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Immagine di Wilmot’s Warehouse | Recensione - Quando la memoria unisce e diverte
Recensione

Wilmot’s Warehouse | Recensione - Quando la memoria unisce e diverte

Gestite e memorizzate 150 oggetti in magazzino: un gioco da tavolo cooperativo ispirato al puzzle game Wilmot’s Warehouse.

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Avatar di Giovanni Arestia

a cura di Giovanni Arestia

Redattore Cultura POP

Pubblicato il 30/06/2025 alle 18:00
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In sintesi

Giocare con la memoria diventa piacevole se condivisa.
Forme? Colori? Inventare una storia? Ordinare il magazzino non è mai stato così divertente.
La velocità è tutto nel soddisfare i clienti, ma anche nel fallire.
  • Pro
    • Ogni partita è diversa grazie all'ambiguità visiva delle tessere e ai diversi gruppi di gioco
    • Le carte “Idea Obbligatoria” aggiungono sfide e varietà
    • Regole semplici e immediate, adatte a ogni livello di esperienza
  • Contro
    • La rigiocabilità potrebbe risultare limitata per gruppi molto o poco bravi nei giochi di memoria
    • Il climax del finale può risultare slegato dal resto del gameplay

Il Verdetto di Cultura POP

9
Wilmot’s Warehouse si distingue come un raro esempio di gioco capace di prendere una meccanica tradizionalmente divisiva come la memoria e reinventarla in modo originale, accessibile e coinvolgente. La sua forza risiede proprio nell’esperienza condivisa: il magazzino diventa il fulcro di una collaborazione continua, dove ogni giocatore contribuisce con idee, associazioni e strategie personali. Il risultato è un equilibrio perfetto tra creatività, interazione e memoria, che trasforma ogni partita in una storia unica da costruire insieme. Non è solo un gioco da tavolo, ma un vero esercizio di empatia ludica: si ascolta, si propone, si sperimenta. E soprattutto, ci si diverte.

Avete mai sentito parlare di Wilmot’s Warehouse? In Italia effettivamente non ha avuto un grande successo, tuttavia si tratta di un videogioco rompicapo finalista anche della categoria Excellence in Design all'Independent Games Festival Awards del 2018. Uscito nel 2019 per macOS, Nintendo Switch, Windows, Xbox One e PlayStation 4, il giocatore, nei panni di Wilmot, si deve organizzare per recuperare, ordinare e impilare un numero crescente di prodotti in arrivo quotidianamente nel proprio magazzino.

La particolarità sta nel fatto che non esistono regole rigide su come organizzare il magazzino: si può sistemare tutto per colore, tipologia o secondo una logica personale del giocatore. L'importante è ricordarsi dove sono stati posizionati i prodotti così da poterli consegnare rapidamente ai clienti. 

Ora, grazie a CMYK, ai designer Ricky Haggett, Richard Hogg e David King II e, in Italia, ad Asmodee, arriva anche un'omonima versione gioco da tavolo che riprende lo stesso stile grafico e la proprietà intellettuale del videogioco, ma si concentra maggiormente su due aspetti: l'organizzazione degli oggetti nel magazzino e la memoria condivisa.

Grazie alle sue meccaniche semplici ma coinvolgenti, i giocatori devono riuscire a ricordare dove hanno collocato gli oggetti per recuperarli in modo efficiente al momento del bisogno. Questa versione riesce nell'ardua impresa di catturare l’essenza del videogioco, portando sul tavolo un’esperienza originale e piacevole.

  • Packaging, componentistica e regolamento
  • Setup e meccaniche di gioco
  • Pregi e difetti
  • Chi dovrebbe giocarci
  • Conclusioni

Packaging, componentistica e regolamento

Wilmot’s Warehouse presenta una generosa scatola di gioco dall'estetica molto accattivante. Una volta aperta si viene accolti da un alto numero di componenti di gioco:

  • 150 tessere Prodotto;
  • 150 carte Cliente;
  • 30 carte Idea Obbligatoria;
  • 1 tabellone Magazzino 7x7;
  • 1 sacchetto;
  • 1 regolamento denominato "manuale del dipendente".

La qualità dei componenti è in gran parte eccellente nonostante la totale mancanza di plastica. Le tessere sono spesse, robuste e resistenti con un'estetica delle illustrazioni molto minimale e funzionale. Quest'ultimo aspetto è il punto forte del gioco perché proprio grazie a questa semplicità e alla voluta ambiguità è in grado di stimolare l’immaginazione e ad aprire la mente a molteplici interpretazioni.

