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Non Si Scherza Più #2 - Non ce n'è console war

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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Pubblicato il 01/09/2020 alle 09:46
Non si Scherza Più è la rubrica dal nome chiaro e inequivocabile, ispirato dalla filosofia che sta muovendo il nuovo piglio editoriale di SpazioGames. Attenzione, quindi: qualsiasi riferimento a fatti, cose o persone è voluto, nonostante quanto scritto rifletta – ovviamente – solo ed esclusivamente le idee dell'autore e non della redazione al gran completo.

Da bambino, nel mondo dei videogiochi, erano gli anni di Nintendo e SEGA. I due colossi se le davano di santa ragione a suon di esclusive, personaggi iconici (l'idraulico e il porcospino) e differenze tecniche più o meno significative (erano i tempi dei 16-bit, l'era dei teraflop e del 4K era ben lontana). A scuola, con gli amichetti, era un continuo litigare su quale piattaforma fosse la migliore, se il Super Nintendo o il Mega Drive. E un «Ok, boomer» ci sta tutto. Ciò nonostante gli anni – tanti – sono trascorsi, il videogioco è evoluto in un medium spesso accostato alla parola "arte", ma a quanto pare la console war è ancora tra noi, a farci litigare di brutto.

Lo scorso mese di luglio, il presidente nonché co-fondatore di Valve Gabe Newell ha rivelato senza troppi giri di parole su quale console di prossima generazione amerà spendere i suoi sudati risparmi. Tirato in causa durante la trasmissione The Project, il Gaben ha infatti esclamato «Xbox» quando gli è stato chiesto quale delle due nuove piattaforme ritenga migliore. Il perché è presto detto: «Perché è migliore!» Tolto il dente tolto il dolore. Ovviamente, una volta incalzato, il papà della saga Half-Life ha spiegato di non avere nessun interesse a vedere una competizione diretta tra console (il suo passato in Microsoft? Storia vecchia, ci mancherebbe) ma che se dovesse scegliere quale piattaforma portarsi a casa – magari con una pistola puntata alla testa – sarebbe certamente la cosiddetta Series X.

Russell Crowe nel biopic di Gabe Newell.

La storia si ripete

Facciamo un salto indietro di un anno, più precisamente a luglio del 2019: Phil Spencer, arcinoto boss della divisione Xbox, non ha mai nascosto di non apprezzare la console war, come ribadito durante un’intervista a Fortune. Spencer ha infatti ricordato ai fan che vivono la concorrenza come una fede calcistica che non è vero che, affinché un marchio abbia successo, debba fallire il concorrente. Né viceversa.

«Ascolterò sempre la community, ma le persone vogliono vedere l’altro che fallisce, per fare in modo che il nostro team verde abbia successo. Beh, quello non sono io. Ci sono state delle persone che, quando abbiamo annunciato l’accordo con Sony, ecco, delle persone online mi hanno detto ‘cosa stai facendo? Perché li stai aiutando?’.

«Perché li stai aiutando», capite? Quasi come se stessimo parlando di una questione di vita o di morte. Agghiacciante.

Spencer è anche intervenuto di recente in un episodio di Animal Talking – il talk show che si svolge dentro Animal Crossing: New Horizons – spiegando che la loro filosofia non si sposterà di un centimetro: Xbox non ha l’obiettivo di vendere di più di PlayStation o di Nintendo. Dopotutto, la cosa ha senso: se non fosse stato così la Casa di Redmond non avrebbe dato alla luce xCloud per permetterci di giocare sui nostri smartphone, non trovate?

Sempre ai giorni nostri, durante il mese di maggio scorso – poco dopo l'evento Inside Xbox relativo ai giochi third-party di Series X – Cory Barlog, autore di un giochino qualsiasi noto come God of War, dal suo sempre attivissimo profilo Twitter si è detto molto contento di quanto visto: «Ci sono così tante grandi esperienze in arrivo per chiunque ami i videogiochi, e questo è davvero solo l’inizio!» Parole forti e un segnale di positività invidiabile. Bene così.

Basandoci su tutto ciò, inclusi alcuni articoli di certa stampa internazionale, penserei che la console war non esiste. Se così fosse, ho la sensazione che il mercato dei videogiochi collasserebbe su se stesso, perché si tratta di una strana anomalia. È come se un professore di medicina a un convegno con tutti i più grandi luminari del mondo esclamasse «i vaccini sono inutili» e appena due settimane dopo dicesse «I vaccini? Sono assolutamente necessari».

Il SEGA Dreamcast. Poche righe più in basso capirete il perché di questa immagine.

In queste calde settimane estive in cui le due grandi dell'industry stanno preparando il campo di battaglia per il lancio delle nuove piattaforme di punta – parlo ovviamente di PlayStation 5 e Xbox Series X – non passa giorno senza che qualcuno non la spari grossa. Prima per l'aspetto estetico di PS5 (ne ho discusso abbastanza chiaramente nell'episodio pilota della mia rubrica), in seconda battuta prendendo in giro Microsoft e la grafica del nuovo Halo, passando per il rinvio di quest'ultimo al 2021 inoltrato.

