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Playstation Now

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a cura di LoreSka

Pubblicato il 09/01/2014 alle 00:00

Una delle domande che ci è stata posta più spesso da quando Playstation 4 venne rivelata al mondo riguarda la retrocompatibilità. Fino a poche settimane dall’uscita, infatti, le idee del pubblico non erano molto chiare. Casomai ci fosse ancora qualcuno all’oscuro della cosa, ecco una spiegazione lapidaria: PS4 non è retrocompatibile. Niente, nada, nisba. Al momento non ci sono nemmeno i titoli PSone da scaricare: su PS4 girano solo i giochi PS4.
Eppure, l’origine di tale domanda nasce dalle dichiarazioni di Sony avvenute nel corso dell’evento di reveal della console, quando si spiegò chiaramente dell’esistenza di un progetto legato al cloud gaming e capace di risolvere il problema della retrocompatibilità su PS4. Poche ore fa tale progetto è stato ufficializzato in occasione del CES 2014 di Las Vegas. Il suo nome è Playstation Now e, a quanto pare, va ben al di là delle nostre più rosee aspettative. Ma, allo stesso modo, ci ha lasciato alcuni dubbi.
Sulla nuvola
Cos’è il cloud gaming? Immaginate una grossa stanza piena di server, ciascuno con una potenza di calcolo enormemente più grande di quella del miglior computer da gaming e contenente una copiosa libreria di giochi. Il computer o la console di un utente remoto può collegarsi a questo grosso cluster di server e compiere due diverse operazioni: in un caso, è possibile che il server invii al giocatore remoto una piccola parte del gioco, continuando a scaricarlo durante la sessione di gameplay. In questo modo il giocatore può iniziare dopo pochi minuti a giocare a un titolo delle dimensioni di svariati giga, anche con una connessione a internet piuttosto lenta. In questo caso parliamo di cloud file streaming, una tecnologia già adottata da PS4 e Xbox One, che permette di avviare un gioco mentre lo si sta ancora scaricando dallo store.
In un secondo caso, invece, il gioco non viene scaricato sul computer/console dell’utente, ma viene riprodotto direttamente sul server remoto. Con questa tecnologia, detta gaming on demand, il giocatore si limita a inviare ai server remoti il proprio input (le azioni compiute con il proprio controller) e a ricevere come output un video della propria partita, trasmesso in streaming direttamente dal server. È chiaro che, con questa seconda opzione, il nostro computer/console non ha alcun carico di lavoro, se non quello di decodificare un video. In breve, tale tecnologia permette a qualunque strumento in grado di decodificare un video in streaming e di inviare l’output di un controller di riprodurre qualsiasi videogioco sia presente sui server. E il tutto senza limiti legati alla piattaforma. Per assurdo, con un sistema di gaming on demand potremmo riprodurre un gioco PS4 su di un netbook da 200 euro, o un titolo PC tripla A su di una PS Vita.
Avrete già capito dove stiamo andando a parare: Sony sfrutterà proprio questa seconda tecnologia per consentire a PS4 di riprodurre i giochi PS3, che saranno memorizzati e riprodotti su di un server localizzato chissà dove. Il tutto senza gravare minimamente sulle prestazioni di PS4, le cui risorse hardware saranno impegnate a livelli bassissimi (cosa che non avverrebbe nel caso di un’emulazione). Il punto è che il gaming on demand ha i suoi lati negativi: anzitutto, vi è un problema di latenza. Qualunque connessione a Internet – anche la migliore connessione al mondo – presenta alcuni millisecondi di lag. Questo significa che, dal momento in cui invio il mio input al momento in cui ricevo il mio output a schermo, vi è un ritardo: io premo il grilletto, la pistola spara dopo qualche istante. Poiché tale ritardo non si può eliminare, i servizi di cloud gaming devono mirare a ridurlo quanto più possibile, utilizzando varie tecniche che hanno come comune denominatore la distanza dei server dagli utenti. Mettere in piedi un’infrastruttura di cloud gaming, dunque, è un’operazione complessa e costosa. In secondo luogo, il servizio di gaming on demand deve scendere a compromessi per consentire un’esperienza di gioco fluida. Tali compromessi si traducono una più o meno notevole compressione video: allo stato attuale, un gioco giocato in cloud ha un appeal visivo inferiore a quello di un gioco giocato in locale, sulla propria console o sul proprio PC. Infine, è di vitale importanza la larghezza di banda a disposizione del giocatore. Una ADSL tipicamente italiana, con una banda in ingresso di 7 megabit per secondo, nella migliore delle ipotesi potrebbe ricevere un flusso dati di 6 megabit per secondo. Uno streaming video a tale velocità risulterebbe vistosamente compresso, specie nei momenti più concitati, determinando una qualità video ai limiti dell’accettabile e/o a risoluzioni inferiori al Full HD.
L’idea di Sony: Playstation Now
