Battlefield 2042 non è un brutto gioco, ma rischia di non avere più tempo per maturare

L’ultima fatica di DICE ed EA è la dimostrazione di un pubblico che non perdona e non dimentica, sempre più esigente.

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a cura di Marino Puntorieri

Redattore

Battlefield 2042 non è un brutto gioco. Fin dalla pubblicazione abbiamo assistito nei mesi a seguire in una corsa sul web alla ricerca della più aspra critica nei confronti di un progetto che necessitava di tempo per maturare e mostrare tutte le sue peculiarità. Parliamo di un titolo figlio di una visione focalizzata sul lungo periodo, incerta forse su alcuni frangenti, ma dove il team ha sempre espresso la volontà di voler svecchiare una formula che non si riscontrava più nei canoni degli sparatutto moderni.

Lo abbiamo anche ribadito nella nostra recensione, dove al netto di alcuni dubbi su stabilità di server e risposta della community, abbiamo voluto in parte premiare il coraggio di rinnovare una formula che da diverso tempo brillava ormai di luce riflessa. Con pochi guizzi, insomma, il brand negli ultimi anni viveva del successo dei suoi capitoli più in là con gli anni, andando però ad accumulare dubbi e incertezze adesso sfociati in vero e propri malumori incontrollabili.

Parliamo di un insipido effetto nostalgia rimasto impresso fino al lancio dell'ultimo capitolo nei cuori della numerosa community di Battlefield, con EA colpevole – durante questi anni di sviluppo – di aver alimentato un hype trasformatosi alla fine in un'arma a doppio taglio in grado di lacerare qualsiasi aspettativa.

La domanda rimane evidente, cosa non ha funzionato su Battlefield 2042?

Il coraggio a volte non basta

Si parla costantemente del crollo del numero di utenti collegati su Battlefield 2042 – soprattutto su specifiche piattaforme quali Steam – e ciò deve essere considerato un campanello d’allarme. Ma davvero bisogna classificare l’ultima fatica di EA e DICE come un progetto completamente fallimentare? Su alcuni aspetti, soprattutto commercialmente parlando, i risultati non sono quelli sperati dal team di sviluppo, ma – come anticipato – vanno a toccare motivazioni che confluiscono nella cultura dell’hype incontrollato, così come in un recente passato non proprio roseo per le software house coinvolte.

A ben quattro anni di distanza da quel Battlefield V – tanto bello da vedere quanto poco coinvolgente sulla mera offerta ludica – DICE decide di concentrarsi su una guerra più moderna, attraverso un’offerta che almeno sulla carta avrebbe ritrovato quell’ammaliante stratificazione sia per la personalizzazione del proprio soldato sia per la sua progressione online. Elementi che nel passato, con i dovuti limiti dell’epoca, hanno decretato il successo di alcuni storici capitoli come Bad Company 2 e Battlefield 3.

Basare la propria offerta, almeno al lancio, puntando i riflettori su una guerra massiva di 128 giocatori reali era necessario per accogliere sia i fan di vecchia data e i neofiti, differenziandosi da una concorrenza che negli ultimi anni ha offerto soluzioni sempre più vicine al genere battle royale.

La scelta di concentrarsi esclusivamente sulle meccaniche multigiocatore per Battlefield 2042 – lo ribadiamo – rimane estremamente condivisibile, soprattutto perché taglia quello spreco di risorse volto alla creazione di una campagna solitamente insipida o priva di mordente, e che nei casi recenti solo con Battlefield 1 era riuscita a trovare un discreto compromesso tra quantità e qualità.

Meglio concentrarsi su quell’online che rappresenta il vero core per il brand, tramite un trittico di principali modalità che al day one avrebbe garantito una buona offerta sul piano della versatilità, per poi aver il tempo di maturare definitivamente anche dal punto di vista contenutistico.

Abbiamo evidenziato alcuni dubbi lato server fin dai primi giorni di test, figli di una struttura tecnicamente cross-gen sulla quale solo fino a un certo punto DICE è riuscita a far tesoro del disastroso lancio di Battlefield 4 a cavallo tra le due precedenti generazioni di console. Difficile, però, ipotizzare un risultato capace così tanto di minare la già fragile credibilità del team di sviluppo.

Eppure, non si trattava di problemi capaci di rovinare completamente l’esperienza di gioco su next-gen, ma di elementi per i quali i feedback sarebbero stati necessari per la costruzione di un dialogo tra giocatori e software house, un presupposto fondamentale per aggiustare il tiro e adeguare sempre di più l’offerta alle reali esigenze della community.

Una community che nel panorama degli sparatutto è cambiata, si è adatta e appassionata ai battle royale e ne ha accettato il supporto strutturato attorno ai pass stagionali: elementi necessari per mantenere una certa trasparenza dal punto di vista della pianificazione di un supporto costante, andando a compensare sul piano comunicativo gli eventuali limiti tecnici che devono essere digeriti dai videogiocatori.

Nel caso di Battlefield 2042, invece, il pubblico sperava in titolo pressoché rifinito fin dal lancio, e con una direzione più chiara. Proprio su questa dissonanza tra le aspettative del pubblico – figlie di quell’hype incontrollato comunque cavalcato dagli sviluppatori – e la reale offerta che necessitava di più tempo per emergere con tutte le sue peculiarità, si gioca un fatidico errore di valutazione da parte di EA e DICE.