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Stessa cura anche per il tabellone che, anche grazie all'uso di colori neutri e la mancanza di fronzoli superflui, consente di essere ben comprensibile e aiuta a mantenere alta la concentrazione durante il gioco. Lodevole anche il sacchetto per le tessere sia per la qualità dei materiali usati sia per l'idea carina di decorarlo con il volto di Wilmot.

Di qualità leggermente inferiore, invece, le carte Cliente e Idea Obbligatoria che risultano, invece, un po' troppo sottili e delicate anche in mancanza di una telatura. I frequenti mescolamenti potrebbero rovinarle e non aiuta nemmeno la scatolina che le contiene perché tende a deformarsi e ad aprirsi con facilità. 

Il regolamento è ben scritto e strutturato in modo originale. La prima metà del libretto racconta "la storia” del gioco, introducendo l’ambientazione e guidando voi impiegati attraverso le mansioni da svolgere. Nella seconda metà, invece, sono esposte in modo chiaro le meccaniche di gioco. 

Setup e meccaniche di gioco

In Wilmot’s Warehouse si può giocare da 2 a 6 giocatori di età superiore agli 8 anni e ogni partita ha una durata media di circa 30 minuti. Tutti i giocatori ricoprono il ruolo di Wilmot, un indefesso magazziniere incaricato di ricevere, organizzare e consegnare merci nel suo sempre più affollato magazzino. Lo scopo del gioco è semplice: collaborare per creare un ordine logico tra gli oggetti, memorizzarlo, e poi cercare disperatamente di ricordarlo quando sarà il momento della vendita.

Il cuore del gioco è il tabellone 7x7 che si piazza al centro del tavolo, poi si mescolano le 150 tessere Prodotto nel sacchetto e si creano cinque pile da 7 tessere ciascuna, una per ogni giorno lavorativo dal lunedì al venerdì. A partire dal martedì, però, si aggiunge un'Idea Obbligatoria, nonché una mail del superiore che introduce una regola da seguire solo in quello specifico giorno. Queste possono essere idee standard, ma anche più complesse e stravaganti.

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Dopo un rapido e semplice setup, ha inizio la partita la quale è suddivisa in turni. Ognuno di essi è scandito da tre azioni principali: pescare una tessera Prodotto dal giorno in corso, discuterla con il gruppo per cercare di capire cosa potrebbe rappresentare e collocarla, coperta, sulla griglia ortogonalmente a una tessera già presente. Non ci sono regole di posizionamento specifiche, tranne la prima tessera che va collocata obbligatoriamente al centro del tabellone. 

Man mano che il gioco prosegue, noterete come il tabellone si riempia di oggetti stravaganti dalla dubbia e libera interpretazione. L'unica cosa che deve essere chiara è la regola, scelta da voi, per la quale quegli oggetti si trovano proprio in quei punti. A fine giornata, infatti, è consigliato riepilogare insieme la disposizione per fissarla nella memoria collettiva. Quantomeno fino al venerdì sera. 

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Questo perché proprio quando pensavate che tutto fosse finito e godere di un meritato riposo, ecco che si presentano i clienti. E non uno o due, ma tutti e 150! Ognuno di loro vi chiederà un oggetto specifico e chiaramente non avrete a disposizione 150 prodotti, ma non importa voi dovrete cercare di accontentarne quanti potete.

Ogni giocatore, quindi, riceve una pila di carte Cliente e, con il timer avviato, inizia la fase di recupero. Attenzione, però, bisogna associare ogni cliente alla tessera corrispondente sul tabellone, ma senza guardare quest'ultima perché tutto si basa sulla memoria. 

Una volta completato il recupero o scaduto il tempo, si contano gli errori. Ogni oggetto mancato o errato aggiunge 10 secondi di penalità. Al termine del conteggio, si sommano tutti i secondi di penalità e si comunica il risultato al capo (o meglio, si leggono i punteggi nel regolamento) e questi darà il suo giudizio che troverete nel retro del regolamento.

Pregi e difetti

Wilmot’s Warehouse si distingue dal resto dei giochi di questo genere perché il suo fascino non risiede nella difficoltà, ma nella sorprendente facilità con cui coinvolge. Nelle fasi iniziali sembra un gioco sciocco: è impensabile che 35 immagini liberamente interpretabili, possano imprimersi nella nostra memoria, con precisione visiva e spaziale. Eppure accade e il percorso che porta a quel risultato può essere assurdo e surreale, oppure rigorosamente logico e strutturato.

