Il nomignolo dell'enorme controller Xbox e l'ammissione: "sottovalutammo la sfida giapponese"

Dietro le quinte della nascita del Duke

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a cura di Paolo Sirio

Alcuni degli uomini chiave dietro il lancio della prima Xbox nel 2001 hanno rivissuto, in una lunga intervista concessa a Bloomberg, quei giochi frenetici e le scelte di design che portarono alla forma finale della console - e del suo discusso controller, l'enorme "Duke".

Aaron Greenberg, oggi general manager al marketing dei giochi Xbox, ha ammesso che al tempo fu sottovalutata la sfida che avrebbe rappresentato il lancio di un prodotto costruito in quel modo, anche solo da una prospettiva visiva, nell'esigente Giappone.

«Nei focus group, i consumatori in Giappone tenevano in mano l'originale controller Duke e dicevano "è così grande"», ha raccontato Greenberg.

«Tenevano molto a che le cose fossero compatte. Il nostro mindset era, come andiamo a sviluppare un business console globale ma al contempo abbiamo successo in Giappone? 

Siamo stato un po' ingenui riguardo a quanto sarebbe stato complicato».

Il rapporto complicato col Giappone è qualcosa su cui Microsoft sta ancora lavorando, sebbene abbia motivazioni molto più profonde di un semplice controller.

Todd Holmdahl, responsabile dell'hardware, ha commentato proprio a proposito del controller che «qualcuno potrebbe dire che non fosse la cosa più piacevole esteticamente, ma era davvero iconico».

Il pad è stato in effetti iconico, al punto che di recente è tornato in una nuova versione moderna proprio per celebrare l'ambiziosità di quel design.

Curiosamente, Peter Moore - che con Xbox 360 sarebbe diventato head of Xbox ma al tempo della prima console era responsabile di SEGA in America - ha raccontato che «eravamo soliti chiamarlo "Incredibile Hulk" perché era grande e verde».

A parte gli scherzi e la diffidenza iniziale, però, Moore ha spiegato che già all'epoca «c'era la consapevolezza che questa era una compagnia che ci avrebbe preso presto o tardi. Che se Gates, Ballmer, ecc. erano davvero convinti che questo sarebbe stato un mercato in cui dovevano esserci, loro avevano tutte le risorse, il talento, l'expertise e la pazienza sul lungo termine per farcela».

Venti anni e tre console dopo, a quanto pare, gli sforzi di quei giorni, e i tanti errori che si sono verificati (almeno) fino a Xbox One, sembrerebbe proprio che quella consapevolezza fosse ben motivata.

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