Immagine di Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 9
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Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 9

Dal Castello Ashina al Monte Kongo si aggira un Lupo

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Sekiro: Shadows Die Twice
Sekiro: Shadows Die Twice
  • Sviluppatore: From Software
  • Produttore: Activision
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 22 marzo 2019

Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la run su Sekiro: Shadows Die Twice narrata come se fosse il diario personale del Lupo. Il nostro shinobi ha fatto molta strada da quando è partito, e senza fermarsi alla sola ricerca del suo signore l’Erede Divino ha scoperto la moltitudine di luoghi che circonda il Castello di Ashina. Nella puntata precedente ci ha raccontato come si è introdotto nell’ultimo piano della costruzione, oggi ci parlerà di cosa ha scoperto. Con l’avviso che vi potrebbero essere SPOILER minori, lasciamogli la parola.

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Giorno 21: Segrete

I samurai d’élite vestiti di verde acqua si aggirano con annoiata concentrazione tra le stanze e i tatami. Sono incredibilmente abili, e provare ad affrontarli faccia a faccia è per adesso fuori discussione. Per fortuna nessun addestramento può salvarli dai miei colpi mortali, pure se con loro sono un po’ più difficili da piazzare dei comuni soldati là sotto. Il punto è che l’immobilità dei piani alti del Castello Ashina mi inquieta. Qui infatti il tempo pare essersi fermato, e non per effetto di qualche misterioso incantesimo come con me. Dalle guardie silenti alle madamine spaventate, la vita di questa cima del mondo fa finta di niente. Ho visto stanze dalla sobria raffinatezza, paraventi finemente decorati, samurai intenti a consultare mappe e a bofonchiare strategie. Tutto sembra immerso in un mondo di sogno, e nessuno pare consapevole che tutto quello che c’è sotto ormai non solo è distrutto, ma anche marcescente. Sono avanzato continuamente ingobbito, e Kusabimaru ha macchiato di sangue i pavimenti. L’unico segno di devastazione è un grosso squarcio sul soffitto, che mi ha permesso di risparmiarmi un po’ di strada e raccogliere qualche oggetto in più. Il riposo all’Idolo dello Scultore mi ha permesso di notare che c’è una piccola probabilità di trovare nelle tasche di questi leali servitori manciate di coriandoli divini, che in teoria dovrebbero allontanare gli spiriti maligni. Ho proseguito finché non ho raggiunto un nuovo Idolo, dentro al dojo oltre le stanze pattugliate dai samurai. Nella stanza successiva ho trovato uno spadaccino ancor più forte e addestrato, la cui okatana taglia le ossa come se fossero di carta. Nei pochi colpi che sono riuscito ad assestare ho però visto che non ha molta resistenza fisica. Se mi alleno a leggerne le mosse dovrebbe essere fattibile, ma nel frattempo questo élite degli Ashina si sta prendendo la mia vita fin troppe volte, cosa che compromette sia l’istinto che le facoltà intellettive. Devo andare da qualche altra parte.

Vicino alla vecchia che prega il nulla c’è un ramo e un altro ponte. Vicino a un carretto ci sono altri due uomini, uno con la yari e l’altro con la spada, che stanno parlando. Dal mio origliare scopro che l’argomento della conversazione è un loro compare riuscito a mettere l’armatura a uno di quei giganti. Seppure sia stata una bella impresa lo stupido essere se la toglierà presto di dosso perché la troverà sicuramente scomoda. Tuttavia quello con la yari accenna anche che conosceva un generale dalla lancia molto particolare, capace di strappare via intere sezioni di corazza con un semplice affondo. Tale lancia sarebbe conservata in un magazzino da quelle parti, e che lui ha in custodia la chiave. Bisbigliando un ironico ringraziamento li riduco al silenzio entrambi e prendo la chiave. Oltre il ponticello c’è una porta chiusa che supero con il rampino, trovando un altro di quei grassoni e alcuni cani. Per questi ultimi bastano poche shuriken caricate, mentre per il grassone non vale molto la pena. Scatto subito verso l’interno dell’edificio, trovando con un po’ di sorpresa un altro Idolo dello Scultore e la tenda di uno della Congrega Memore. Anche questo può rifornirmi di Gocce di Sangue del Drago, ma vende anche altri oggettini utili, tra cui un Seme di Zucca. Il potenziamento continua, ma da dietro il telo l’uomo mi informa che proseguendo oltre si accede alle Segrete abbandonate. Un luogo di perdizione, dove nelle tenebre si aggirano presenze inquietanti. Non avendo ancora scoperto altre strade, mi avventuro in ogni caso.

