La storia di FromSoftware - Da King’s Field a Dark Souls, fino a Elden Ring

La lunga e gloriosa storia di FromSoftware, gli artigiani giapponesi divenuti i rivoluzionari silenziosi del settore videoludico

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

A inizio di quest’anno il suo Elden Ring ha venduto 12 milioni di copie in meno di tre settimane, ma prima di lui era già sul tetto del mondo grazie ai Souls.

Stiamo ovviamente parlando di FromSoftware, lo sviluppatore che nessuno conosce ma che tutti hanno incontrato almeno una volta. Mentre il loro ultimo pargolo vende come il pane, monopolizza internet e brucia le menti di tutto il mondo, seguiteci nel ripercorrere la storia di questi rivoluzionari silenziosi.

Rubò tre Software nel Campo del Re (1986-1996)

Come spesso capita, originariamente FromSoftware non aveva niente a che fare con i videogiochi. La società viene fondata a Tokyo nel 1986 con l’iniziale proposito di sviluppare software per attività di business aziendale.

A capo delle operazioni c’è Naotoshi Zin, dirigente serio ma all’occorrenza aperto alla sperimentazione. È così che i suoi dipendenti cominciano ad alternare il normale business con lo smanettare sui software di elaborazione 3D.

Ai tempi, infatti, le tre dimensioni sono ancora un sogno lontano relegato ai computer di fascia alta, e la scarsa diffusione in Giappone del gaming su PC non aiuta; quindi i divertissement dei dipendenti FromSoftware rimangono tali.

Tutto cambia nel 1994, anno in cui il 2D contempla il proprio tramonto con gli ultimi imperiosi assoli di un Super Nintendo quasi in pensione. Una nuova console si staglia all’orizzonte, gonfia della promessa di rendere le tre dimensioni per tutti: è la prima PlayStation.

I FromSoftware decidono di dirottarvi un progetto prima destinato al PC, riadattando un primo rozzo concept di “action-game con i robot dentro a un labirinto sotterraneo” in un gioco di ruolo fantasy medievale ispirato ai librigame e all’onnipresente Dungeons & Dragons.

Il nome viene preso da un campo da golf: sta nascendo King's Field. Tirato su in sei mesi da appena dieci persone (tra cui il fondatore Naotoshi Zin), il gioco viene pubblicato nel dicembre 1994, tredici giorni dopo la commercializzazione della prima PlayStation. Il successo è immediato con duecentomila copie piazzate nel solo Giappone.

«[FromSoftware] tratta i giocatori come avventurieri indipendenti che sanno portarsi dietro la propria inventiva. I King’s Field e i Souls vi immaginano, in maniera abbastanza corretta, come partner paritari nel processo di creazione dell’esperienza di gioco.

È proprio questo il filo conduttore di tutti i videogiochi From, non la difficoltà. Ammetto che non ho sempre voglia di giocare a qualcosa di tosto come King’s Field. Ma desidero essere trattato come un adulto, e From su questo non sbaglia mai.”

– (John Teti, Retrospective: King’s Field; qui trovate l’articolo completo in inglese)

Rigido, severo, lento (a causa delle limitate capacità di PS1) ma incredibilmente affascinante, King’s Field già racchiudeva quello che sarebbe divenuto lo spirito dei FromSoftware.

Il gioco tuttavia non verrà mai ufficialmente distribuito fuori dal Giappone, a differenza dei suoi sequel: negli anni successivi, infatti, FromSoftware sviluppa e pubblica altri due episodi, i quali riescono a vedere l’America (dove vengono ri-numerati King’s Field e King’s Field II, generando non poca confusione).

Nel frattempo, FromSoftware fa uscire nel 2000 Sword of Moonlight, che altro non è che una versione modificata dell’editor con cui avevano sviluppato i vari capitoli. Il tool ottiene presso i fan una popolarità notevole, tanto che su di esso vede la luce Dark Destiny, prequel apocrifo il cui supporto è durato fino al 2010: se volete dargli un’occhiata questo è il link.

