Videogiochi creati in pochi secondi da una frase, con le IA

Google mostra la potenza di Veo 3: con una riga di testo si generano interi mondi videoludici, ma a che prezzo? Leggi i dettagli.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

L'intelligenza artificiale continua a spingere i confini del possibile, e il nuovo strumento di Google, Veo 3, sembra esserne la prova più eclatante nel mondo della creatività digitale.

Presentato come un'AI in grado di generare video iperrealistici partendo da semplici input testuali, Veo 3 ha recentemente attirato l'attenzione per qualcosa di ancora più stupefacente (e inquietante): la creazione di ambientazioni videoludiche complesse — come un open world in terza persona o un FPS — con una sola frase.

Un utente su X, noto come "fofrai", ha condiviso alcuni esempi che mostrano ambientazioni di gioco create automaticamente da Veo 3 con prompt basilari.

I risultati sono impressionanti: paesaggi dinamici, movimenti fluidi e ambientazioni credibili, tutto generato artificialmente in pochi secondi. È come se si potesse saltare l'intera fase di concept, prototipazione e asset creation — un processo che normalmente richiede mesi di lavoro umano — con una semplice descrizione testuale.

La potenza di uno strumento del genere è innegabile, e sembra predire un futuro in cui gran parte dello sviluppo videoludico potrà essere automatizzato. Questo, da un lato, potrebbe democratizzare la creazione di videogiochi, permettendo a piccoli studi e creativi indipendenti di realizzare idee ambiziose senza budget milionari. Ma dall’altro solleva domande etiche e artistiche fondamentali.

Il punto critico — e dove la questione si fa davvero delicata — è che strumenti come Veo 3 non creano dal nulla, ma rielaborano ciò che già esiste: stili, cliché, soluzioni visive pre-esistenti.

In un’epoca in cui molti giochi tendono già a somigliarsi per esigenze di mercato, affidarsi a un’AI addestrata su modelli del passato rischia di appiattire ulteriormente la varietà artistica, la voce autoriale e l’innovazione concettuale.

Pur riconoscendo il fascino e il potenziale tecnico di Veo 3, sono contrario all’idea che un videogioco — in quanto sempre più vicino a essere una forma d’arte — venga generato da un algoritmo in base a prompt minimali.

I videogiochi non sono solo ambienti interattivi o grafiche ben fatte: sono frutto di visioni umane, di emozioni, di errori e intuizioni che un’intelligenza artificiale non è (e forse non sarà mai) in grado di comprendere davvero. E molti sembrano essere d'accordo.

L’arte non nasce dalla sintesi, ma dall’esperienza, dal rischio e dalla soggettività. Inseguire solo l’efficienza potrebbe uccidere proprio ciò che rende questo medium così speciale, come visto nei giochi di Kojima.

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