Il nuovo servizio di Sony, Playstation Now, si appoggia ad una realtà già nota nel mondo del gaming on demand. Si tratta di Gaikai, azienda che qualche tempo fa permetteva a chiunque di riprodurre demo di giochi tripla A dal browser del proprio PC, a prescindere dalla sua velocità di calcolo. I risultati si modificavano a seconda delle variabili descritte nel paragrafo precedente, ma nel complesso il servizio sembrava promettente. Ora che sono entrati in ballo i soldi di Sony, la situazione potrebbe essere ulteriormente migliorata, ma al contempo si è complicata a causa dell’enorme mole di giocatori che utilizzerà il servizio.
Come detto, Playstation Now permetterà di riprodurre giochi Playstation 3 su Playstation 4. Ma non è finita: il servizio arriverà infatti su di un’ampia gamma di televisori Sony Bravia che saranno rilasciati nel corso di quest’anno. Avete capito bene: basterà collegare un controller PS3 a un televisore compatibile per giocare ai titoli PS3. Il tutto, per inciso, senza bisogno di possedere una PS3. Infine, il servizio arriverà anche su PS Vita, presumibilmente con la stessa configurazione di tasti già utilizzata per riporodurre in remoto i titoli PS4 (ovvero: i tasti R1 e L1 saranno mappati sul touch pad posteriore) e su smartphone e tablet.
I costi del servizio non sono stati ufficializzati, ma si sa già che funzionerà con una sorta di abbonamento. In pratica, pagando un fisso mensile si dovrebbe essere in grado di accedere all’intera libreria di giochi PS3 presenti su Playstation Now, la quale dovrebbe includere tutti i titoli più importanti disponibili sulla vecchia console Sony. Sfortunatamente non è stato chiarito se sarà possibile accedere a Playstation Now gratuitamente, nel caso in cui si disponga del gioco originale su PS3 inserito in una PS4. Per come è stato studiato il sistema, però, questa opzione ci sembra improbabile.
Il servizio entrerà ufficialmente in fase closed beta entro la fine di gennaio, con un lancio pubblico previsto per l’estate. Al momento il servizio è confermato solo per gli Stati Uniti: Sony ha fatto sapere che tale scelta è dovuta alle infrastrutture di reti presenti in Europa, le quali presentano un elevato grado di eterogeneità. Un’eufemismo, probabilmente, per dire che in molti paesi d’Europa le connessioni sono una ciofeca, e che lanciare un servizio di questo tipo da queste parti potrebbe creare parecchi problemi sia per gli utenti che (soprattutto) per Sony. L’azienda ha confermato che per utilizzare il servizio è sufficiente disporre di una larghezza di banda di 5 mbps, una velocità relativamente modesta ma che, sfortunatamente, non ha ancora raggiunto tutte le regioni europee.
Al momento non è stata rivelata una lista di titoli disponibili, ma è stato confermato che essi permetteranno di utilizzare le normali funzionalità di un gioco PS3, inclusi multiplayer online, funzionalità di messaging e trofei.
Il test
Chi ha avuto modo di provare i primi giochi via Playstation Now al CES di Las Vegas è stato in grado di giocare a titoli quali Puppeteer, The Last of Us, Beyond: Due Anime e God of War: Ascension. Come prevedibile, la qualità video è risultata notevolmente compressa in alcuni frangenti, con risultati abbastanza deludenti ma senza mai sfiociare nel territorio dell’ingiocabile.
La lag, al contrario, è risultata sorprendentemente bassa. Chi lo ha provato ha parlato di una latenza nulla: sappiamo che questa affermazione è tecnicamente impossibile, ma è evidente che Sony ha lavorato sodo per portare la lag ai confini dell’impercettibilità. E questo, probabilmente, era l’ostacolo più importante da superare in questa fase embrionale del servizio.
Infine, sono stati segnalati dei tempi di caricamento decisamente più lunghi rispetto a quanto avviene su di una normale PS3, che in molti casi hanno abbondantemente superato il minuto. Non è chiaro se questo sia dovuto alle differenze tra una PS3 e un server in cloud, o più semplicemente al fatto che Playstation Now è ancora in una fase di sperimentazione. In entrambi i casi, appare evidente che vi sono dei margini di miglioramento che potranno e dovranno essere colmati nel corso dei prossimi mesi di beta.

Playstation Now è un servizio interessante. Probabilmente non permetterà di traslare l’esperienza PS3 su PS4 (né tantomeno sui televisori e sugli altri dispositivi compatibili), ma rappresenta certamente un pionieristico passo in avanti verso quello che, secondo molti, è il futuro dell’entertainment digitale. Come sempre dovremo scontrarci con la realità dei fatti, e mettere in conto che molte delle buone idee messe in campo saranno strozzate dai limiti tecnologici delle nostre reti. Al contempo, è evidente che la tecnologia presentata a Las Vegas può migliorare. Ma siamo davvero felici che qualcosa si stia muovendo, e non vediamo l’ora di provare il servizio anche qui in Italia.

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