L'urlo di Genshin Impact terrorizza anche l’Occidente

Genshin Impact potrebbe stravolgere il mercato del videogioco mondiale, se il suo modello verrà seguito.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Un po’ come Yen Chen che arriva a Roma e si ritrova a dover prendere a calci Chuck Norris dentro al Colosseo, le waifu di Genshin Impact sono arrivate nel mercato videoludico del 2020 portando il loro carico di sorrisi e vestitini alla moda per scuotere le nostre convinzioni di videogiocatori. Perché a niente sono servite le polemiche, il fatto che dal giorno zero dell’annuncio si sia gridato allo scandalo per il fatto di essere la copia carbone di Breath of the Wild e di altri dieci action JRPG degli ultimi anni, con tanto di scenate dei fan Nintendo che protestavano, arrivando a distruggere le loro PS4 di fronte allo stand di Mihoyo: Genshin Impact è un successo, e di quelli di cui prendere nota.

Il titolo dello sviluppatore orientale è oggi un fenomeno che non bisogna assolutamente sottovalutare. Un lancio videoludico del genere non può essere preso sottogamba, perché è potenzialmente un punto di non ritorno. Lo è sicuramente per la nicchia dei free to play gacha, che un prodotto con una mole del genere non l’avevano mai visto, con una presa così forte anche in Occidente. Parliamo di diciassette milioni di download su mobile, per un guadagno stimato di circa 50 milioni di dollari in totale nella sola prima settimana. Per un free to play diventato famoso come clone di un videogioco ben più famoso, non è affatto male.

L’urlo delle waifu di Genshin Impact terrorizza anche l’Occidente perché, ad oggi, si tratta del primo grande videogioco cinese che riesce a sfondare i cancelli del mondo mobile ed arrivare anche su PC e console. Sebbene il titolo di Mihoyo avrà fatto buona parte dei cinquanta milioni di incasso su mobile, è con gli streaming di Twitch da PlayStation 4 o PC che sia che il gioco sta arrivando davanti agli occhi di tutti. E tutto ciò nonostante, come descritto nella nostra recensione, siamo di fronte ad un gioco che altrimenti sarebbe stato solamente “discreto” se fosse stato venduto a prezzo pieno.

Se Genshin Impact diventerà un vero fenomeno anche dalle nostre parti, riuscendo a trovare il proprio spazio tra i vari Fortnite, Fall Guys ed Among Us del caso, l’equilibrio dell’industria videoludica potrebbe iniziare un percorso di cambiamento dal quale potrebbe uscire radicalmente diversa.

The Legend of Genshin Impact

Partiamo da quello che è inevitabilmente il nodo primario della questione: Genshin Impact è un mix di idee ed elementi di game design presi da tanti altri giochi. Non lo diciamo per denigrarlo, ma la realtà dei fatti che in termini di gameplay Genshin Impact non ha letteralmente niente di originale. Questo non sarebbe neanche troppo strano, considerato che le influenze tra prodotti in un mercato così giovane come quello videoludico sono normali, ma l’assurdità sta nel non voler neanche provare a non sembrare un clone di qualcos’altro.

Il già citato Breath of the Wild regala moltissimo a Genshin Impact, dal primo colpo d’occhio estetico, passando per l’idea di un mondo da esplorare con enigmi ambientali, dungeon segreti, con tanto di equivalente dei Korogu da collezionare che qui sono degli spiritelli da seguire per arrivare a delle statue che regalano oggetti.

È davvero tutto simile, dalle piccole idee come l’architettura simil-aliena contornata da una luce blu come l’archeologia sheikah, fino alla palette cromatica generale. Da Nier: Automata ritroviamo un combat system in versione più asciutta, ma anche l’idea delle armi fluttuanti dietro la schiena del personaggio e l’animazione di corsa e schivata che sono letteralmente identiche. Volendo c’è anche un po’ di Final Fantasy XV nei combattimenti, o in generale degli action JRPG degli ultimi anni. L’idea delle combo tra elementi è effettivamente interessante, ma di certo non l’invenzione della ruota.

Se siete curiosi, GameSpot ha parlato con un content creator statunitense che ha giocato per oltre 2300 ore a The Legend of Zelda: Breath of the Wild riguardo le somiglianze con il titolo cinese.

Al di là di facili campanilismi che non ci interessano in questo caso, potremmo definire Genshin Impact un “clone di lusso”. In tutto questo, infatti, inserisce dei personaggi che pur riprendendo anche in questo caso l’estetica degli anime giapponesi non copiano direttamente niente di noto. Ma al di là di questo dettaglio, non si può dire che i creativi di Mihoyo abbiano fatto un grande sforzo.

