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The Sinking City e il connubio tra gameplay e narrativa

Il gioco al servizio della storia

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Avatar di Nicolò Bicego

a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Pubblicato il 28/06/2019 alle 10:13 - Aggiornato il 01/07/2019 alle 10:07
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Il Verdetto di SpazioGames

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The Sinking City fa parte di quel filone di videogiochi che mette al primo posto la narrativa, costruendo il gameplay intorno alla storia che il gioco vuole raccontare. Il risultato è un'avventura intessuta attraverso fili narrativi tipici dei racconti di Lovecraft, al punto che sembra di trovarsi, come mai prima d'ora, all'interno di un racconto inedito del solitario di Providence, in cui possiamo però muoverci in autonomia, decidendo quanto approfondire le enigmatiche vicende della misteriosa Oakmont e dei suoi abitanti.

Informazioni sul prodotto

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The Sinking City
  • Sviluppatore: Frogwares Interactive
  • Produttore: BigBen
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH
  • Generi: Azione , Avventura
  • Data di uscita: 27 giugno 2019 (PC, PS4, Xbox One) - 12 settembre 2019 (Switch)

Questa generazione di console ha portato con sé diversi temi caldi. Si è parlato, a più riprese, della possibile fine delle console tradizionalmente intese per passare a piattaforme dedicate allo streaming; si è parlato di games as service, una nuova nomenclatura che inquadra il videogioco come prodotto sotto una luce commerciale completamente nuova ma non necessariamente migliore. Tra gli altri argomenti, uno che proprio non vuole saperne di scomparire è quello riguardante il destino dei titoli single-player; nello specifico, è il futuro dei titoli story-driven che viene messo sotto processo, visto lo spostamento dell’industria verso un altro modo di intendere il videogioco come medium comunicativo. Nonostante molteplici case di sviluppo abbiano affermato il contrario, il solo fatto che ci sia bisogno di “smentite” da parte degli sviluppatori è un segno tangibile di quanto questo argomento sia attuale. The Sinking City è l’occasione di riprendere in mano questo tema, trattandosi di un gioco in cui il gameplay si trova messo al servizio della narrativa, e non viceversa.

Raccontare una storia giocando, giocare una storia raccontando

Raccontare una storia non è un mestiere facile; qualunque sia il mezzo comunicativo attraverso cui decidiamo di creare una narrazione, incontriamo inevitabilmente delle difficoltà. Il videogioco può vantare una capacità di immersione quasi unica, permettendo al giocatore di entrare nelle vicende narrate in prima persona. Al contempo, però, un buon gioco deve cercare di raggiungere un equilibrio tra storia e gameplay, sfida tutt’altro che scontata. Siamo spesso abituati a vedere titoli in cui la storia è semplicemente un’appendice rispetto al gameplay; pensiamo a tutti quei giochi dove gli unici momenti narrativi sono relegati a dei filmati, che offrono un’occasione per staccare dalle situazioni di gioco. Non si tratta di un approccio sbagliato, intendiamoci; si tratta di una scelta legittima, quella di privilegiare il gameplay del titolo e di aggiungere una storia che vada ad avvilupparlo. In The Sinking City è il contrario: la narrativa è chiaramente l’aspetto principale su cui gli sviluppatori hanno voluto concentrarsi, con il gameplay che diventa un mezzo attraverso cui veicolare la storia. È evidente fin dalle prime battute di gioco: a catturare del giocatore e a spingerlo a tuffarsi nell’avvetura non è la richiesta di compiere una missione o la volontà di portare a termine un livello, ma quella di esplorare Oakmont, la misteriosa città in cui si trova il nostro protagonista, Charles Reed.

Il mistero, l’enigma da sciogliere viene veicolato in due modi: innanzitutto, ovviamente, attraverso i filmati di gioco, che ci raccontano di un uomo tormentato da incubi terrificanti, la cui ricorrenza comincia a diventare preoccupante, al punto da far sospettare che dietro di essi si celi molto di più che “semplici” fantasie inconsce. Dall’altra parte, però, la storia del gioco, l’atmosfera tipicamente lovecraftiana che possiamo respirare viene veicolata attraverso il gioco stesso. Il gioco è realmente costruito intorno alla sua storia: ogni personaggio, ogni location costituisce il tassello di un racconto che il giocatore è chiamato a scoprire. Non si tratta quindi di una struttura a livelli, in cui un obiettivo si incastra con il successivo; la spinta per giocare viene data dalla storia, dal modo in cui i racconti del gioco vanno ad incastrarsi tra di loro, con obiettivi principali e secondari che si uniscono per dare un tessuto resistente alla narrativa del gioco. È qualcosa di differente rispetto alle avventure grafiche di stampo classico, perché qui abbiamo a che fare con una struttura non lineare, che non intende raccontare al giocatore una sola storia da ascoltare dall’inizio alla fine; la storia di The Sinking City offre possibilità, la possibilità di immergersi in quello che sembra un racconto postumo di Lovecraft e di scegliere quanto e cosa siamo disposti ad ascoltare.

Quante storie possiamo raccontare?

Ovviamente, The Sinking City non è il primo gioco a fare uso di queste meccaniche, che intendono mettere il gameplay al servizio della narrativa, né sarà l’ultimo. Per questo non ha senso chiedersi se davvero ci saranno ancora titoli dedicati al solo single-player o titoli story-driven. Probabilmente, questo genere di titoli finirà quando avremo finito le storie da raccontare; e questo, semplicemente, non avverrà mai. Il connubio tra narrazione e gameplay può essere proficuamente esplorato in diverse direzioni: The Sinking City rappresenta un possibile approccio che privilegia la narrativa, ma ce ne sono molti altri possibili. Qualcosa nel gioco, forse la ricorrenza del tema dell’acqua, ci ha fatto pensare ad un altro titolo che ha fatto della narrativa la sua colonna portante; stiamo parlando di Bioshock, il famoso titolo di scorsa generazione che porta il marchio di Ken Levine. In entrambi i casi, abbiamo a che fare con titoli costruiti intorno ad una storia da raccontare, le cui diverse sfaccettature possono essere scoperte solamente giocando. Un approccio diverso, ma non per questo meno valido, è quello utilizzato in numerosi titoli From Software: la narrativa emergente dei loro titoli, interamente dipendente dalle scelte del giocatore, è un altro modo in cui è possibile raccontare una storia all’interno di un gioco, cercando un equilibrio tra la componente narrativa e quella ludica. L’approccio di The Sinking City è più classico, e prende largamente ispirazione dalle avventure grafiche: la messa in primo piano dell’aspetto narrativo è decisa, ma viene integrata con scelte di gameplay ispirate alla recente diffusione degli open-world. Il risultato, narrativamente parlando, ci ha abbondantemente convinti; ma al di là della qualità della narrazione del titolo, il messaggio che vogliamo dare in questa occasione è che il fatto che il medium videoludico sta continuando ad evolversi in molteplici direzioni non deve spaventare quelli che sono ancora ancorati alle esperienze single-player basate sulla narrativa. Il futuro per questo macro-genere ci sembra, in realtà, più roseo che mai.

The Sinking City fa parte di quel filone di videogiochi che mette al primo posto la narrativa, costruendo il gameplay intorno alla storia che il gioco vuole raccontare. Il risultato è un’avventura intessuta attraverso fili narrativi tipici dei racconti di Lovecraft, al punto che sembra di trovarsi, come mai prima d’ora, all’interno di un racconto inedito del solitario di Providence, in cui possiamo però muoverci in autonomia, decidendo quanto approfondire le enigmatiche vicende della misteriosa Oakmont e dei suoi abitanti.

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