Thymesia potrà riempire il vuoto lasciato da Bloodborne?

Thymesia non fa nulla per nascondere la sua somiglianza con Bloodborne, ma quanto c'è in effetti di meritevole in quest'opera? ve ne parliamo nel nostro approfondimento.

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

A Thymesia bisogna riconoscere il merito di non essersi mai nascosto. Memori dei disastri di comunicazione in cui sono incappati persino i giganti dell'industria e dopo titoli che si fanno solo intravedere, lasciando più dubbi che certezze, quando un titolo non ha paura di mostrarsi al consumatore e alla stampa è di solito un buon segno.

Diciamo di solito perché in effetti non è sempre vero, ma si apprezza senz'altro l'onestà e il volersi mostrare così come si è. Che questo possa essere un bene o un male saranno i dati di fatto a sancirlo, e di conseguenza anche il responso del pubblico e le vendite globali. Ci sono stati casi in cui il marketing sfociava addirittura in finzione o, al contrario, episodi che ci hanno fatto chiedere: «sta per uscire ed è davvero messo così male?».

Nella miriade di sfumature che si vanno a incastonare tra questi eccessi c'è tutto il resto, talvolta con titoli che riescono a rispettare tutte le aspettative e altre volte con opere che fanno capolino senza infamia né lode. Quando però un genere, un sottogenere, o una tendenza crea grande fame nell'utenza, è inevitabile che i cloni o la ripetizione di certi elementi di successo diventino quasi una marea che travolge, con tutto ciò che ne consegue in termini di appiattimento e di idee realmente nuove.

Thymesia e il peso dei paragoni scomodi

Il successo delle opere firmate da Miyazaki ha causato la proliferazione di immancabili epigoni (trovate su Amazon diversi soulslike in offerta) che hanno tentato, spesso disperatamente e senza nemmeno avvicinarsi a quegli standard, di incanalarsi in quello specifico solco. Questo succede dall'alba dei tempo del videogioco, ossia da quando l'intera industria, sul finire del secolo scorso, si trovo in mezzo a una crisi di risultati e d'identità che la mise in ginocchio.

Non è questo il caso, certamente non durante questo specifico periodo, che continua comunque a soffrire di un'offerta sovrabbondante dove diventa sempre più necessario fare una cernita. Quando la scrematura comprende giochi che si somigliano sin troppo tra loro, vuoi per aderenza a un genere che ha difficoltà a evolvere, vuoi per la massiccia presenza di caratteristiche presenti un po' ovunque, ecco che diventa difficile operare una scelta. Diventa ancora più difficile quando la priorità viene data giustamente a chi quel genere lo rappresenta, lasciando spesso da parte tutti coloro che tentano di rimanere in scia ma che non sanno offrire nulla di realmente nuovo o accattivante.

Il lungo preambolo serve per far comprendere appieno la situazione in cui di fatto si trova Thymesia, che per larghi tratti appare come una sorta di variante (in scala decisamente minore) dell'esclusiva Sony. Dopo la prova della breve demo messa a disposizione dagli sviluppatori per meno di una settimana, è apparso piuttosto chiaro quanto Thymesia sia un progetto dalle ambizioni ancora più contenute rispetto a quanto si intravedeva nelle fasi promozionali. I motivi sono imputabili in particolar modo al comparto tecnico lontano dalle meraviglie della modernità e a certe ingenuità legate al sistema di combattimento, che appaiono oggi come un passo indietro non trascurabile.

L'impatto con Thymesia, al netto di alcune caratteristiche che possono aiutarlo ad avere una buona accoglienza, non è stato dei migliori. Dopo Elden Ring (ecco la recensione) e dopo tutto ciò che è arrivato da Bloodborne in poi, presentarsi oggi con un impianto di gioco della scorsa generazione non è di certo il miglior biglietto da visita. Al di là delle grossolane texture che ricoprono le zone del villaggio e della modellazione poligonale non al top, ci sono altri aspetti che poco ci hanno convinti. Sebbene ci siano delle specifiche scelte a monte legate al timing di attacchi e schivate, le animazioni e i tempi di risposta destano al momento qualche preoccupazione di troppo.

Oggi sarebbe ingeneroso esprimersi invece sul bilanciamento, perché sappiamo bene che prima dell'uscita verranno fatti tutti gli aggiustamenti del caso. Nella demo era piuttosto sballato e impietoso, ma non è dato sapere se la porzione di gioco messa a disposizione provenisse da una build molto vecchia o meno.

