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Pro
- Gameplay più fluido e realistico grazie al nuovo Motion Engine.
- Profondità enorme tra Builder, MyTEAM, MyNBA e City.
- Presentazione audiovisiva al livello delle dirette televisive
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Contro
- Microtransazioni sempre invasive.
- Troppa dispersione di contenuti che rischia di confondere.
- MyCAREER ancora prigioniera di cliché narrativi.
Il Verdetto di SpazioGames
Informazioni sul prodotto

- Sviluppatore: 2K Games
- Produttore: Visual Concepts
- Distributore: 2K Games
- Data di uscita: 29 agosto 2026
Ogni anno la storia si ripete. Puntuale come la sirena di fine partita, ecco arrivare il nuovo NBA 2K, pronto a riaccendere discussioni, entusiasmi e inevitabili polemiche.
C’è chi si chiede se abbia ancora senso spendere soldi per un titolo sportivo annuale, chi sostiene che basti aggiornare i roster e chi, al contrario, si immerge con devozione monastica nella nuova stagione virtuale, pronto a consumare pad e poltrona per mesi.
NBA 2K26 non fa eccezione: l’ultimo arrivato nella storica serie di Visual Concepts e 2K Games promette di essere non solo un aggiornamento, ma la versione più rifinita e ambiziosa mai realizzata. La solita promessa, verrebbe da dire.
Ma questa volta, almeno sul parquet, c’è davvero qualcosa che assomiglia a un punto di svolta.
Tiro da tre punti
Diciamolo subito: l’arma segreta si chiama ancora ProPLAY, la tecnologia introdotta lo scorso anno e che qui evolve a livelli che definire sorprendenti non è esagerato. Il nuovo Motion Engine basato su modelli di machine learning non è solo marketing, ma una concreta rivoluzione nel modo in cui i giocatori si muovono.
Ogni scatto, arresto, piantone e cambio di direzione trasmette un realismo che in precedenza restava confinato alle dirette televisive. Giocare a NBA 2K26 significa sentire finalmente la differenza tra un taglio di Anthony Edwards e uno di Kawhi Leonard, percepire la leggerezza di un floater rispetto al peso di un up-and-under. È la prima volta dopo anni che i movimenti non sembrano una collezione di animazioni preconfezionate, ma un flusso organico e coerente.
Non meno importante è il nuovo sistema di tiro, l’Enhanced Rhythm Shooting, che alza ulteriormente la posta in termini di abilità richiesta. Non si tratta più solo di schiacciare un pulsante al momento giusto, ma di padroneggiare un set di movimenti credibili, fluidi, vicini alla meccanica reale di un jumper.
L’introduzione del “green or miss” universale per il tiro e del timing permanente anche sui layup è una scelta radicale, che dividerà la community tra chi la considererà un tradimento della spettacolarità e chi, invece, applaudirà a un ritorno al merito. Personalmente, apprezzo questa impostazione: NBA 2K26 ti dice chiaro e tondo che qui non ci sono scuse, o sai tirare o resti a guardare.
Sul fronte difensivo, le novità sono meno appariscenti ma non per questo secondarie. Il rinnovato sistema di collisioni, i body-up più credibili e la gestione dei rimbalzi con feedback in tempo reale eliminano molte di quelle frustrazioni storiche che trasformavano la difesa in un terno al lotto. È ancora un videogioco, certo, ma la sensazione di poter effettivamente controllare l’esito di una marcatura è finalmente più forte.
E quando la CPU interviene, l’intelligenza artificiale mostra progressi concreti: difese più reattive, rotazioni meglio calibrate e un uso più intelligente dei raddoppi che costringono il giocatore a pensare, a leggere il campo, a smettere di abusare delle solite meccaniche.
Ma NBA 2K non vive di solo gameplay. Anzi, la vera anima della serie da anni si misura nelle sue modalità. Il Builder, per esempio, torna con una profondità che rischia di spaventare i neofiti e al tempo stesso esaltare i veterani. L’idea di “Build By Badges” (scegliere i potenziamenti e vedere automaticamente quali attributi servono) è un passo verso l’accessibilità, senza sacrificare la libertà.
La nuova Glossary delle animazioni, con ricerca per nome e requisiti dettagliati, è una manna per chi sogna di replicare le movenze del proprio idolo NBA. E i Cap Breakers, ora capaci di regalare boost più incisivi, donano al sistema una componente di crescita meno meccanica e più appagante.