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La mia abilità naturale di amplificazione della luce mi permette di vedere abbastanza agevolmente anche in un luogo così dannatamente buio. Molti agguati degli abitatori impazziti di questi lidi vanno quindi a vuoto, ciononostante attraversare questi luoghi non fa che inquietarmi. Provo anche a esplorare le celle, ma non trovo nulla di veramente utile passando per quelle claustrofobiche entrate quadrate. Non manca la presenza inquietante: un uomo avvolto completamente da bende, che assieme al suo maestro cerca “campioni” per le sue sperimentazioni. In una delle celle ho trovato un appunto che sembra scritto proprio di loro pugno: hanno bisogno di un “samurai grosso e in buona salute, illeso”. Altre pratiche inquietanti e al limite del blasfemo, quindi sono sollevato quando in fondo alle file parallele di celle scavate nella roccia trovo un altro Idolo dello Scultore. Il riposo è molto breve, in quanto voglio trovare il prima possibile un’uscita. Trovo un’altra apertura oltre l’Idolo, scoprendo una falda acquifera su cui mi tuffo immediatamente. Più avanti c’è una barca con un paio di soldati Ashina: probabilmente anche loro non hanno idea del perché si siano spinti così a fondo. Li sorpasso e dopo qualche altro corridoio trovo un’altra cavità scavata nella roccia, così puntellata col legno da farla sembrare un vero e proprio baracchino. Animato da pesi e contrappesi c’è un montacarichi, sul quale salgo e che mi porta ancora più in basso. Per fortuna, quando scendo basta qualche altro passo nella roccia per sbucare all’esterno, in un tempietto. Attivo l’Idolo qui presente e mi riposo, riaprendo la mappa antica: sono arrivato al Monte Kongo.

Prima di addormentarmi sento del grattare dall’esterno, subito dietro a una pergamena votiva sospesa alla parete di legno del tempietto. È una strana voce, quasi di bambino. Ancora una volta mi raccomanda di andarmene, di non procedere oltre. Mi dice che c’è qualcosa che non va e che coloro che popolano questa parte della regione sono terribili e spietati. Capisco la sua buona fede, ma non sono arrivato fin qui per fermarmi: apro la porta del tempietto, facendomi scivolare addosso le sue parole deluse.

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Giorno 22: Scintillio

Il bambino non mentiva: le minacce qui sono serie. Siamo però a quota assai più bassa: la neve è del tutto assente e gli alberi traboccano di foglie arancioni. Il fatto di essere finalmente all’aria aperta ha però uno strano effetto ritemprante sul mio essere: non poche volte l’istinto mi costringe a fermarmi e a lanciare lunghi sospiri mentre mi astraggo alla luce aranciata di quello che pare un eterno crepuscolo. Ne ho bisogno anche perché i nemici sono anche troppo impegnativi. Come preannunciava la voce da dietro la parete sono dei bonzo, cioè monaci buddhisti, ma la loro perversione sta nell’aver veicolato la loro disciplina anche marziale solo per fare del male. Indice di questo, oltre alle loro vesti lacere e non più del colore brillante che ci si aspetterebbe, è la loro pelle ormai divenuta grigiastra. Pare evidente che abbiano smesso di perseguire la loro fede da molto tempo, sedotti da qualcosa di ben più prosaico di una futura metempsicosi. Non portando armatura sono fisicamente meno resistenti di altri nemici che ho incontrato in questo viaggio, ma la loro arte è tale che anche con armi più povere delle mie o semplicemente a mani nude possono quasi uccidermi al solo tocco. In fondo al primo sentiero c’è un tempio con la porta chiusa, e il fatto che i nemici non facciano altro che moltiplicarsi non mi da il tempo utile a pensare e a esplorare.