Ogni gruppo di gioco, infatti, può vivere un’esperienza completamente diversa: c'è chi potrebbe inventare delle piccole storie per collegare le tessere tra loro e chi invece preferisce un approccio più visivo organizzando i prodotti in base ai colori o alle forme. O ancora c'è chi potrebbe applicare una scelta più spaziale e temporale in base ai giorni della settimana. Insomma, ogni strategia può rivelarsi efficace o fallimentare, ma è proprio questa libertà di approccio a rendere tutto vario e coinvolgente.

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Il gioco, comunque, introduce anche piccoli ostacoli per aumentare la difficoltà di memorizzazione: la fase finale di recupero ha un limite di tempo, e i giocatori sono incoraggiati a cronometrare e migliorare le proprie prestazioni. Le carte Idea Obbligatoria contribuiscono ad alzare il livello di difficoltà, aggiungendo imprevisti, ostacolando la comunicazione o deviare l’attenzione con regole assurde e distrazioni narrative. Sono una piccola chicca geniale, perché inseriscono nuove sfide senza mai appesantire l’esperienza.

Un altro punto di forza è l’accessibilità: le regole sono semplicissime e veloci da spiegare e il gioco può essere proposto a qualsiasi tipo di pubblico. A questo si aggiunge anche una buona rigiocabilità sia grazie alle carte Idea Obbligatoria, sia grazie all'alto numero e varietà di tessere Prodotto. Considerando che di quest'ultime, in ogni partita, se ne giocano solo 35, è chiaro come ogni sessione sia diversa. 

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Anche il sistema a griglia, che impone di piazzare ogni nuova tessera ortogonalmente a una già presente, aiuta ad aumentare la rigiocabilità: ciò significa che l’ordine con cui le tessere vengono estratte influenza profondamente la storia che si costruisce. Un simbolo già visto in partite precedenti può assumere un significato completamente nuovo, a seconda del contesto in cui si inserisce.

Non ci sono veri e propri difetti nelle meccaniche di gioco, ma forse a qualcuno potrebbe suonare strana la parte finale del gioco che si discosta di molto dal centro del gameplay. Si passa dalla calma, in cui si discute, si inventano storie e si ci organizza, a un'eccessiva frenesia scandita da un timer. È ciò che dopotutto succede in tutti i grandi magazzini, tuttavia nel contesto generale segue un climax un po' troppo ascendente. 

Chi dovrebbe giocarci

Wilmot’s Warehouse è un gioco che può essere proposto a qualsiasi tipo di pubblico, da una serata tra amici a un pomeriggio in famiglia, fino a essere usato come “riempitivo” tra giochi più impegnativi. Può essere giocato sia da chi "mastica" parecchi giochi da tavolo sia da chi non è avvezzo. 

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Tuttavia un limite potrebbe essere dato dai gruppi molto abili nei giochi di memoria o in quelli con poche doti mnemoniche. Nel primo caso, a lungo andare, anche includendo le carte più difficili, alcuni potrebbero trovare il gioco troppo semplice dopo poche partite. Al contrario, chi non è molto abile nella memoria, potrebbe avere serie difficoltà soprattutto nella fase finale, dove tutto si gioca contro il tempo.

C’è anche un altro possibile problema: se qualche giocatore ha una memoria particolarmente sviluppata rispetto al resto del gruppo, rischia di “dominare” la partita, finendo per gestire gran parte delle decisioni. Questo può sbilanciare l’esperienza, rendendola meno collaborativa e più passiva per gli altri partecipanti.

Conclusioni

Wilmot’s Warehouse è una piccola rivelazione nel panorama dei giochi di memoria e la chiave del successo sta proprio nell'aver trasformato il fattore mnemonico in una sfida collettiva. Tutti i giocatori devono gestire lo stesso magazzino, e questo cambia radicalmente le dinamiche.

La modalità cooperativa, inoltre, risolve il problema principale che affligge la maggior parte dei giochi di questo genere: non tutti hanno una buona memoria. In rari casi potrebbe accadere che qualcuno potrebbe “guidare” gli altri o fare da regista, ma serve una dote mnemonica di alto livello perché c’è davvero troppo da ricordare e le carte Idea Obbligatoria aggiungono continui imprevisti che impediscono di pianificare tutto da soli.

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Il risultato finale è che tutti i giocatori sono coinvolti in egual misura e ognuno sente la responsabilità del successo (o del fallimento) del gruppo. Insomma, è un gioco perfetto da giocare in piccoli gruppi e riesce a divertire, coinvolge senza sforzo e dimostra come sia possibile prendere una meccanica poco amata come l'uso della memoria e trasformarla in qualcosa di sorprendentemente brillante. 

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