo luogo, l'abbandono della visuale a volo d'uccello che creava non pochi grattacapi in Metal Gear Solid 3 è stata sostituita da una più pratica e funzionale inquadratura in terza persona, già avvistata nell'edizione Subsistance di Snake Eater (grazie alla quale è possibile avvistare le guardie di pattuglia senza dover obbligatoriamente utilizzare la soggettiva). In virtù di ciò, nel cuore e nella mente dei fan Metal Gear Solid: Peace Walker è e resterà sempre il "vero" quinto capitolo del franchise.

3) Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots

Dopo Sons of Liberty, Kojima sembrava aver messo da parte il protagonista storico della saga di Metal Gear, quel Solid Snake non più in grado di reggere il peso delle battaglie. Fortunatamente, nel 2008 Konami decise che era giunto il momento di raccontare l'epilogo della storia di Old Snake, invecchiato fin troppo velocemente per via degli effetti collaterali del virus FOXDIE: Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots era realtà.

Luogo dello scontro è ora il lontano Medio Oriente, la missione quella di scovare ed eliminare una volta per tutte Revolver Ocelot, ora succube dalla personalità di Liquid Snake per via del trapianto di braccio (il suo nome sul campo di battaglia è infatti ora quello di Liquid Ocelot). Il fascino di Metal Gear Solid 4 è fuori scala: non rappresenta infatti solo la chiusura perfetta della trilogia di Solid Snake, bensì tutta la struttura ludica del titolo appare dinamica e appassionante dall'inizio alla fine. Le sequenze cinematiche sono numerose come da tradizione, ma non sovrastano mai i momenti di gioco reali, così come l'intera avventura è infarcita di riferimenti e omaggi al franchise di Metal Gear nella sua interezza (dalle musiche alle location, passando per i boss palesemente ispirati al capitolo del 1998).

Guns of the Patriots corregge ogni elemento spigoloso del precedente Metal Gear Solid 3 (dalla Camo Suit per mimetizzarsi con l'ambiente circostante, alla visuale in terza persona) non cambiando però le meccaniche che i giocatori hanno imparato a conoscere ed amare nel corso degli anni. Metal Gear Solid 4 è un "salto" tecnologico e concettuale rispetto a Snake Eater, nonché un gioco assolutamente straordinario se preso singolarmente.

2) Metal Gear Solid

Nel 1998, l'allora sconosciuto Hideo Kojima decise di rilanciare la sua serie action stealth nata anni prima su MSX2, donandole lo sfarzo e il clamore che solo una console come la prima PlayStation a 32-bit sarebbe stata in grado di offrire. Il primo Metal Gear Solid non è infatti solo un gioco straordinario, ma è anche il secondo, vero titolo stealth ad essere approdato su PSOne (che piaccia o no, l'originale Tenchu di Acquire ci era arrivato solo pochi mesi prima).

La prima missione speciale di Solid Snake tra le lande innevate di Shadow Moses è un'esperienza memorabile, talmente pregna di momenti emozionanti da fare quasi fatica a ricordarli tutti: ogni scontro coi boss (da Psycho Mantis a Vulcan Raven, passando per la struggente battaglia contro Sniper Wolf), ogni sequenza di dialogo non interattiva e ogni brano della colonna sonora è in grado di entrare nelle viscere, restando impressa per sempre.

La componente stealth è un ideale mix tra azione ed esplorazione, rispettosa di un sistema di controllo rigido ma mai punitivo, dove però le routine comportamentali mostravano tutti i loro punti deboli (dopotutto, parliamo di un gioco di oltre 20 anni fa). In ogni caso, la maniera con cui Kojima racconta gli orrori della guerra, strizzando l'occhio all'utente al di là dello schermo (grazie alla sua capacità di comunicare non più con il personaggio principale, bensì col videogiocatore stesso grazie ad alcune trovate realmente geniali), rendono il capitolo originale della saga di Metal Gear Solid un classico immortale, un titolo seminale in grado di dare il via a un franchise ancora oggi amato da intere generazioni.

1) Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty

Nel 2001, l'utenza PlayStation 2 era in attesa della vera killer application in grado di chiudere la generazione a 128-bit, ancor prima che questa prendesse effettivamente il via. Konami ne era assolutamente consapevole, tanto che autorizzo Kojima a produrre e sviluppare uno dei sequel più attesi (e rischiosi) di sempre: Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty.

Fidandosi ciecamente delle qualità artistiche del buon Hideo, Konami decise di dare carta bianca all'autore giapponese, convinta che bissare il successo del primo Metal Gear Solid - divenuto in pochi anni un cult immortale - sarebbe stata un'operazione facile come bere un bicchiere d'acqua. Dopotutto, cosa poteva andare storto? La risposta è: tutto. E niente.

Sons of Liberty è infatti un attestato autoriale del genio creativo di Kojima, un gioco così pregno di significati da rappresentare un'opera unica nel suo genere, mai replicata in futuro né da altri autori videoludici né dallo stesso Hideo (nonostante con il recente Death Stranding ci sia andato molto vicino). Il "trucco" dietro a un gioco come Metal Gear Solid 2 è semplice: ribaltare quasi totalmente le aspettative dei giocatori, realizzando un sequel che di fatto "prende in giro" il predecessore sotto quasi ogni aspetto.

Fare uscire di scena il protagonista storico dopo una manciata di ore di gioco, rimpiazzandolo con un protagonista dall'aspetto a tratti androgino che risponde al nome di Raiden, è solo la prima mossa "sleale" di Kojima, il quale non sembra trattenersi neanche quando si tratta di mettere sul piatto dei boss parodia di quelli del primo capitolo (vedi Fatman, un bombarolo sovrappeso sui pattini a rotelle, seguito dall'ambiguo succhiasangue con la passione per la danza, Vamp).

Al netto delle assurdità, il colpo di genio è proprio questo: dare vita al "non-sequel" più spettacolare di sempre, mentre il giocatore avanza quasi stordito attraverso le lunghissime sequenze al Codec che mettono sul piatto una trama ambigua, complessa e assolutamente in anticipo sui tempi: la critica sociale di Kojima verso il sempre crescente potere dei mass media e delle forme di comunicazione suonava quasi come un'oscura profezia di ciò che avrebbero rappresentato poi i social network, solo pochi anni più tardi.

Sons of Liberty esplode in tutto il suo fragore grazie a una narrazione che è pura genialità, dando vita a un'esperienza di gioco poco uniforme e a tratti incoerente, ma che non dimentica di essere un gioco dotato di meccaniche stealth davvero funzionali (come la possibilità di colpire gli avversari in varie parti del corpo, per poi nasconderli in armadietti o ripostigli). Con Metal Gear Solid 2 Kojima ribalta gli schemi classici del videogioco, proponendo di fatto il suo capolavoro. Che piaccia oppure no.