Lies of P ci ricorda che Bloodborne è letale anche per i suoi eredi

Lies of P funziona come epigono di Blooborne proprio per il suo essere un clone estremamente – ed eccessivamente – puro, nella sua offerta di gioco.

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a cura di Salvatore Pilò

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Non è un mistero che uno fra i soulslike più amati dai giocatori sia Bloodborne, uno di quei videogiochi che ha lasciato letteralmente il segno nell’industria non solo andando a “ridefinire” le basi del genere, ma generando anche una forma di culto quasi viscerale dell’opera, che lo ha elevato ad uno dei migliori esponenti di sempre, al punto che vediamo venire richiesti a a più intervalli un seguito, un remake o un porting.

Bloodborne è riuscito, con le sue atmosfere uniche e il suo gameplay estremamente pulito e coinvolgente, a dare vita a qualcosa che nessun altro soulslike è riuscito più a creare nel corso della storia, al punto da convincere numerosi fan a dare vita a versioni alternative del titolo, come il demake per la prima PlayStation, versioni GameBoy e addirittura giochi di guida che vedono Yharnam come ambientazione.

E non solo i fan: sono numerosi i titoli indipendenti che si sono ispirati in modo più o meno palese a quello che il titolo di FromSoftware ha messo in scena, proprio per far fronte a quella “fame” che i videogiocatori hanno verso una produzione che non ne vuole ancora sapere né di proporre un seguito né di proporre un remake per le generazioni correnti, con tanto di porting su PC che tutt'oggi latita.

Nel corso degli anni, però, nessuno di questi titoli è riuscito realmente a fare breccia nel cuore degli appassionati che continuano ancora oggi, nelle varie discussioni su Reddit e affini, a chiedere qualcosa che possa anche solo lontanamente avvicinarsi alla grandezza di quel mondo e a quel gameplay che ci ha fatto letteralmente innamorare.

Eppure, di titoli che ci hanno provato ne esistono a bizzeffe, nati proprio nell'ottica di andare a colmare un “buco” di mercato che non ha ancora trovato un erede degno di questo nome.

Quasi.

I "Born-like"

Di certo fra i titoli più “chiacchierati” che hanno provato ad emularne le gesta possiamo trovare Mortal Shell o il più recente Thymesia, due titoli che provano ad avvicinarsi a quel Bloodborne in modi differenti: il primo puntando più sulle “atmosfere”, il secondo emulando anche l’essenza.

Entrambi giochi (loro come altri esponenti del genere) più che discreti – e, anzi, dalle ottime premesse e potenzialità che hanno finito, però, irrimediabilmente per finire relegati in quell’angolino di “cloni” che ci hanno provato ma che non sono riusciti perfettamente nella loro idea iniziale. 

Un vero peccato, proprio in virtù del bisogno e della necessità che c’è, fra i videogiocatori, di poter rivivere nuovamente quelle emozioni. Un trend che, almeno nell’opinione di chi scrive, si “rompe” con l’uscita di Lies of P (qui la nostra recensione), presentato come l’ennesimo clone di Bloodborne che vuole puntare, come tanti altri, a saziare un desiderio che invece è apparentemente insaziabile.

Ed è proprio durante l’avventura per le vie di Krat che si fa strada quell’idea un po’ folle che forse Bloodborne sia tornato sul serio senza riuscire a capire perché.

Lies of P funziona molto bene, proprio perché è difficile marcare una linea tra l'ispirazione e il "plagio".
In fondo Lies of P è un clone piuttosto spudorato dell’opera di FromSoftware, ad un punto tale che in certi momenti del gioco è molto difficile riuscire a marcare una linea fra l’ispirazione e il “plagio”, e allo stesso tempo è un clone con dei difetti piuttosto importanti nel suo bilanciamento e nel design di alcune aree.

Eppure, il titolo di Neowiz funziona e funziona così bene da essersi ritagliato molto velocemente una fetta affezionata di giocatori – fra cui il sottoscritto – che lo vivono proprio come un piacevole ritorno a Yharnam. Perché?

Perché un titolo come Thymesia non riesce nello stesso intento mentre Lies of P sembrerebbe essere riuscito, anche piuttosto bene, nello stesso increscioso compito?

Niente di nuovo

Perché Lies of P, semplicemente… non fa niente di nuovo. Una verità tanto semplice quanto interessante da analizzare.