La City, storicamente uno dei terreni più controversi di NBA 2K, compie una trasformazione interessante. Più compatta, finalmente accessibile, meno dispersiva. È evidente che gli sviluppatori abbiano ascoltato le critiche degli ultimi anni: ci si mette meno tempo a entrare in partita, meno tempo a vagare tra palazzi e stradine.
Parks e Crews fanno il loro ritorno in grande stile, con quel retrogusto nostalgico che pesca a piene mani da NBA 2K16. È fan service, certo, ma funziona. E i leaderboards con le statue giganti dei migliori giocatori sono il classico tocco kitsch che farà discutere per mesi.
Il cuore economico di NBA 2K26 resta però MyTEAM, ormai diventato un gioco nel gioco. Qui il colpo di scena è l’arrivo delle WNBA Player Cards, un’integrazione storica che merita applausi. Per la prima volta è possibile schierare NBA e WNBA nella stessa formazione, con statistiche e badge calibrati.
Certo, la solita ombra delle microtransazioni incombe, e resta un tema che andrebbe affrontato con maggiore coraggio, ma è impossibile negare la ricchezza dell’offerta.
Sul fronte "narrativo", MyCAREER si reinventa con “Out of Bounds”, una storia che promette addirittura cinque film in un videogioco. Dal liceo alla NBA, passando per club semi-professionistici, esperienze europee e un Draft che risponde realmente alle prestazioni, l’avventura del proprio alter ego assume i contorni di un racconto più sfaccettato.
È difficile dire se la sceneggiatura riesca a evitare i soliti cliché, ma almeno la varietà è garantita.
Accanto a tutto questo, non vanno dimenticati i progressi estetici. NBA 2K26 è probabilmente il gioco sportivo più bello in circolazione: i nuovi shader della pelle, la definizione muscolare, le arene con effetti di luce credibili e un pubblico finalmente variegato danno vita a uno spettacolo che non sfigura rispetto alle dirette televisive.
L’atmosfera da partita NBA è palpabile, e la presenza di nuove voci nel commento (Tim Legler, Shams Charania, Stan Van Gundy) arricchisce una telecronaca che già era tra le migliori dell’industria. E poi ci sono le chicche: le arene che celebrano i titoli vinti con banner dinamici, le luci sincronizzate con i braccialetti LED, persino le galline di gomma agitate dal pubblico. È il dettaglio che non serve, ma che contribuisce a rendere l’esperienza unica.
Lato simulazione, MyNBA e MyGM si arricchiscono di scenari offseason legati alla realtà del 2025, con sfide specifiche per ogni franchigia. L’idea dei Playoffs Online è un piccolo colpo di genio, perché finalmente porta quel senso di comunità competitiva anche nelle modalità manageriali, da sempre più orientate al single player. E la velocità aumentata delle simulazioni è una di quelle migliorie invisibili ma fondamentali, che faranno risparmiare ore a chi ama costruire dinastie.
Infine, c’è un dettaglio che farà felici molti: per la prima volta, la nuova Nintendo Switch 2 riceve la versione completa di NBA 2K26, con tutte le modalità e le caratteristiche current-gen (la mia prova sul campo è in ogni caso effettuata su PS5).
Altro anno, stessa qualità
Tirando le somme, NBA 2K26 è l’ennesimo paradosso di una serie che da anni si trova a metà tra eccellenza tecnica e modelli economici invadenti. Da un lato, il gameplay raggiunge livelli mai toccati prima: il nuovo Motion Engine, il tiro basato sul ritmo, le difese più credibili e le animazioni realistiche sono miglioramenti sostanziali.
Dall’altro, la struttura del gioco continua a reggersi su un impianto che spinge costantemente verso l’acquisto di VC e contenuti aggiuntivi, rendendo difficile distinguere dove finisce la passione e dove inizia il business. È un dualismo che ormai fa parte del DNA di NBA 2K e che non sembra destinato a risolversi presto.
Eppure, se mettiamo da parte le giuste critiche, resta il fatto che NBA 2K26 offre la più autentica, profonda e spettacolare simulazione cestistica mai vista. È un titolo che riesce ancora a sorprendere, a emozionare, a farci vivere l’illusione di essere in campo con i grandi della NBA. Ed è forse questa, al netto delle contraddizioni, la ragione per cui ogni anno ci ritroviamo qui, a discutere, polemizzare e alla fine giocare.
Perché, quando la palla a spicchi rimbalza e la sirena suona, NBA 2K resta un’esperienza che nessun altro sa replicare.