Square Enix sugli NFT: non c'è solo chi gioca per divertirsi, ma chi gioca per contribuire

Square Enix, per bocca del suo presidente, ha spiegato il suo interesse per gli NFT, ma il messaggio non è stato accolto benissimo...

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Nella sua coda, il 2021 ha reso molto popolari i concetti di blockchain e di NFT anche all'interno del mondo dei videogiochi, con diversi sviluppatori interessati a integrare dei non-fungible token nei loro titoli.

Si parla di asset digitali unici e tracciabili, che in quanto tali possono assumere anche un valore economico all'interno di mercati preposti: è un esperimento che Ubisoft sta già facendo con Ubisoft Quartz ma con risultati non entusiasmanti, che sta ripagando gli sforzi di Peter Molyneux, che gli sviluppatori di S.T.A.L.K.E.R. 2 hanno deciso di non fare più dopo le polemiche e su cui anche Square Enix ha annunciato, solo pochi giorni fa, di voler scommettere.

Inutile dire che l'entusiasmo del gigante giapponese autore di franchise come Final FantasyDragon Quest non ha reso felici i giocatori, molto scettici di fronte a questa nuova via di monetizzazione dei videogiochi – in cui le ore ludiche diventano ore di "investimento" di tempo, come fosse un lavoro, per ottenere degli NFT da convertire poi in denaro.

Questo significa, in sintesi, che l'esperienza ludica non sarebbe più ludica, perché indirizzata al fine di monetizzare con gli NFT che si potrebbero ottenere. A tal proposito si è espresso proprio Yosuke Matsuda, presidente e direttore rappresentativo di Square Enix, con una lettera aperta sul sito ufficiale della compagnia che sta facendo tanto discutere e potrebbe essere la prima grande polemica videoludica del 2022.

Nella sua missiva digitale, infatti, Matsuda ha spiegato la grande popolarità dei concetti di Metaverso e di blockchain durante lo scorso anno, arrivando al perché dell'interesse di Square Enix verso questi nuovi approdi.

E a far discutere è stato il fatto che Matsuda sottolinei come «alcune persone che 'giocano per divertimento'» siano perplesse, aggiungendo subito dopo che non tutti giocano per divertimento, ma ci sarebbe una parte della community che «gioca per 'contribuire'» – il che suona pericolosamente vicino al concetto di lavorare per contribuire all'economia del proprio Paese, solo che questa volta si riferisce all'economia di publisher di videogiochi.

Nelle parole del presidente Matsuda:

«Mi rendo conto che alcune persone che 'giocano per divertirsi' e che attualmente compongono la maggioranza dei giocatori hanno dato voce alle loro riserve su questi nuovi trend, e anche in modo comprensibile. Tuttavia, penso che ci sarà un certo numero di persone la cui motivazione è 'giocare per contribuire', ossia per aiutare a rendere il gioco più entusiasmante.

Il gaming tradizionale non ha offerto incentivi espliciti a quest'ultimo gruppo di persone, che venivano motivate solo da sentimenti personali inconsistenti come la buona volontà e uno spirito volontaria. È un fatto che non è slegato alle limitazioni degli attuali contenuti generati dagli utenti, che esistono solo per il desiderio di auto-espressione degli individui, dal momento che non c'era un modo di incentivarli e ripagarli dei loro sforzi».

Secondo Matsuda, quindi, sostituire la passione dei giocatori che creano contenuti per i giochi che amano, di loro spontanea volontà, con un modello monetizzato rappresenterà un passo in avanti nella qualità e nelle proposte di quegli stessi contenuti generati dagli utenti – che verrebbero mossi dalla volontà di guadagno. A patto, chiaro, che altri giocatori siano disposti a pagare per accedere a quegli user generated content.

Matsuda prosegue la sua riflessione:

«Con l'avanzamento nelle tecnologie dei token, gli utenti avranno degli incentivi espliciti, che risulteranno non solo in una maggior costanza per le loro motivazioni, ma anche nella creazione di un ritorno per i loro sforzi creativi.

Penso che questo porterà a più persone che si dedicheranno a questi sforzi, a maggiori possibilità di crescita entusiasmante per i videogiochi. Dal divertirsi, al guadagnare, al contribuire – una varietà di motivazioni porteranno le persone di tutto il mondo a lasciarsi coinvolgere dai giochi e a connettersi l'una con l'altra. E tutto questo sarà reso possibile dai token su blockchain».

Sarà questo il futuro dei videogiochi e della loro monetizzazione? Smetteremo di vedere contenuti creati dagli utenti per passione, perché la monetizzazione arriverà in modo massiccio anche su quelli? Le attività ricreative che siano anche creative non hanno una loro dignità se non portano a un tornaconto economico che di fatto smette di renderle ricreative?

Al 2022, e chiaramente agli anni dopo di lui e ai videogiocatori che verranno, l'ardua sentenza.

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