Considerando l’esborso monetario da parte dell’utente, comunque, non ci sentiamo nemmeno di puntare il dito contro le reazioni dei suoi fan più di vecchia data.

Da un lato, il pubblico attendeva sempre dai tempi di Battlefield 3 e Bad Compay 2 un titolo capace di riaccendere quella fiamma rimasta sopita negli occhi degli appassionati – sia come mero divertimento sia come competitive – e gli ultimi capitoli ambientati nelle due Guerre Mondiali erano apprezzati più nella forma rispetto all'effettiva sostanza. Paradossalmente su Battlefield 2042 manca quel guizzo in grado di convincere i giocatori a rimanere collegati consecutivamente partita dopo partita, quel collante emotivo capace di andare oltre il semplice coinvolgimento scaturito dal singolo round.

Se ci focalizziamo sul comparto tecnico in sé – vera croce e delizia di Battlefield 2042 – il discorso per ovvi motivi si proietta sul mercato di riferimento, coinvolgendo un contesto estremamente competitivo e vario che per sua natura non perdona più.

Per fare un parallelismo rimanendo nella scuderia dello stesso publisher, nel caso di FIFA 22 si registrano tantissimi bug e problemi tecnici che su FUT continuano a creare non pochi grattacapi. Problemi che recentemente riguardano premi periodici e server del mercato trasferimenti, ma non essendoci una valida alternativa videoludica gli appassionati di pallone optano per un atteggiamento più cauto e passivo.

Nel mondo degli FPS, invece, le alternative non mancano e una fetta importante di videogiocatori che si è sentita tradita anche per i vari singhiozzi tecnici presenti al lancio di Battlefield 2042 ha preferito orientarsi subito altri lidi. Per certi versi lo sviluppo e i limiti evidenziati lato server sottolineano una struttura che ricorda quella del lancio dei più moderni game as a service, solitamente proposti comunque a prezzi minori o con una base gratuita rispetto al classico tripla A.

Al momento il tentativo di accontentare un ventaglio più ampio possibile di giocatori – per quanto incoraggiante e positivo nelle premesse – non sta premiando, e obbliga a un piccolo dietrofront sulla pianificazione dei futuri aggiornamenti che rischia di sancire una fine prematura per l’ultima fatica di DICE.

Quale futuro per il brand?

Rimane evidente che Battlefield 2042 debba continuare a puntare sui suoi punti di forza – ovvero il coinvolgimento scaturito dalle battaglie massive – e cercare di riacquisire credibilità attraverso nuovi e invitanti contenuti. L’obiettivo finale è quello di accontentare quella larga fetta di pubblico pagante che si è sentito tradito da meccaniche e modalità poco in linea con la visione che si aspettava sin dalla prima accensione del gioco.

Qualche piccolo passo convincente è già stato fatto, come l’introduzione delle tanto richieste partite limitate a 64 giocatori per All Out Warfare, che sottolineano ancora una volta l’ottimo lavoro svolto sul fronte del level design delle mappe, ma potrebbe non bastare.

Soprattutto, perché lato competitivo non sembra al momento sussistere una qualsivoglia struttura che possa convincere gli appassionati più di vecchia data, e che al momento dovranno accontentarsi delle modalità più circoscritte disponibili su Portal attraverso alcune mappe dei vecchi capitoli più iconici. Soluzioni divertenti, lo ammettiamo, ma che rischiano di essere un mero palliativo.

Non possono invece non far storcere il naso le recenti notizie che vedono il prossimo macro aggiornamento legato a varie correzioni rinviato, così come una Season 1 volta a portare nuovi e significativi contenuti posticipato fino all'estate. Non proprio le promesse ideali per tranquillizzare chi, nonostante tutto, riesce a godersi qualche partita andando oltre gli inciampi sopraggiunti.

Il rumor legato a un’eventuale rivoluzione free-to-play, inoltre, spaventa più del previsto perché rischia di essere considerato come un tentativo in extremis di riconquistare in modo goffo la fiducia della community. Una scelta che rischierebbe, invece, di rovinare il legame con quella parte di utenza più fedele e che attende i nuovi aggiornamenti con un minimo di speranza, soprattutto a fronte dell’esborso iniziale.

In conclusione

Battlefield 2042 è un progetto che mantiene, lo ribadiamo, un potenziale incredibile, ma al momento fatica ad esprimersi e a trovare una direzione più chiara, soprattutto per il supporto post lancio così fondamentale per questo genere di videogioco.

Paradossalmente rischia di essere ricordato come uno dei capitoli più criticati, un inciampo senza precedenti per le visioni di EA e DICE perché – al netto di alcuni tipici problemi lato server e bug – fatica sia sul piano comunicativo sia degli effettivi aggiornamenti resi disponibili.

Attualmente i server di  Battlefield 2042 sono ideali per un approccio mordi e fuggi, nell’attesa che il team si rimbocchi le maniche e riesca a dimostrare che il suo ultimo progetto può ospitare molti più contenuti nel minor tempo possibile. Un ritorno in auge del titolo se lo meriterebbe la software house per l’impegno profuso, ma soprattutto se lo meriterebbero i videogiocatori per la fiducia che vi hanno riposto fino a oggi.

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