FromSoftware: mi piace il fantasy, ma per campare faccio robottoni (1997-2002)

Chiaramente nel 1994 è troppo presto per percepire le implicazioni semiotiche e di game design dei King’s Field; anzi, nonostante le vendite la critica si esprime in maniera mista. L’impressione è che una fetta non indifferente del suo successo provenga "solo" dall'essere uscito al momento giusto, con quella grafica 3D che al netto di compromessi nessuno aveva mai tentato.

Comunque sia arrivato, il clamoroso successo di King’s Field è la molla che spinge FromSoftware ad abbandonare i software di business aziendale per concentrarsi solo sui videogiochi.

Mentre si pensa già ai sequel del loro gioco d’esordio diviene anche evidente che l’azienda non può permettersi di mettere tutte le uova in un solo paniere. Serve diversificazione: vengono quindi messi in cantiere uno spin-off di King’s Field (il mediocre Shadow Tower) e un concept fantascientifico non meglio definito, se non che (ancora) "ci devono essere i robot".

Si dà un senso a quest’ultimo solo nel 1997: è il primo Armored Core.

Un videogioco mecha in un contesto post-apocalittico, dove al giocatore è data piena libertà di assemblare il proprio robot con i soldi guadagnati durante le varie missioni, è per i tempi un’idea esplosiva.

Ben accolto dalla critica, Armored Core viene pubblicato in tutto il mondo e usato come system-seller grazie alla sua inclusione nei dischi demo promozionali. A impressionare, oltre alla grafica completamente 3D, sono le enormi possibilità di personalizzazione dei mecha e la componente multigiocatore.

Negli anni successivi il gioco genera un vasto franchiste tra capitoli principali, espansioni, spin-off e opere derivative.

FromSoftware alla sperimentazione (2003-2006)

Il successo di Armored Core dà finalmente a FromSoftware la stabilità economica necessaria per riprendere a sperimentare. Malgrado il successo della fantascienza lo studio non ha mai perso l’amore per la fantasia; dato che King’s Field non si può reinventare più di tanto, l’unico modo è sforzarsi nella creazione di altri soggetti originali spaziando su vari generi.

Ad aiutare è nuovamente la contingenza storica: PlayStation 2 è appena uscita e la sua potenza di calcolo è uno spazio inesplorato e tutto da conquistare. 

In questi anni vengono provate diverse varianti di videogiochi di ruolo, hack ’n slash sulla prima Xbox, adventure e pure qualche survival horror: viene azzardato persino un secondo Shadow Tower, che di nuovo non travalica i confini del Giappone.

Ovviamente i risultati hanno alti e bassi, e pure se non manca qualcuno cui la fortuna sorride un po’ (come i tre Echo Night e il dittico di Otogi), nessuno di loro, complice anche la distribuzione limitata, riesce a staccarsi dalla propria nicchia e consolidarsi sul serio.

Di contro, FromSoftware riesce anche ad ampliare le proprie capacità di publisher, ricevendo alcune commesse che poi sviluppa da sé: una di queste è Tenchu, lo stealth a tema shinobi.

Da parte sua, Armored Core debutta e prosegue su PS2 abbastanza tranquillamente, seguito poco tempo dopo da King’s Field IV, che arriva anche in Europa ma che in America viene rinominato King’s Field The Ancient City.

Interludio I: la questione localizzazione

Interrompiamo per un momento la storia per una piccola digressione. Nonostante il successo, in FromSoftware vive e sopravvive tuttora uno spirito assai artigianale e quasi indie, cosa che la porta ad auto-pubblicarsi all’interno dei propri confini nazionali.

Quando si trova nella situazione di distribuire qualche loro videogioco all’estero, deve per forza di cose cercarsi un editore esterno. Come abbiamo visto l’epoca PlayStation 2 è un periodo molto sperimentale per FromSoftware, e il provare molteplici generi la porta a saltare da un publisher all’altro.

