Forse ora è più chiaro che Xbox e PlayStation giocano campionati diversi

Xbox e PlayStation stanno guardando al futuro dei videogiochi in modo diverso: sono due filosofie che possono continuare a coesistere?

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

«Con oltre 3 miliardi di persone in tutto il mondo che giocano, e una crescita che prospetta 4,5 miliardi di persone entro il 2030, l'industria dei videogiochi da oltre $200 miliardi è la più grande forma di intrattenimento dalla più rapida crescita».

Inizia così il documento che Microsoft ha diramato alla stampa per informare dell'accordo trovato per l'acquisizione di Activision Blizzard, che sarà messo nero su bianco nei prossimi mesi. Inizia sottolineando numeri nell'ordine dei miliardi, evidenziando la capillarità del videogioco nell'epoca odierna.

E, nello stesso documento, l'idea del gigante di Redmond, proprietario di Xbox, è chiarissima: i fattori-guida dell'industria dei videogiochi di oggi sono essenzialmente tre, e riassumono minuziosamente la sua strategia.

I consumatori si aspettano sempre di più di giocare ovunque, a prescindere dall'avere o no un hardware dedicato.

Il modello di business in abbonamento è sempre più apprezzato dai videogiocatori, rispetto all'acquisto del singolo prodotto. Scrive Microsoft, e citiamo letteralmente:

«Con tante persone che giocano su molteplici dispositivi, gli abbonamenti per il gaming come Game Pass e PlayStation Now stanno aumentando la loro popolarità come alternative alla spesa di $60 o $70 per gioco. Questo rende più facile anche giocare con i propri amici – se tutti sono abbonati a Game Pass, ad esempio, hanno tutti accesso agli stessi giochi da giocare insieme».

Il terzo fattore evidenziato, che non è una sorpresa considerando la strategia recente di Microsoft, è che la tecnologia per il gaming in cloud si sta facendo sempre più strada.

Perché citare il documento in questione in apertura a questo articolo? Perché niente, più di questi tre punti, sottolinea un concetto che su SpazioGames ci siamo trovati spesso a discutere. Praticamente ogni giovedì, sul Q&A del nostro canale Twitch, ci ritroviamo a chiacchierare con voi della grandi manovre di PlayStation e di Xbox in vista di un futuro videoludico da scrivere. A più riprese, abbiamo sottolineato un concetto che ora è davvero, innegabilmente, sotto gli occhi di tutti: Xbox e PlayStation stanno giocando un campionato diverso.

Il focus sulla capillarità

Sony ha una freccia straordinaria al suo arco: non ha avuto bisogno di andare a caccia di nuovi studi AAA da inglobare – o di interi publisher, come in questo caso – perché ha coltivato in casa i suoi. Naughty Dog, Santa Monica, il nuovo corso di Guerrilla Games rappresentano talenti che monopolizzano l'attenzione, quando si muovono; sono compagnie capaci di alzare l'asticella dell'industria. E, in questo, bisogna anche tenere conto del fatto che Sony non avrebbe mai, per ovvi motivi, la forza economica per ribattere ad acquisizioni da $70 miliardi.

Di contro, a Microsoft è sempre stata rinfacciata una certa incostanza nella qualità dei titoli. Con alcuni ottimi spunti, delle IP amate e stabilite ma in alcuni casi sovrapponibili, il gigante di Redmond aveva bisogno di più eterogeneità, di qualche grande firma. Ne ha comprato in sequenza, da Obsidian (2018) a Ninja Theory (2018), passando per il blocco ZeniMax (2021) e per Activision Blizzard (acquisizione in corso).

Proviamo a immaginare la cosa come un Real Madrid che ha il potere di acquisto per comprare Kakà e Cristiano Ronaldo in un'unica sessione di mercato (sì, è successo, ndr), rispetto invece a una squadra a sua volta blasonata e amata, che preferisce però il modello che porta i suoi campioni a crescere soprattutto in casa, dai pulcini alla primavera, fino alla prima squadra. Gli acquisti? Soprattutto per puntellare i ruoli rimasti scoperti e allungare la rosa.

