Così, PlayStation ha servito un assist a porta vuota ai suoi concorrenti

Le diverse strategie di Sony (vendere le console con margine di guadagno) e Microsoft (vendere Game Pass) si sono viste nuovamente in modo chiaro con l'aumento del prezzo di PS5.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

È un periodo storico particolare, per l'industria dei videogiochi. Le nuove console sono arrivate alla fine del 2020, ma da allora hanno vissuto momenti di grande tribolazione.

Xbox Series S è stata, di fatto, l'unica facile da trovare, mentre le sorelle maggiori Xbox Series X (la sua situazione sta migliorando in queste settimane) e soprattutto PlayStation 5 sono state complicate da reperire e sono finite preda dei bagarini.

Il fatto che le console fossero introvabili, per di più in mezzo a una pandemia, ha avuto un suo impatto anche sulle uscite dei giochi: se hai una base installata come quella di PS4, è difficile pensare di abbandonarla per lanciare giochi solo next-gen, destinati a una console che nessuno riesce a comprare.

Risultato: il 2023 dovrebbe essere l'anno in cui vedremo la prima produzione di primissima fascia di casa Sony, Marvel's Spider-Man 2, arrivare come prodotto solo next-gen. Potenzialmente, a circa tre anni dal debutto della console.

È in questo contesto che Sony ha annunciato un aumento di prezzo di PS5 in alcuni mercati, Italia compresa. Non una cifra impossibile (50 euro nel nostro caso), ma che porta la console a sfondare la "soglia psicologica" dei 500 euro. La standard si attesta ora a 549 euro, la digital a 449 euro.

«È solo questione di tempo», hanno detto molti. «Un paio di settimane e Microsoft farà lo stesso». Invece, Microsoft ha fatto un gol a porta vuota, con l'assist fornito da Sony stessa: con una nota stampa, ha fatto sapere di non avere in mente nessun aumento di prezzo.

Perché? Perché, almeno per com'è la situazione ora come ora, Xbox e PlayStation continuano a ragionare su realtà diverse (ne parlammo già qui). E il margine di guadagno sulle macchine di per sé, per Microsoft, è quasi trascurabile. Cosa che invece non è per Sony.

Il quadro di Sony e il quadro di Microsoft

Con sorpresa di pochi, un gigante come Microsoft che ha deciso di fare la spesa prendendosi Activision Blizzard e ZeniMax Media non ritiene che modificare il prezzo di Xbox di 50 euro sia il modo giusto di affrontare l'inflazione che stiamo vivendo, in particolare in mercati come quello europeo.

Prima di tutto, perché il mercato di riferimento di Xbox rimane sempre quello USA, dove nemmeno Sony ha deciso di intervenire – il dollaro è piuttosto in salute e abbiamo visto anche il suo impensabile appaiarsi al valore dell'euro proprio in questo periodo.

In secondo luogo, perché il focus di Xbox non è vendervi le console, ma l'abbonamento. E, in quest'ottica, per lei non è un problema che colpisce davvero il core business, ridurre il margine di guadagno per unità in alcuni mercati, o non averne nessuno.

Il discorso è invece diverso per Sony e PlayStation, che da sempre sposa un approccio opposto. Se Xbox sta cercando di portare i suoi giochi ovunque, ossia è lei che viene da voi, Sony fa l'inverso: vuole avere dei giochi di fascino tale che sia il consumatore a venire da lei, comprandosi la sua console. Quella che non si trova e che è molto popolare nei mercati dove vige l'euro.

Come fatto notare anche dall'analista Daniel Ahmad, Sony «ha sempre venduto in perdita PS5 Digital», fin dall'inizio. In compenso, «PS5 Standard stava venendo venduta in profitto sulla singola unità»L'aumento cosa significa?

Lo spiega benissimo l'analista:

«In altre parole, Sony vuole mantenere stabile la profittabilità e sta facendo pesare sui consumatori i costi più alti. Si aspetta una domanda più alta per la console che possa portare così a soddisfare gli obiettivi dell'anno fiscale.

Dal momento che il dollaro US è molto forte, non c'è bisogno di aumentare il prezzo lì, che è il mercato principale (sopra il 30%)».

Si tratta, ricorderete, di una manovra varata anche da Meta qualche tempo fa, quando aveva deciso di aumentare il prezzo del suo Quest 2 proprio in virtù dei costi più alti rispetto a tempo addietro – vista la situazione geopolitica odierna.

Quello di Sony, in tal senso, non è un caso del tutto isolato, ma è per ora un unicum tra i platform holder delle console.