Ed è questo il clamoroso paradosso con cui lo sviluppatore nipponico ci prende virtualmente a pesci in faccia, perché il successo del gioco (che è il più grande lancio videoludico di sempre in Cina) dimostra che di questo sembra non importare a nessuno. Immortal: Fenyx Rising è stato immediatamente considerato come un clone di Breath of the Wild, e ancora oggi si guarda al titolo Ubisoft con un sopracciglio alzato, ma Genshin Impact ha superato invece in velocità quel brutto momento.

Talmente tanto che è già nato un clone di Genshin Impact, non di Breath of the Wild. Si chiama The Legend of Neverland ed è un titolo per mobile.

La cultura videoludica cinese di Genshin Impact, tra waifu e gacha

Com’è possibile, vi chiederete, che generalmente un titolo come Genshin Impact non sia finito nel solito oblio dei cloni più o meno palesi (uno tra tutti, Oceanhorn per esempio)? Perché, al di là di tutto, il titolo di Mihoyo ha dei pregi che sarebbe ingiusto non sottolineare.

Prima di tutto è completamente gratuito. E un action JRPG, con un mondo così grande (addirittura in espansione, pare) non si era mai visto. Nei canoni dei free to play, Genshin Impact alza la proverbiale asticella e costringerà gli altri sviluppatori di giochi del genere a prendere appunti, perché tolti alcuni MMO che sono comunque generi differenti, da oggi è un anno zero per i produttori di giochi gratis di un certo tipo. E questo, oltre ad andare perfettamente d’accordo con la richiesta di videogiochi un tanto al chilo di cui vi parlavamo qualche giorno fa, è decisamente il suo pregio maggiore. Anche ad un prezzo budget di venti euro, Genshin Impact non avrebbe avuto la metà del successo attuale.

A questo si somma il fatto che è effettivamente piacevole da vedere. Nei dettagli è chiaramente una produzione a basso budget, tecnicamente scricchiolante su PS4, ma il primo impatto è notevole e agli occhi di un videogiocatore poco esperto (che è il target principale dei gacha free to play) è decisamente attraente.

Ad aiutare ci sono anche, decisamente, i personaggi di Genshin Impact, tra tutti quelli femminili, le "waifu" di cui sopra, perché sono esteticamente gradevoli senza sfociare nel fanservice estremo e nel softporn mascherato. Il merito del team di sviluppo è infatti quello di aver traslato quello che è, carta alla mano, la copia carbone di un generico gacha per mobile in un videogioco action con tutti i crismi.

Perché sebbene Genshin Impact sia pieno, ma veramente strabordante, di microtransazioni, occhiolini al portafogli, ed un numero di valute per acquistare cose decisamente elevato, spiegate volutamente in maniera confusa per ingannare il giocatore, con un drop rate per gli elementi più rari tra i più infimi mai visti nel genere, si può giocare completamente dall’inizio alla fine senza sborsare un soldo.

E se il pubblico orientale ha già tirato il portafogli allo schermo perché è abituato da sempre a farlo visto che, in pratica, il mercato cinese videoludico è composto per la stragrande maggioranza da gacha, quello occidentale viene rassicurato da un gioco che non ha un effettivo paywall. Tutto questo nonostante ad un certo punto del gioco diviene palese che il grinding estremo (ma davvero estremo, questione di fare per giorni e giorni la stessa cosa per ottenere oggetti necessari) sia l’unica soluzione possibile, a fronte di una spesa monetaria per ottenere i materiali necessari a potenziare le armi, livellare gli eroi, o fare nuove estrazioni per ottenere oggetti e personaggi inediti.

Genshin Impact è riuscito di fatto a rendere mainstream il mondo dei gacha, che era finora relegato ad una piccola cerchia di appassionati, in molti casi anche non-giocatori abituali. Lo stesso fatto che se ne parli nelle più grandi testate videoludiche del mondo è un segnale notevole di quanto, oggi, quello del mercato occidentale mainstream è ufficialmente un nuovo terreno di caccia per i videogiochi di questo tipo. Ma non è tutto un Diluc a cinque stelle quello che luccica.

La Guerra Fredda dei videogiochi

La Cina è ormai un’economia formidabile in termini di impatto nel mondo, in quasi ogni settore. La sua aggressività fatta di un misto di contraffazione, competitività, politiche lavorative rigide (anche oltre l’umano) che permettono un costo del lavoro bassissimo e conseguenti prezzi al ribasso troppo concorrenziali, l’ha resa un concorrente troppo forte del mercato economico globale. Questo è un momento storico in cui ci si mette anche l’emergenza sanitaria, che sposta ulteriormente gli equilibri.