È questa, al momento, l'immagine che emerge dal ludo-mercato operato da Microsoft e Sony. Ed è un'immagine che si sposa necessariamente alle diverse filosofie alla base di Xbox e di PlayStation. Si tratta di un concetto che era già chiaro da tempo con il terzo player del mercato, Nintendo: una compagnia forte delle sue proprietà intellettuali, che non insegue lo standard degli hardware all'ultimo grido e del 4K, per proporre un'offerta che non sia la più potente, ma la più unica. Una unicità che ora è anche ciò a cui sta guardando PlayStation.

A spiegare questa differenza è direttamente Microsoft, nello stesso documento citato che accompagna il comunicato stampa su Activision Blizzard, dove leggiamo:

«Xbox verte sul fornire la scelta ai consumatori, e siamo entusiasti di scoprire che cosa ci aspetta nel futuro, mentre evolviamo da un business incentrato sulla console a un ecosistema ubiquo globale».

È tutto, esattamente, qui: l'obiettivo di Xbox è creare un ecosistema onnipresente, che possa girare su qualsiasi smart device. A più riprese, Phil Spencer aveva dichiarato di non essere particolarmente interessato a vendere Xbox Series X o S, ma a fare entrare gli appassionati nell'ecosistema di Game Pass. Un'idea ribadita da ogni mossa di Microsoft, compreso il maggior focus recente anche su PC Game Pass; un'idea per cui potremmo un giorno trovare Xbox Game Pass Ultimate direttamente tra le app della smart TV.

Di contro, forte dei suoi giochi di qualità assoluta e introvabili altrove, PlayStation si muove su un modello in cui il software è la killer application che invoglia all'acquisto dell'hardware, poiché quell'hardware è l'unico che è possibile utilizzare per giocare i suoi titoli. A meno di non aspettare qualche anno per la release su PC.

Una "base installata" stimabile in miliardi

Quando Satya Nadella spiegò di voler raggiungere ogni videogiocatore con Xbox Game Pass, insomma, la sua ambizione poteva sembrare fuori luogo, ma mai come oggi appare chiaro che Microsoft abbia non solo la forza economica, ma l'intenzione di realizzare la visione di un ecosistema videoludico onnipresente – quasi come Windows è onnipresente per praticamente chiunque acquisti un PC.

È il motivo per cui la casa di Redmond ha aggiunto all'arco di Game Pass delle frecce di valore assoluto, ed è il motivo per cui ha investito fortemente nel cloud. Non ci importa che acquisti la nostra console: ci importa averti nell'ecosistema Xbox, che ha entrate persistenti, mensili e distribuite, da un pubblico potenzialmente stimabile in miliardi di persone. Si tratta di una base installata difficile anche solo da immaginare, rispetto a quante persone si possono raggiungere puntando a far acquistare loro uno specifico hardware da gioco da 500 euro.

Dal canto suo, Sony continua a investire sui suoi videogiochi, la cui uscita è distribuita nel ciclo vitale della console, facendone dei system seller. Nell'attesa di capire come si rinnoveranno PlayStation Plus – vetusto, ma lo abbiamo già detto – e PlayStation Now, la compagnia ha messo le mani avanti con il nuovo PlayStation VR, un altro business distintivo rispetto all'offerta di Xbox.

Una conferma, l'ennesima, che parliamo di due compagnie che giocano dei campionati diversi. Non significa "serie A" o "serie B". Significa, in modo forse ancora più chiaro, che entrambe usano un pallone, ma non lo usano per fare la stessa cosa.

E con una Microsoft così intenzionata a ridefinire la capillarità del videogioco, al costo di prelevare di peso franchise giocati urbi et orbi come Call of DutyWarcraft, l'interrogativo non dovrebbe nemmeno essere «ora cosa deve fare PlayStation?», perché PlayStation deve fare quello che sa fare meglio: i giochi PlayStation. La domanda dovrebbe essere «come sono cambiati i videogiochi il 18 gennaio 2022?».

Perché, con una Xbox che acquisisce ZeniMax Media per 7 miliardi e, l'anno seguente, decuplica la spesa per una Activision Blizzard che ha bisogno di migliorarsi (usiamo un eufemismo, ndr), con il fine ultimo di offrire tutto questo in un abbonamento mensile, quel 18 gennaio 2022 i videogiochi sono cambiati di sicuro.

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