-
Pro
- Curatissimo dal punto di vista grafico e concettuale.
- Equilibrio tra divulgazione e approfondimento critico.
- Struttura interconnessa che invita alla scoperta.
-
Contro
- Mancano analisi più approfondite su alcuni titoli chiave.
- Alcune scelte editoriali privilegiano la sintesi alla profondità.
- Meno spazio del previsto al panorama contemporaneo e ai nuovi media interattivi.
Il Verdetto di Cultura POP
Ci sono libri che nascono per informare, altri per intrattenere. E poi ci sono quelli che si propongono di tracciare rotte, di costruire mappe in territori che – pur essendo ormai quotidiani – restano ancora misteriosi. L’Atlante dei Videogiochi, edito da Topic Edizioni e disponibile da ottobre 2025, appartiene a questa terza, ristretta categoria. È un libro che non si accontenta di raccontare la storia dei videogiochi: vuole disegnarne la geografia, esplorandone la superficie e le profondità, come farebbe un cartografo con un continente appena scoperto.
Dopo l’Atlante dei giochi da tavolo (2024), Andrea Davide Cuman e Cristian Confaloneri tornano a mappare un nuovo universo ludico, questa volta digitale. Il loro intento non è quello di compilare un manuale tecnico o un saggio di critica videoludica: ciò che propongono è un viaggio, un’odissea tra mondi virtuali e immaginari condivisi, pensata tanto per i neofiti quanto per gli appassionati.
In un panorama editoriale spesso saturo di volumi che si limitano a elencare titoli e date, l’Atlante ha il merito di offrire una prospettiva più ampia e più umana. Qui ogni videogioco è una tappa, una storia, un frammento di cultura.
Sfogliandolo, si percepisce subito la cura editoriale e la volontà dei due autori di non fermarsi alla superficie. Le sue 256 pagine raccontano un secolo di esperimenti digitali, dalle luci pulsanti di Nimrod ai pixel di Space Invaders, per poi addentrarsi tra le icone di ieri e di oggi: Pac-Man, Super Mario, Tetris, Street Fighter, ma anche Limbo, Journey e Disco Elysium. Cento titoli scelti con equilibrio e sensibilità, ciascuno rappresentativo di un genere, di un’epoca, di un modo di intendere il gioco.
Un libro per gamer e non
Ciò che sorprende, tuttavia, è l’architettura del libro. Ogni voce non è isolata, ma collegata ad altre cinque, dando vita a una rete di oltre 600 connessioni. Un intreccio di relazioni che ricorda il funzionamento stesso del web o di un open world, dove ogni percorso genera infinite diramazioni. È un approccio quasi “enciclopedico” nel senso rinascimentale del termine, che invita il lettore a perdersi, a saltare da un titolo all’altro, seguendo il filo di un tema o di una suggestione. L’Atlante dei Videogiochi è quindi anche un esperimento di design editoriale, un dispositivo interattivo nel formato di un libro.
Le illustrazioni originali di Marta Signori completano questa visione con un tocco estetico delicato ma incisivo. Le sue tavole non si limitano a rappresentare i mondi digitali: li reinterpretano, li trasfigurano, restituendo un immaginario che unisce tecnologia e arte, memoria e invenzione. È un modo per ricordare che dietro ogni livello, ogni sprite, ogni animazione, c’è un gesto umano, una scelta di stile, una visione.
Il tono scelto dagli autori è divulgativo ma mai superficiale. Cuman e Confaloneri riescono a mantenere un equilibrio raro tra precisione e leggerezza, offrendo al lettore uno sguardo critico ma accessibile. Non cercano di stupire con tecnicismi o nostalgia forzata: piuttosto, costruiscono un discorso sul videogioco come linguaggio, come forma d’arte e di comunicazione. Non mancano le digressioni – necessarie, a volte poetiche – su come certi titoli abbiano influenzato l’immaginario collettivo o su come certe meccaniche abbiano rivoluzionato il modo di intendere la partecipazione interattiva.
La presenza della prefazione di Stefania Sperandio e della postfazione di Kurolily aggiunge autorevolezza e profondità al volume. Due voci femminili di peso nel panorama videoludico italiano che, con sensibilità diverse, ampliano il respiro dell’opera e la inseriscono in un contesto più ampio: quello della cultura del videogioco come specchio della società contemporanea. È significativo che l’Atlante non venga presentato solo come una collezione di giochi, ma come un percorso tra esperienze, comunità e linguaggi.
Ogni scheda si arricchisce di dettagli su anno di uscita, casa produttrice e meccaniche di gioco, ma va oltre la cronaca. Racconta aneddoti, contesti di sviluppo, ricezione critica. A volte sono storie di successi planetari, altre di piccoli miracoli indipendenti. Si percepisce una costante: la volontà di restituire dignità a un medium spesso frainteso, di mostrare come i videogiochi siano ormai parte integrante del nostro patrimonio culturale, al pari di cinema, letteratura o musica.
Come sottolineano gli autori stessi, “i videogiochi non sono solo intrattenimento, sono linguaggi complessi, mondi aperti che ci insegnano a risolvere problemi, a collaborare e a immaginare scenari futuri.” Una dichiarazione che racchiude il senso profondo dell’opera: l’Atlante non si limita a mappare i videogiochi, ma li interpreta come strumenti cognitivi e sociali. E in tempi in cui il dibattito pubblico tende ancora a ridurre il medium a “perdita di tempo”, una prospettiva del genere è più che mai necessaria.
Atlante dei Videogiochi parla anche di educazione, di cooperazione, di strategia. Dimostra come un controller o una tastiera possano diventare mezzi per comprendere la realtà, simulare conflitti, esplorare identità. Da Gone Home a Papers, Please, da Shadow of the Colossus a The Last of Us, il libro rivendica con fermezza il valore emotivo e intellettuale del gioco digitale, invitando a considerarlo per ciò che è: una delle forme più vive di espressione umana del nostro tempo.
Il piccolo glossario e l’apparato infografico finale completano il volume, offrendo curiosità e record (dal gioco più costoso di sempre a quello più scaricato). Sono dettagli che non rubano la scena, ma aggiungono un livello di leggerezza e di gioco nel gioco, ricordando che anche la conoscenza, in fondo, è una forma di esplorazione ludica.
Vale la pena?
Eppure, ciò che colpisce più di tutto è il tono quasi affettuoso con cui gli autori parlano del videogioco. Non come fenomeno di massa, non come industria miliardaria, ma come esperienza condivisa. Si avverte la nostalgia di chi ha passato notti davanti a un monitor, la curiosità di chi continua a cercare nuovi mondi, la gratitudine verso un medium che sa ancora sorprendere. In un’epoca in cui la fruizione tende a essere veloce e distratta, l’Atlante invita a rallentare, a leggere, a comprendere. A guardare i videogiochi con gli occhi del viaggiatore, non del consumatore.
In definitiva, L’Atlante dei Videogiochi è molto più di un catalogo: è un’opera di sintesi e di amore. Una bussola per orientarsi in un universo vastissimo, ma anche un pretesto per ricordare che ogni gioco – per quanto effimero – racconta qualcosa di noi. Un libro che non giudica, ma accompagna. Non celebra soltanto, ma riflette. E che riesce, con rara sincerità, a farci riscoprire la meraviglia di un gesto antico quanto l’uomo stesso: il desiderio di giocare.
L’Atlante dei Videogiochi e l’Atlante dei Giochi da Tavolo sono disponibili nelle principali librerie e nei distributori online. Ma più che un acquisto, questo volume è un invito: a viaggiare, a ricordare, a giocare ancora.