Sulle spalle del consumatore

Mettiamo in chiaro una cosa: possiamo abbellire questi discorsi di tutti i fiocchetti e le vocazioni che vogliamo, quando questi giganti ci dicono che amano il videogioco e vogliono il meglio per il videogioco in quanto medium. Il loro obiettivo primario, come è naturale che sia, rimane comunque quello di andare in positivo in termini di business.

Il punto è che ci sono modi diversi di raccontare questa cosa. Per capirci, qualche tempo fa Nintendo aveva perfino avuto una sua narrazione – condivisibile o meno – sul perché non faccia mai calare il prezzo dei suoi prodotti. Da questo punto di vista, sembra quasi che Sony abbia deciso di non tentare nessuna edulcorata: con l'inflazione sulla valuta, ha bisogno di riportare al livello previsto il suo margine di guadagno e, per farlo, addossa sul consumatore finale un prezzo più alto. In un contesto in cui, quando le monete hanno oscillato, in passato, non ci sono stati conseguenti cambi di prezzo repentini: né quando il margine si riduceva, né quando aumentava.

Di fatto, questo serve un assist a porta vuota alle sue concorrenti, a livello comunicativo. Microsoft che si affretta a dire che non ha piani per aumenti di prezzo e Nintendo che ha fatto sapere di aver valutato la cosa per il mercato di casa e averla scartata, fanno la figura della compagnia attenta al consumatore senza il bisogno di muovere nemmeno un dito.

Si limitano a fare quello che hanno sempre fatto i platform holder: non aumentare il prezzo delle loro console due anni dopo il lancio. Sony ha fatto tutto da sola e ha fornito loro una palla facilissima da mettere in rete, a livello di immagine.

Questo, certo, a patto che non ci siano cambi di decisione nel prossimo futuro: in quel caso, il gol a porta vuota si trasformerebbe in autogol, ma risulta difficile credere che Nintendo e soprattutto Microsoft possano volersi giocare il lustro della loro immagine rimangiandosi quanto detto di recente.

Considerando, comunque, che gli esperti si aspettano che non ci sia un impatto sulle vendite di PS5 con questo aumento (anche perché le persone stavano già strapagando la console dai bagarini, per qualche motivo), parliamo più di un discorso di immagine che di altro – appunto.

In conclusione

In soldoni (letteralmente), insomma, Sony è l'unica che ha sentito il bisogno di intervenire subito sul prezzo della sua console. Effettivamente, PlayStation è molto popolare nei mercati dove si è deciso per l'aumento, ma questo annuncio si incastra in un quadro dove PS5 era comunque introvabile e veniva venduta sovrapprezzata dai furbetti che contavano sul desiderio di averla di molti videogiocatori.

Il risultato è che Sony tenta così, come spiegava Ahmad, di non perdere il suo margine sulla vendita degli hardware, dal momento che tantissimo del suo business a oggi passa proprio dall'importanza di vendere l'hardware.

Avendo una strategia in cui invece la vendita delle console è secondaria, Microsoft fa bene ad affrettarsi a precisare di non avere piani simili, perché non ne ha bisogno e non ha nessuna ansia di vendere le console per fare cassa: anzi, la sua Xbox Series S costa spesso anche meno del prezzo di listino previsto (ad esempio su Amazon), rappresentando una porta di entrata nella next-gen – e soprattutto in Game Pass – che può risultare molto appetibile.

E, in questo, per ora Nintendo ha scelto di non muoversi con un cambio di prezzi nemmeno nel Giappone dove aveva valutato di farlo. Rimane così Sony la sola ad aver deciso di esporsi, in uno scenario in cui di recente la sua comunicazione ha spesso diviso e lasciato perplessi. Pensiamo all'aver svelato la finestra di lancio di PS VR 2 con un mero tweet e un'immagine – mentre si aprivano i cancelli della Gamescom – quasi come a dire "ecco la nostra VR, ma niente di serio" ai suoi stessi consumatori.

Viviamo nostro malgrado in un contesto dove durante la Gamescom i videogiocatori si trovano a parlare di inflazione e margine di guadagno dei publisher. Tutte le compagnie vogliono fare soldi con il loro business, dicevamo, ma alcune riescono a continuare a farlo vendendo anche una visione.

Con il modo con cui ha comunicato questa manovra, da un lato anche apprezzabilmente sincero, gettando in modo dichiarato sul consumatore il peso delle difficoltà economiche, Sony però stavolta non ci ha nemmeno provato.