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Una volta tornato all’Idolo dello Scultore mi prende una strana curiosità e mi arrampico lateralmente sulle rocce che circondano il tempietto, fino a raggiungerne l’esterno. Mi sbarazzo in fretta del monaco corrotto che pare guardare il nulla oltre l’ennesimo ponte crollato, e poco più in alto, circondato dalle foglie autunnali e dal verde chiaro dell’erbetta di montagna trovo un altro monaco. È un gigante seduto vicino a un albero, con un rosario dai grani smisuratamente grossi attorno al collo. Ha una cera più biancastra che grigia, e ha la testa nascosta tra le ginocchia in un evidente segno di contrizione. Sembra troppo assorto e bonaccione per essere ostile, quindi mi avvicino confermando che sta piangendo a dirotto. Pure sentendo la mia voce non alza lo sguardo, dicendo che aveva dei bambini sotto la sua tutela e che vuole raggiungerli. Inizialmente penso al peggio, tuttavia i suoi occhi liquidi non cercano la morte. A quanto pare c’è un modo alternativo, e forse mi servirà un oggetto particolare per accontentarlo. Mentre ancora piagnucola mi accenna che aveva bisogno di una “girandola bianca” e che si chiama Kotaro. Poco sotto di lui ho trovato uno strano aquilone collegato a una carrucola: se provo a girare la manovella l’aquilone va effettivamente in alto, ma non ho niente per tenerla ferma e quindi si ritira prima che possa effettivamente salire e capire se posso sfruttarlo per qualcosa. Il mio viaggio al Monte Kongo per adesso deve interrompersi.

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Giorno 23: Ritorno

Il Monte Kongo è stato un diversivo tutto sommato degno, ma era solo un modo per ritardare l’inevitabile: sono tornato ad Ashina. Se le mie supposizioni sono esatte il mio signore Kuro è sulla cima del Castello Ashina, quindi qualunque altra esplorazione in più mi darà solo qualche altro piccolo accomodamento, come un sorso di fiaschetta o qualche consumabile; ciò non toglie che potrebbe comunque valerne la pena. Il fossato attorno all’ultimo giro di mura del Castello Ashina è pieno d’acqua: ho già provato a buttarmici, e il non riuscire a trovare appigli mi ha costretto a usare la statuetta del Buddha pur di ritornare all’Idolo. Oltre il ponte dove ho raccolto la chiave dell’armeria però il livello dell’acqua è assai più basso, e la costruzione a gradoni del castello mi permette di piantare il rampino nel modo giusto e di scendere: sono davanti a un vero e proprio lago, il Lago Ashina.

La sorveglianza è stranamente stretta, ma effettivamente non mi accorgo subito che sto percorrendo al contrario lo stesso luogo da dove è iniziata la mia avventura. Riesco a rendermene conto solo quando ritrovo l’erba alta e la torretta dove Kuro era stato originariamente rinchiuso. In teoria ci sarebbe anche il canale di scolo dove mi sono risvegliato, ma non ho alcuna voglia di tornarci pertanto uso la chiave nell’armeria e raccolgo la lancia di cui parlavano le due guardie: tra poco tornerò dallo Scultore che potrà montarmela sulla protesi. Adesso all’entrata della torretta in fondo, oltre i grassoni con martello di legno e i soliti soldatini col moschetto a miccia, c’è un massiccio guerriero coperto d’armatura rossa e armato di una lunga lancia. Un nemico potente, che ora come ora non mi pare il caso di affrontare.