Ne consegue che, escluso il punto fermo della Agetec (capace di mantenere standard dignitosi almeno con l’inglese), i risultati sono molto altalenanti.

Il paradosso è che, specialmente in Europa, ci si ritrova con videogiochi decenti rovinati da traduzioni ignobili e viceversa. Abbiamo esempi in entrambi i casi: il pesante, cervellotico e fascinoso EverGrace (2001) viene pubblicato in Europa da Ubisoft, che gli dà una localizzazione di altissimo livello, tanto nei testi quanto nel doppiaggio.

Invece King’s Field IV (che pur nei suoi difetti era comunque un prodotto di punta) finisce in mano a Metro3D, che lo distribuisce in Europa localizzato in maniera talmente grossolana da farlo diventare uno dei videogiochi più irrisi di sempre, soprattutto in Italia.

Miyazaki e Demon’s Souls: non chiamatelo fallimento (2007-2010)

Ed arriviamo alla parte della storia che tutti conoscono: l’arrivo di Hidetaka Miyazaki. Nato nel 1974 e laureatosi in scienze sociali alla Keio University, il nostro uomo aveva visto la vita cambiare radicalmente quando, su consiglio di un amico, aveva giocato a ICO.

Deciso a dare una svolta anche alla sua vita lavorativa, Miyazaki riesce a farsi assumere in FromSoftware nel 2004 come planner.

Dopo l’esordio alla regia con Armored Core 4 e il suo seguito 4 Answer, Miyazaki vede l’occasione della vita quando la FromSoftware fa un accordo di esclusiva con Sony: Takeshi Kaijii, il rappresentante di quest’ultima, propone di “far rivivere una vecchia serie di action”.

L’idea più immediata è di fare un quinto King’s Field, ma non si va oltre il nome e manca la visione d’insieme: le buone premesse presto scemano e l’entusiasmo finisce sotto i tacchi. Tutti considerano questa produzione come persa in partenza.

Capendo che così avrebbe potuto fare quel che voleva senza compromettersi la carriera Miyazaki prende la palla al balzo e si propone come regista: sono i primi vagiti di Demon’s Souls.

La storia di quest’ultimo videogioco l’abbiamo già raccontata molte volte, quindi meglio stringere: la presentazione di Demon’s Souls al Tokyo Game Show del 2008 è un disastro e FromSoftware incassa lo scetticismo di Sony stessa.

Premesse che però vengono smentite l’anno successivo: partito a rilento e con l’ulteriore svantaggio di non vedere l’Occidente, Demon’s Souls inizia a vendere portato avanti dal solo passaparola, surclassando le attese in meno di anno.

Bandai Namco fiuta l’affare e si accaparra la localizzazione e la distribuzione in Occidente, dove Demon’s Souls arriva nel 2010 (in ritardo di 18 mesi). Un anno dopo il primo nato dei Soulslike ha sfondato il tetto del milione di copie e un suo remake di BluePoint Games è stato titolo di lancio PlayStation 5 (non ce l'avete? Eccolo qua!).

We believe in (dark) fantasy: Dark Souls (2011-2013)

Demon’s Souls è per FromSoftware il secondo grande colpo della vita. Con lui, infatti, finiscono i tempi cupi e l’azienda può scollarsi sia dal fare cassa sviluppando tie-in di anime giapponesi sia dal proprio discutibile percorso su Xbox 360 (Otogi era andato decentemente, ma c'erano pure l'insuccesso di Enchanted Arms e l'ormai dimenticato Ninja Blade).

Il successo di Demon’s Souls è ancor più provvidenziale in quanto Armored Core sta dando segni di stanchezza e stagnazione.

Tuttavia, la vera prosperità arriva con il gioco successivo, le cui origini vanno ricercate nell’esclusiva. Il fatto che Demon’s Souls fosse un’esclusiva Sony impediva a FromSoftware di fare qualunque sequel, quindi l’azienda fa l’accordo con Namco Bandai per creare un successore spirituale dal nome in codice Project Dark.