Parlando del cinema, ad esempio, in questo momento le grandi catene di sale cinematografiche cinesi stanno riaprendo, la gente sta tornando a vedere film cinesi forti per l’economia interna, mentre tutti i film di Hollywood del 2020 sono stati rimandati, almeno, al 2021 se non oltre. Questa Guerra Fredda che negli ultimi anni ha portato USA e Cina in uno scenario che ricorda molto quello di una cinquantina di anni fa con l’URSS si ripercuote anche nel mondo della tecnologia e, a questo punto, non mancherà molto prima che nel dialogo entrino anche i videogiochi.

Già Black Myth: Wu Kong ci aveva lasciato sbigottiti, con un team di sviluppo uscito dal nulla che pubblica 13 minuti di gameplay di un action pensato per la nuova generazione, quando le grandi major del videogioco fanno sempre più fatica a mettere insieme 5 minuti di giocato reale. Wu Kong non si sa quando uscirà, e magari scopriremo che è pure un gioco mediocre (anche se a prima vista sembra il contrario), ma è un segnale importante che dobbiamo tenere in mente: in Cina stanno imparando a fare i videogiochi tripla A.

In un contesto che è sempre stato “Giappone contro USA” (ed Europa a contorno), la Cina potrebbe essere il nuovo player dell'equazione. Genshin Impact è, come detto sopra, il primo videogioco che si basa sui quei meccanismi da mobile ormai super efficaci nel mercato orientale a conquistare anche il pubblico dei tripla A occidentali. Potrebbe generare una new wave di videogiochi single player, free to play, pieni di microtransazioni ma giocabili perfettamente senza spendere un soldo, con giusto un po’ di grinding. In fondo, come detto lo slot di ipotetiche 60 ore di un action GDR viene già spesso riempito da istanze di Destiny 2, League of Legends o Valorant, e da oggi sono sostituite con il grinding ripetitivo di Genshin Impact.

Il tutto mentre Mihoyo, azienda che ricordiamo vive e lavora in Cina, censura parole come “Taiwan”, “Hong Kong”, e qualsiasi termine che possa minare il nazionalismo cinese. Non sappiamo se Mihoyo sia coscienziosamente a favore delle politiche nazionali, perché l’azienda non si è ancora pronunciata al riguardo, o se più semplicemente si sia limitata a sottostare alle imposizioni governative. Sarebbe accettabile avere prodotti di questo tipo, in grande quantità, nel mercato mondiale dei videogiochi?

Valore economico contro valore reale

Arrivati a questo punto c’è un’ultima considerazione da fare, che riguarda il valore dei videogiochi in un futuro in cui i game developer cinesi saranno parte integrante del mercato mondiale dei due/tre A.

Se Black Myth: Wu Kong, dichiarano gli sviluppatori, si è ispirato a God of War, Genshin Impact lo ha fatto con The Legend of Zelda: Breath of the Wild, pur non dichiarandolo – ma non ci vuole di certo un occhio così allenato per vederlo. E se il modello di quest’ultimo funzionerà, sarà normale per gli sviluppatori chiedersi se sia il caso di produrre altre avventure single player con un modello free to play, a fronte di quanto costa lavorare ad un titolo tripla A per anni, spendendo milioni di dollari, con il rischio di non rientrare nei guadagni.

Mihoyo ha dichiarato di recente di essere già rientrata nei costi di sviluppo e di marketing, ad esempio. C’è chi potrà permetterselo, per meriti di gestione o per una stretta in termini di qualità di lavoro che sia, e chi non potrà farlo per non decurtare in maniera vergognosamente netta gli stipendi dei lavoratori.

Potrebbero quindi nascere davvero dei single player di nuova generazione, pensati per ricalcare il modello di Mihoyo. Pensate a solo un paio d’anni fa, quando non c’era un battle royale a pagarlo oro, ed è bastato prima PUBG – ma soprattutto Fornite, poi – per imporre un vero e proprio modello produttivo da seguire per estetica, game design, struttura di price policy e di infrastruttura. Sono stati tanti i cloni, gli emuli, o chi ha provato a replicare il modello Fortnite, sono altrettanti quelli che stanno seguendo il modello Breath of the Wild per gli open world. I presupposti ci sono, perché Genshin Impact possa davvero imporre un modello produttivo da seguire.

Cosa succederà, però, quando un consumatore si troverà di fronte un Breath of the Wild 2 e un Genshin Impact 2? Potrebbe arrivare a chiedersi perché pagare per il primo, quando con il secondo ha un gioco del tutto simile, e per giunta gratis. Questo è uno scenario futuro per ora solo in previsione, ma del tutto plausibile, che cambierebbe per sempre l’industria.

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