Quel che in genere i cloni di Bloodborne fanno è cercare di far rivivere nei giocatori il sogno di certe atmosfere e di un certo tipo di ambientazione cucendo assieme delle idee “nuove” e differenti, che purtroppo non funzionano bene come dovrebbero, risvegliando così continuamente il giocatore da quel torpore nostalgico in cui il gioco vorrebbe farlo sprofondare.

Neowiz, a differenza di tutti gli altri, non prova quasi mai ad essere originale relegando le pochissime novità reali del gameplay a nicchie secondarie di cui si può fare tranquillamente a meno (il sistema di moli e quello degli zecchini d’oro) restituendo un’idea “bloodborniana” quanto più pura ed incontaminata possibile.

Certo, Lies of P  (che potete comprare su Amazon nella sua versione PlayStation 5) in maniera molto ruffiana va poi ad attingere anche da altri grandissimi esponenti del genere come Sekiro – a cui deve moltissimo del suo gameplay – senza mai allontanarsi troppo però da quanto Bloodborne ha cercato di mettere in scena, inclusi alcuni fra i momenti topici più importanti della narrazione.

Oltretutto, questa versione di Pinocchio presenta anche poche sbavature tecniche rispetto ad altri cloni presenti sul mercato e questo non fa altro che rafforzare i suoi pregi rispetto ai suoi evidenti difetti.

Lies of P, in soldoni, non fa altro che confermare quello che i giocatori sanno: l’unica cosa che può saziare la fame di Bloodborne è Bloodborne stesso

Non voglio, quindi, "giustificare" quanto fatto da Neowizil cui “unico pregio” è stato l’aver capito quello che in tanti hanno fatto fatto finta di non cogliere. Voglio però che ci si accorga di  quanto, ancora una volta, sia stato grande quello che FromSoftware ha creato circa otto anni fa, al punto da essere destinato ad una “immortalità” raggiunta da pochi.

È interessante, quindi, soffermarsi su quanto Lies of P abbia messo in scena cercando di rimanere quanto più vicino possibile al solco tracciato da FromSoftware, limitando qualsivoglia idea a semplici meccaniche di contorno, la cui riuscita o meno non va ad intaccare minimamente quello che è il cuore dell’impianto che il titolo mette a disposizione del giocatore.

Idee secondarie

Prendiamo l’esempio delle moli e, quindi, del deperimento dell’arma: l’idea è chiaramente figlia di quanto visto nella serie Souls ma implementata in modo quasi “originale”.

Uno strumento in grado di riparare l’arma, output di danni (e abilità passive) legate al grado di deperimento delle lame e possibilità di “incanto elementale” senza consumo fisso di un oggetto.

L’idea in sé è interessante, anche se implementata in modo piuttosto pigro e raffazzonato: il modificatore sui danni (e delle passive) è abbastanza irrilevante e in effetti l’incanto elementale è possibile anche attraverso i classici strumento usa e getta presenti nelle serie di ispirazione – il che rende quindi l’idea quasi del tutto marginale, per non andare ad intaccare o alterare quanto i giocatori si aspettano da un titolo del genere.

Allo stesso modo la meccanica degli zecchini, tanto interessante quanto chiaramente fuori posto nel genere, viene presentata come estremamente marginale, al punto che il giocatore la vive in modo completamente dimenticabile e passivo, il che va proprio a sottolineare il non volersi staccare, nemmeno per un minuto, dal concept da cui gli autori volevano “trarre ispirazione”.

Interessante quanto triste, però, il ritrovarsi a riflettere sul fatto che la cosa migliore di un titolo risieda proprio nel suo indossare la maschera di qualcun altro senza riuscire a perdonargli quei momenti in cui se la scosta, anche solo per un momento, per mostrare il suo vero volto.

Perché se è vero che Bloodborne si è costruito attorno un’aura di misticismo intoccabile, è altresì vero che ha ricreato una situazione in cui chi vuole anche solo provare a costruire qualcosa di vagamente ispirato si deve trovare costretto a seguirne le regole in modo così fedele da rasentare il paradosso. 

Ed è un peccato voler ricordare Lies of P “solo” perché ha fatto qualcosa di così “unico” per i cloni di Bloodborne: ha abbandonato ogni possibile originalità.