Ecco quindi che nasce Dark Souls, con Miyazaki nel doppio ruolo di regista e produttore. Nonostante la sua distribuzione fin da subito internazionale, il suo destino almeno all’inizio pare lo stesso del “padre” Demon’s: le vendite ci sono ma nessun record viene intaccato.

La situazione si ribalta l’anno dopo: trainato anche lui dal passaparola e dall’affermazione di YouTube come piattaforma di divulgazione, Dark Souls letteralmente esplode.

Nel 2013 arriva a 2,4 milioni di copie; l’anno prima, a fronte di un quinto Armored Core additato come minestra riscaldata, Miyazaki prende i materiali scartati di Dark Souls e vi costruisce il DLC Artorias of the Abyss, che viene incluso nella Prepare To Die Edition del gioco.

In quest'ultima edizione il gioco viene portato a furor di popolo anche su PC, una conversione frettolosa e approssimativa che viene ottimizzata in tempo zero proprio dai fan. La community esplora quel piccolo ma densissimo universo dark fantasy, facendo per la prima volta i conti con la narrazione ambientale e creando comunità di fan, gruppi di riflessione, saggi accademici, tributi, canzoni e commozioni.

Applaudito come uno dei migliori videogiochi di tutti i tempi, il primo Dark Souls visse di una forza e una carica innovativa che non si sono ancora fermate neanche dopo dieci anni, con una Remastered (uscita anche su Switch) e la dichiarazione che tutto quello che era possibile scoprirvi è già stato scoperto.

Giù il cappello.

FromSoftware: figli e figliastri (2014-2016)

Passato il successo di Dark Souls in FromSoftware diventa ovvio che, pure se tale gioco era stato in origine pensato come auto-conclusivo, un sequel era inevitabile. Cominciano quindi i lavori su Dark Souls II.

Altre cose si muovono: ad aprile 2014 l’azienda viene acquistata da Kadokawa Corporation, leggendaria holding multimediale e industriale giapponese. Allo stesso tempo Sony si rende conto di aver fatto un errore a lasciar andare Demon’s Souls, e con la coda tra le gambe ricontatta FromSoftware per proporre loro di lavorare a un’esclusiva.

Così Miyazaki si imbarca nuovamente in una regia solitaria, delegando Dark Souls II a Tomohiro Shibuya e Yui Tanimura (a cui comunque farà da supervisore).

È così che escono Dark Souls II e Bloodborne, rispettivamente nel 2014 e nel 2015.

Pur se ben fatto e di successo Dark Souls II si dimostra un videogioco controverso, frutto di uno sviluppo assai travagliato e sofferente della mancanza di una regia precisa. La sua situazione non migliora neanche con la pubblicazione dei suoi tre DLC né dell’edizione completa Scholar of the First Sin, tutti accusati di essere una pura mossa commerciale di Bandai Namco onde spremere il più possibile il franchise.

Tutt’oggi Dark Souls II è la pecora nera dei Soulslike: anche di lui abbiamo parlato approfonditamente.

Discorso del tutto agli antipodi per Bloodborne: nato come Project Beast, si rivela al pubblico come una variazione e raffinazione delle meccaniche di Dark Souls, calate in un’ambientazione vittoriana con evidenti rimandi all’horror lovecraftiano.

Astratto, affascinante, ispiratissimo e geniale, Bloodborne diviene la prima ragione per cui vale la pena comprarsi una PlayStation 4, console ai tempi con poco più di un anno di vita e dal cammino ancora incerto.

L’anno successivo la rievocazione del primo DS viene completata con la pubblicazione del DLC The Old Hunters (se interessati, trovate su Amazon sia l'edizione standard che quella completa).

Con Bloodborne, FromSoftware di fatto compie il suo secondo miracolo, bissando il successo di Dark Souls non solo commercialmente ma anche concettualmente: anche Bloodborne, a quasi dieci anni dall'uscita, non smette di affascinare e coinvolgere i fan di tutto il mondo.

