Comunque io a PlayStation Vita ci avevo creduto

Il 22 febbraio 2012 PlayStation Vita faceva il suo debutto in Europa e negli USA, raccogliendo l'eredità di PSP, ma senza successo.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Più di 80 milioni di esemplari. Come fai a dubitare che PlayStation Vita possa trovare il suo spazietto e la sua ragion d'essere sul mercato, quando sai che camminerà su un sentiero già aperto dalla precedente PSP? Probabilmente, è per questo che io a Vita ci avevo creduto.

Era il 22 febbraio 2012 quando l'ultima portatile di casa Sony faceva il suo debutto sul nostro mercato (e su quello USA) e, da allora, sappiamo che è andata incontro a un destino che l'ha vista precipitare rapidamente: da nuovo gioiellino tascabile a polvere da nascondere sotto il tappeto.

Un mondo che stava cambiando

PS Vita arrivò su un mercato che stava cambiando: il 2012 era uno degli anni in cui gli smart device, che oggi tutti siamo abituati ad avere in tasca, in borsa o perfino al polso, stavano cominciando a farsi strada con più prepotenza, smettendo di essere appannaggio dei più irriducibili fan della tecnologia.

Questo significava che, nell'ottica di Sony, nessuno avrebbe più puntato a un dispositivo specifico per giocare, considerando che ne avrebbe trovato uno molto più versatile nel suo smartphone. Bastò arrivare al 2013 perché la compagnia giapponese cambiasse focus, abbassando il tiro su PS Vita e iniziando con la politica di vaghezza che purtroppo accompagnò la console fino alla sua dipartita.

Quell'anno, il publisher precisò che non avrebbe compiuto ulteriori sforzi per portare un numero corposo di first-party su PS Vita. E, se nemmeno il platform holder sta supportando la sua piattaforma, che investimento importante potrebbero mai farci le terze parti?

Mentre Nintendo continuava a conquistarsi il mercato portatile, soprattutto in Giappone, a colpi di DS e 3DS, PS Vita tirava i remi in barca per un cambio di strategia. Sensato, considerando come sono andate le cose, ma troppo repentino rispetto alle mire di grandezza con cui venne lanciata Vita, abbastanza doloroso per chi si era tuffato con i suoi soldi su una nuova handheld di PlayStation.

Quando uscì PlayStation 4, alla fine del 2013, la piccola portatile venne in qualche modo declassata a secondo schermo della console domestica, una sorta di GamePad à la Nintendo Wii U. Per chi, come la sottoscritta, sperava in una rinnovata gemma hardware capace di offrire nuovi Crisis Core, o nuovi Peace Walker, non fu un boccone da mandare giù con molto entusiasmo.

C'era una volta PlayStation Vita

A rivederla oggi, aveva sicuramente un suo potenziale: il display OLED era un piacere per gli occhi e aveva il touchscreen, rincorrendo un sistema di input popolarissimo ancora oggi. Il retro tattile poteva offrire spunti interessanti ai designer dei videogiochi, il doppio stick analogico risolveva i problemi che molti avevano avuto nel passare dal DualShock domestico alle più povere possibilità di controllo sulla precedente PSP.

Eppure, Vita viveva (e moriva) anche all'ombra di alcune scelte inspiegabili: pensiamo alla schede di memoria, per dirne una, solo proprietarie e dal costo esorbitante, in un'epoca in cui le connessioni non erano ancora quelle odierne e cancellare un gioco «per fare spazio» non era esattamente entusiasmante, in caso ci si volesse tornare in seguito.

La più inspiegabile, però, fu sicuramente il cambio di strategia così improvviso. Ricorderete le conferenze PlayStation in cui si cercava di trovare a Vita un suo piccolo spazio – e, quando lo si trovava, era dedicato ad annunci dimenticabili, per usare un eufemismo. Anche i tentativi di proporre nuovi modelli, alla fine aggiornati e con prezzi più accessibili (rimuovendo anche l'OLED, il fiore all'occhiello della console) per avvicinarli alla proposta di Nintendo 3DS non diede i risultati sperati.