Per il principio del cane che si morde la coda, i videogiocatori si affrettano a spararne di sempre più grosse, passando da fini pensatori del videogioco a “la mia console ha il 4K più bello del tuo”. Che è un po' come quando a scuola avevi il diario di Smemoranda più figo di quello del tuo vicino di banco.

Davvero sono questi i messaggi che ci serve leggere? Ma soprattutto: a chi si rivolgono? Provo a dirlo io, anche se lo pensano in tanti: la console war, segretamente, ci piace da matti. Litigare su quale sia la piattaforma migliore, coi giochi migliori e con gli sviluppatori migliori, ci fa sentire bravi e competenti, dei vincenti. È giusto? Non lo so. Forse stiamo infilando la testa nella sabbia come ai tempi di Nintendo contro SEGA, raccontandoci la rassicurante favoletta del sempiterno videogioco che rende tutti amici.

Perché chi ha opinioni e punti di vista borderline stimola il dibattito o, nel peggiore dei casi, sta trollando. È un principio elementare: metti da parte chi ragiona con la propria testa o chi ha opinioni pacate e supporta il fanboy estremista che urla “Sony m**da”. È lo scemo del villaggio che diventa opinion leader, l'ignorante che improvvisamente si trasforma nell’unica voce meritevole di essere ascoltata, fomentando il linciaggio.

Un linciaggio che a sua volta chiama i bastian contrari che, pur di essere controcorrente, abbracciano un crescendo d’insulti dove obiettività e moderazione non trovano spazio. Questo perché ignorare qualsiasi tentazione di rissa o prenderla con filosofia è pressoché impossibile, specie sui social o sui forum.

Il meme della discordia.

La storia non ci ha insegnato un bel niente

Qual è la soluzione? Se vogliamo che la console war sparisca bisogna smettere di dar voce ai benpensanti e far sì che siano loro ad ascoltare le persone che il videogioco lo vivono e lo conoscono. Bisogna raccontarlo, incassare le critiche nel caso di errori di comunicazione e, soprattutto, stamparsi bene in testa che sono sempre e comunque i giochi a contare veramente, non la piattaforma sulla quale girano. Non siamo allo stadio a tifare Inter o Milan, Roma o Lazio.

Quando SEGA chiuse i rubinetti, diventando una semplice software house (neanche troppo florida) dopo il “fallimento” di Dreamcast, nessuno esultò. Era il mese di marzo del 2001. Da allora le risse su internet sono quintuplicate, non c’è gruppo, o pagina sui social che non abbia gente che offende o insulta (a guardare i vecchi forum di videogiochi pare provengano da un altro pianeta di una galassia lontana un triliardo di anni luce).

Forse, a ben pensarci, la console war è come la politica. Le persone ne vogliono ancora, ne vogliono sempre, per il puro gusto di litigare, non arrivando mai a un punto comune né alla soluzione del problema. E così facendo perdiamo tutti. Perdono i fanboy che vogliono fare gli alternativi con ‘ste cretinate, perdono i videogiocatori che vogliono cambiare le cose ma non muovono un dito per farlo e perdono i disagiati del web che hanno il flame quotidiano servito su un piatto d'argento.

Adesso riesco a spiegarmi il perché si siano tutti visibilmente eccitati a seguito della debacle di “Halo che non esce al lancio di Xbox Series X”, roba che nemmeno davanti a un video su YouPorn. A conferma che vedere qualcuno fallire è da sempre l'obiettivo di molti, il gol al novantesimo, il traguardo da tagliare al fotofinish. E non parlo di Sony PlayStation nello specifico, né di Nintendo (che ormai della concorrenza e delle guerre se ne fotte altamente da anni, con più esattezza dalla fine dell'era GameCube). Parlo di ciascuno di noi. Anche di me stesso, sebbene non creda nel mito della console unica.

Lo so, potrebbe sembrare una supercazzola un tantino paracula – giusto un po' - ma se andate a fondo, oltre le apparenze, capirete che non è così. Capirete che il vento tira proprio in quella direzione, che la community in certe circostanze (quasi tutte) è davvero tossica, che gli schieramenti ci sono eccome e che tutto ciò rischia di danneggiare irreparabilmente il nostro passatempo preferito.

«Perché li stai aiutando», chiedevano a Spencer alcuni giorni fa. «Perché non sono un cretino come voi» avrebbe dovuto rispondere il caro, vecchio Phil. Con buona pace dell'utente medio.

Chissà se arriverà mai il giorno in cui i videogiocatori impareranno a non giocare a pisello righello con le loro console preferite, tifando i giochi prima ancora che un logo su una piattaforma. La luce in fondo al tunnel sembra essere ancora piuttosto lontana.

Senza console war: se volete prenotare PlayStation 5 appena sarà resa disponibile al miglior prezzo possibile il nostro consiglio è quello di sbiricare la pagina su Amazon dell’edizione standard e quella dell’edizione digitale della nuova piattaforma Sony.
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