Scovo un altro Idolo dello Scultore su una delle sponde del Lago Ashina, ma continuo ad avere il sospetto di non aver visto ogni luogo collegato al Castello Ashina. Vado dal lato opposto alla torretta e allo scolo, e con un paio di giuste cadute accedo a un’altra parte del Castello. A un primo momento la zona sembra la medesima di quella che ho appena lasciato, con un ponte e due tizi di sorveglianza che parlottano. Poi guardo meglio e vedo che si tratta del lato opposto rispetto ai piccoli avamposti che avevo risalito fino a pochi giorni fa. Origliando la conversazione (stavolta tra un samurai e il suo sottoposto) scopro che l’esercito sta registrando una carenza di sale. Qualcosa di sensato: viene usato sia come condimento che per disinfettare i cadaveri, ma allo stesso tempo potrei aver trovato l’informazione che Anayama tanto bramava. Faccio un breve giro all’interno di questa parte del castello chiamata Tombe Antiche, raccogliendo oggetti e venendo a sapere di uno strano essere di dimensioni naniche con un cappello a cono nero. Non vado oltre per ora, e torno da Anayama a informarlo: si dimostra ancora una volta entusiasta, e con i guadagni maggiorati da suddetta speculazione amplierà i propri affari. Tra l’altro mi chiede se posso trovargli un uomo di fatica che lo accompagni a rastrellare i campi di battaglia. Malgrado gli abbia risposto che ci penserò, mi sto un po’ stufando di lavorare gratis. Adesso è il momento di fare i conti con le ultime minacce sulla cima di Ashina.

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In questa pagina dei Diari del Lupo Grigio il nostro shinobi preferito ha esplorato ulteriormente l’ambientazione a seguito della sconfitta del toro infuocato. In special modo la parte superiore del castello, con i suoi samurai formali e l’atmosfera fuori dal luogo, ha le sembianze del perfetto non-luogo. Da un punto di vista storico invece la storia della mancanza di sale ha un inaspettato aggancio alla realtà: durante l’ascesa di Nobunaga (anni Settanta del Cinquecento) i Takeda e gli Uesugi avevano continuato a combattersi. A un certo punto l’esercito di Shingen Takeda aveva finito il sale e stava per ritirarsi: con sorpresa di tutti fu proprio il comandante nemico Kenshin Uesugi a rifornirli senza speculare sul prezzo. Il messaggio era chiaro: la sconfitta doveva basarsi sulle abilità e non sulle risorse, esattamente come se fosse un duello individuale. L’elemento contestuale del sale in tal senso avvalora ancor di più l’idea delle puntate precedenti che vede il clan Ashina di Sekiro: Shadows Die Twice come alle dirette dipendenze dei Takeda, pur se questo obbligherebbe a far retrodatare la vicenda di circa una decina d’anni (dal 1589 originario al 1579 circa). In ogni caso rimanete con noi per la prossima puntata, dove finalmente giungeremo alla grande svolta della trama!

Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione


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In questa pagina dei Diari del Lupo Grigio il nostro shinobi preferito ha esplorato ulteriormente l’ambientazione a seguito della sconfitta del toro infuocato. In special modo la parte superiore del castello, con i suoi samurai formali e l’atmosfera fuori dal luogo, ha le sembianze del perfetto non-luogo. Da un punto di vista storico invece la storia della mancanza di sale ha un inaspettato aggancio alla realtà: durante l’ascesa di Nobunaga (anni Settanta del Cinquecento) i Takeda e gli Uesugi avevano continuato a combattersi. A un certo punto l’esercito di Shingen Takeda aveva finito il sale e stava per ritirarsi: con sorpresa di tutti fu proprio il comandante nemico Kenshin Uesugi a rifornirli senza speculare sul prezzo. Il messaggio era chiaro: la sconfitta doveva basarsi sulle abilità e non sulle risorse, esattamente come se fosse un duello individuale. L’elemento contestuale del sale in tal senso avvalora ancor di più l’idea delle puntate precedenti che vede il clan Ashina di Sekiro: Shadows Die Twice come alle dirette dipendenze dei Takeda, pur se questo obbligherebbe a far retrodatare la vicenda di circa una decina d’anni (dal 1589 originario al 1579 circa). In ogni caso rimanete con noi per la prossima puntata, dove finalmente giungeremo alla grande svolta della trama!