Il punto è sempre uno ed è molto semplice: se dopo un anno nemmeno Sony supporta la console con i suoi giochi a pieno ritmo, nonostante sia casa di piccole chicche come Tearaway, un giocatore a cosa dovrebbe giocarci?

Nel futuro non ci sono portatili? Eppure...

Io, ad esempio, finii con il convertirla a perfetta console da retrogaming. Su PS Vita era possibile scaricare i grandi classici PSOne presenti su PlayStation Store e, in assenza di altri titoli che mi stuzzicassero da scoprire, divenne il mezzo per scoprire (o rivivere) alcune gemme del passato. Recuperare un Final Fantasy durante i viaggi in treno è qualcosa che ha sempre un suo straordinario fascino.

Sony ha pensato non fosse abbastanza, però, perché nel 2018 annunciò la fine del ciclo vitale di una console che praticamente non aveva avuto ciclo vitale, nonostante il suo nome. Nata come concentrato di tecnologia, depotenziata nel focus ludico, ridotta a secondo schermo di PS4, infine freddata per nascondere il cadavere in soffitta.

«Il momento non è fruttuoso, ora come ora, perché c'è un forte dominio da parte del gaming su mobile» aveva dichiarato Shuhei Yoshida, già nel 2015, quando si era trovato a spiegare ai microfoni di Eurogamer.net che non sarebbero più arrivati AAA di Sony per la console.

Il che è vero, ovviamente: moltissime persone, oggi, se devono videogiocare fuori casa possono scaricare un'app sul loro telefonino. Ma non ci sono dubbi che non sono due pubblici completamente sovrapponibili: chi scarica Ruzzle Candy Crush non è la stessa persona che in aereo gioca Gravity Rush.

In virtù della spesa richiesta per mantenere una console che rischiava di schiantarsi contro un crescente mercato mobile – in cui però non riuscì a penetrare neanche con PlayStation Mobile, ndr – ecco che Sony decise semplicemente di tagliare fuori Vita.

Gli sforzi della casa giapponese si sono concentrati completamente su PS4 (con PS VR) prima, e su PS5 oggi. Per un futuro portatile non ci sono piani di nessun tipo, perché il mobile oggi è anche più capillare che qualche anno fa. Eppure, con la sua natura ibrida, Nintendo Switch continua a vendere come il pane e la sua variante solo portatile, Nintendo Switch Lite, ha dimostrato che c'è ancora voglia di giocare fuori casa – anche e soprattutto se ci sono dei titoli con una firma unica nel mercato e riconoscibile.

È l'ennesima riprova che a prescindere dai fiocchetti che puoi sistemare nel raccontare un hardware, a fartelo vendere sono soprattutto i giochi. Ed è questo il terreno che è finito con il mancare da sotto i piedi di PS Vita. Addirittura Valve, con l'imminente Steam Deck, sta ora sperimentando con le handheld.

Addirittura, quasi come a concludere la vicenda una volta per tutte, ricorderete che lo scorso anno venne annunciata anche la chiusura imminente di PlayStation Store su Vita, così da rendere la console inservibile anche per acquistare nuovi titoli. In seguito alle reazioni degli appassionati e di chi non voleva vedere persi i videogiochi che comunque ebbero il tempo di arrivarci – come Uncharted: L'Abisso d'Oro – però, Sony è tornata sui suoi passi. Almeno per adesso.

Nel frattempo, la mia PlayStation Vita votata al retrogaming dei grandi classici mi guarda mesta e triste. La scelta di una memory card proprietaria l'ha uccisa lentamente, perché la mia memory card da 64 GB ha smesso di funzionare e procurarmene un'altra mi costerebbe in pratica più che comprare una nuova Vita d'annata.

Vederla lì parcheggiata, con il suo bel display, mi fa un po' di tristezza. Io a Vita ci avevo creduto. Sony non abbastanza.

A proposito di console portatili un po' più recenti, potete dare un'occhiata a Nintendo Switch Lite.