Interludio II: Miyazaki e discepoli

Interrompiamo una seconda volta la storia per parlare di qualcosa di importante ma mai veramente indagato: autore e lavoro. Miyazaki era stato nominato presidente di FromSoftware nel maggio 2014, un mese dopo l’acquisizione da parte di Kadokawa; tuttavia Dark Souls II aveva pienamente dimostrato che Miyazaki come “supervisore” non funzionava.

L’unico modo per mantenere intatta la sua visione era fare in modo che mettesse personalmente mano a ogni cosa che lo vedeva coinvolto.

È così che Hidetaka Miyazaki da quel momento ha dovuto alternare i suoi impegni come presidente al lavoro su molteplici progetti, spesso portati avanti parallelamente e con l’ausilio di uno o più co-registi.

Questi ultimi vengono il più delle volte pescati dai team di design, a cui Miyazaki (volente o nolente) si ritrova a fare da mentore.

Riassumiamoli brevemente: finito Scholar of the First Sin il suo regista Yui Tanimura (rimasto solo dopo l’allontanamento di Shibuya) si unisce allo stesso Miyazaki e a Isamu Okano nella direzione di Dark Souls III; contemporaneamente Miyazaki sta ultimando Bloodborne The Old Hunters.

Uscito quest’ultimo, nel 2016 Miyazaki promuove a co-regista Kazuhiro Hamatani (lead designer di Bloodborne) e con lui si mette a fare Sekiro: Shadows Die Twice; chiuso Dark Souls III nello stesso anno, Isamu Okano viene messo a lavoro (da solo) su Dark Souls Remastered mentre Tanimura viene assegnato a Elden Ring in co-regia con Miyazaki.

Sekiro ed Elden Ring (eccolo su Amazon) vengono quindi portati avanti in parallelo, ma il primo esce nel 2019 e il secondo è invece arrivato nel febbraio 2022.

Sekiro, il ninja che divenne eroe (2017-2019)

Per quanto complesso, il precedente paragrafo ha riassunto quelli che, come vedremo in questa ultima parte della storia, saranno i progetti di FromSoftware fino a oggi. Pertanto vediamo di ri-raccontarli con ordine: viene deciso che Bloodborne deve rimanere solo e l’azienda e il suo regista di punta confermano questa intenzione mettendo in cantiere progetti assolutamente lontani da lui.

La trilogia di Dark Souls viene chiusa nel 2016 con Dark Souls III, tra applausi e dubbi; tuttavia mentre in FromSoftware stanno ultimando tale gioco arriva un'altra visita inaspettata.

Alla loro porta bussa nientemeno che Activision, che desiderosa di espandere i propri prodotti oltre ai soliti shooter gli dà carta bianca e supporto per un progetto.

Accolta la proposta, Miyazaki approfitta di questa seconda libertà creativa per staccarsi dall’immaginario occidentale e fare qualcosa di più concretamente giapponese. Per un po' permane la prima idea di recuperare Tenchu, ma presto il progetto comincia a discostarsi da quel concept: sta nascendo Sekiro: Shadows Die Twice.

Activision decide di interferire il meno possibile, limitandosi al testing e a qualche sparuto suggerimento di struttura e game design (tra l’altro non tutti ascoltati, anche se è loro l'idea di mettere il sottotitolo "Shadows Die Twice").

Nel frattempo Isamu Okano finisce Dark Souls Remastered, che vede la luce a fine 2018. Nello stesso periodo esce anche Déraciné, atipica avventura collegiale sviluppata per PlayStation VR che però non incontra molti favori di pubblico e critica.

Sekiro si rivela essere l'ennesima mosca bianca di FromSoftware. Influenzati dal loro lavoro su Bloodborne, Miyazaki e Hamatani portano all’estremo il minimalismo, impostando Sekiro come un videogioco prettamente single player con classe e arma unica (ninja e spada, rispettivamente).