In ogni caso, teniamo drizzate le antenne perché il lavoro da fare è molto e, soprattutto, si tratta di una caratteristica cruciale per la buona riuscita di Thymesia, che vuole essere difficile ma al contempo deve evitare scivoloni clamorosi legati al rischio di frustrazione del giocatore.

Punti di forza e debolezze del progetto

La presenza di una misteriosa e terribile malattia che ha cambiato il volto del villaggio, l'atmosfera lugubre e il senso di imperante abbandono, la narrazione silente che comunica lo stato in cui versa il mondo di gioco, il protagonista che in qualche modo può invertire la rotta di un destino che pare già segnato, il contesto fantasy gotico e una miriade di altri dettagli non fanno altro che richiamare alla memoria Bloodborne. Non è un mistero né tanto meno un goffo tentativo di camuffamento, perché la fonte d'ispirazione è dichiarata ed è piuttosto evidente che la base sia la medesima. Speriamo soltanto che dietro la scusa della memoria perduta da parte di Corvus ci sia ben altro e che tutto non si riduca a una banale amnesia.

Persino parte del sistema di combattimento è stato mutuato di peso, con le schivate che danno un forte senso di già visto e le tempistiche degli attacchi che sono praticamente inconfondibili. Questo non è necessariamente un bene, perché da allora sono passati più di sette anni, con tutto ciò che ne consegue in termini di arretratezza. Tuttavia esistono diversi elementi del sistema di combattimento e della gestione della crescita del personaggio che fanno ben sperare. Quest'ultimo non era a piena disposizione, ma la volontà di lasciare spazio a un'ampia personalizzazione del proprio stile di gioco è apparsa chiara sin da subito.

A questo si aggiungono le modalità attraverso cui il gioco concede agli utenti diverse possibilità di approccio, con una tendenza all'aggressività che si sostanzia nella necessità di attaccare di continuo per rendere effettivi i danni causati dalle ferite. L'eccessiva attesa durante gli scontri non è dunque conveniente, e in tal senso abbiamo avvertito qualche vibrazione proveniente da Sekiro (soltanto per questo aspetto, specifichiamo). Corvus può attaccare con la sua sciabola, ma soprattutto aggredire con gli artigli i nemici, che di primo acchito crediamo non saranno in gran numero in contemporanea.

Si consideri infatti che il parry risulta essere fondamentale, così come il lancio delle piume che anticipano un attacco potente e che possono ribaltare in breve le sorti del combattimento. Certo, bisogna abituarsi a dei ritmi non sostenuti, al tempismo e soprattutto all'idea che non si avrà la stessa reattività dei titoli dell'ultimo periodo.

A suo modo, questo schema proposto da Thymesia funziona, e tende inevitabilmente a essere più tecnico della media, anche perché i colpi subiti causano ingenti danni e non ci sono molte possibilità per rimediare agli errori.

In conclusione

Alla luce di quanto detto e visto nella breve demo, Thymesia sembra il figlio di un dio minore, ovvero un progetto più raccolto, con diversi punti su cui gravano grossi interrogativi e con un comparto tecnico tutt'altro che soddisfacente. Considerando l'uscita piuttosto ravvicinata (il gioco esce il 9 agosto), va affermato senza grossi dubbi in merito che per quest'ultimo aspetto non ci sia ormai molto da fare, e che in definitiva non dobbiamo aspettarci grossi miglioramenti in un paio di mesi.

Thymesia si giocherà le sue carte principalmente attraverso il sistema di combattimento e la storia. Gli altri elementi satellite correlati a questi due comparti avranno chiaramente un grande peso, e se gli sviluppatori riusciranno a offrire un buon bilanciamento, una trama avvincente che possa sfuggire via da qualche cliché di troppo che abbiamo già notato, e tutto ciò che possa in qualche modo far chiudere un occhio su evidenti mancanze, allora l'opera di OverBorder Studio potrà dire la sua nel panorama dei soulslike.

Tuttavia ci sono sembrati sballati e completamente fuori fuoco i paragoni con quella bestia sacra di Bloodborne (trovate in offerta su Amazon l'edizione Goty), che mantiene ancora oggi un'oscura bellezza semplicemente impareggiabile.

Il team di sviluppo ha tutto il diritto di provarci, sia chiaro, ma preferiremmo che nella versione finale di gioco emergano più i pochi caratteri identitari, che non quelli presi in prestito.

Se si pensa che a funzionare maggiormente sono proprio gli elementi copiati da Bloodborne, non c'è da dormire sonni tranquilli, e il rischio che tutto il progetto possa essere bollato come assai derivativo e con poche novità degne di nota esiste eccome. Forse solo un eventuale Bloodborne 2 potrà colmare quel vuoto, diciamocelo chiaramente.