La componente RPG è talmente ridotta che FromSoftware di fatto produce il primo action “puro” della sua storia. Come da tradizione FromSoftware pubblica e distribuisce autonomamente Sekiro in Giappone, mentre Activision si occupa del resto del mondo.

Nonostante l’inevitabile rischio comportato da un game design così estremista, il gioco è un altro enorme successo di pubblico e critica. Il suo culmine è stata la vittoria come gioco dell’anno ai The Game Awards 2019, dove ha sorpassato persino Hideo Kojima e il suo Death Stranding.

Il Trono dell’Anello: Elden Ring (2020-presente)

Messo questo ennesimo trofeo in bacheca, FromSoftware nel 2020 si prende un anno di pausa dalle pubblicazioni. In realtà si tratta di un’interruzione più o meno forzata, in quanto quell’anno il mondo finisce in quarantena a causa della pandemia Covid-19.

Subito dopo i primi lockdown comunque FromSoftware pubblica un aggiornamento gratuito per Sekiro, con aggiunte sia hardcore (capacità di riaffrontare i boss potenziati e con nuovi move-set) che velleitarie (costumi alternativi per il protagonista Lupo).

Con tutto il rispetto per Sekiro, in realtà il pubblico sta già pensando al futuro.

La spinta verso di esso proviene da un unico annuncio, saltato fuori all’E3 del 2019: in quell’occasione si erano fatti scappare che Miyazaki stava lavorando a un videogioco la cui sceneggiatura sarebbe stata scritta nientemeno che da George R. R. Martin, l’autore de Il Trono di Spade/Cronache del Ghiaccio e del Fuoco: un gioco che si sarebbe intitolato Elden Ring.

I fan di FromSoftware devono accontentarsi solo del titolo per molti mesi; solo a marzo 2021 cominciano a venir fuori i primi dettagli ed ispirazioni (tra cui quella evidente a Shadow of the Colossus), come la presenza di una cavalcatura, la mappa estesa e la reinterpretazione di molte idee originariamente provenienti da Sekiro e dai Dark Souls.

Nello stesso periodo viene anche specificato come Martin abbia scritto il contesto e la storia antica del mondo di gioco, un lavoro che Miyazaki ha subito paragonato a quello di un Dungeon Master in un gioco di ruolo carta e penna.

Previsto per gennaio 2022, il gioco viene posticipato di un mese, vedendo finalmente la luce a fine febbraio 2022. E sappiamo tutti com'è andata.

Quale futuro per FromSoftware?

Nonostante i diffusi mal di pancia del pubblico (che lo accusava di aver riciclato troppe cose dai loro prodotti precedenti), Elden Ring di FromSoftware ha travolto il mondo videoludico come una tempesta, monopolizzando l’attenzione di tutto il mondo e oscurando qualunque altra pubblicazione contemporanea.

Un’aura che continua a bruciare anche a distanza di mesi, con una risonanza e una costanza che per vederne di simili bisogna tornare indietro al 2011, ai tempi del lancio di The Elder Scrolls V: Skyrim.

E con Elden Ring arriviamo al nostro presente.

Al momento in cui scriviamo non sappiamo cosa riserva il futuro di FromSoftware; finora gli unici indizi trapelati sono che “un nuovo titolo è nelle fasi finali di sviluppo” e che Miyazaki ha intenzione di fare un fantasy costruito su concetti più “astratti”, capace di incorporare tutte quelle idee che per forza di cose non entrano nell’action-RPG.

Da Demon’s Souls in poi FromSoftware non si è mai fermata, vivendo una seconda giovinezza facendo ciò che voleva fare, ovvero parlare di fantasy. Quindi, a prescindere da come andrà il futuro, FromSoftware è già arrivata ben più in alto di quanto non lasciassero intendere le sue modestissime origini.

Grazie alla visione cristallina di un autore appassionato, FromSoftware ha portato avanti il sogno di una rivoluzione silenziosa che, almeno finora, ha sfornato alcuni dei più grandi capolavori della storia del videogioco.

E, se permettete, questo basta e avanza per farcela ricordare per sempre.