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Immagine di Springsteen - Liberami dal Nulla, recensione: un biopic che diventa confessione
Movie & Streaming

Springsteen - Liberami dal Nulla, recensione: un biopic che diventa confessione

Lontano dai cliché del biopic tradizionale, Springsteen: Liberami dal Nulla esplora le ferite interiori di un artista alla ricerca di sé stesso.

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Avatar di Nicholas Massa

a cura di Nicholas Massa

Redattore Cultura POP

Pubblicato il 12/10/2025 alle 21:00
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In sintesi

Springsteen: Liberami dal Nulla è un racconto intimo e riflessivo che trasforma la genesi di Nebraska in un viaggio nell’anima di Bruce Springsteen. Scott Cooper abbandona il biopic tradizionale per indagare le radici emotive e creative dell’artista, firmando un film sincero e umano, capace di mostrare la forza che nasce dal silenzio e dall’oscurità. 
  • Pro
    • Il film esplora l’anima di Bruce Springsteen, restituendo la dimensione più umana e fragile dell’artista.
    • Scott Cooper evita la classica celebrazione della fama, scegliendo un racconto esistenziale e intimo.
  • Contro
    • L’intento smitizzante del racconto cede talvolta a una narrazione più lineare e prevedibile.
    • Alcune scelte visive e formali finiscono per romanticizzare troppo l’azione, riducendone l’impatto realistico.

Il Verdetto di Cultura POP

7
Springsteen: Liberami dal Nulla è un film che si lascia dietro la forma del biopic classico per diventare un racconto esistenziale e intimo sull’artista e sull’uomo. Seguendo due direzioni - quella della creazione e quella dell’indagine interiore - il film esplora le radici più profonde della musica di Bruce Springsteen, trasformando la genesi di Nebraska in un viaggio nell’anima e nel silenzio. Cooper costruisce una cronaca di isolamento e sopravvivenza emotiva, in cui ogni canzone diventa confessione e atto di fede. Pur con qualche momento in cui la narrazione perde incisività, il lungometraggio colpisce per la sua sincerità e per la capacità di restituire l’essenza fragile e autentica dell’artista, ricordando che per ritrovarsi davvero, a volte, bisogna sapersi perdere nel buio.

Springsteen: Liberami dal Nulla (Springsteen: Deliver Me from Nowhere, in originale) parla sì dell'esistenza di un musicista iconico e storico, ma tenta di farlo andando oltre lo stesso mito immortale e la patina della fama nota ai più.

Nella vita di un artista, di una persona che fa di sé stesso e di ciò che ha dentro la propria ragione di vita, ma anche il principale sostentamento, arriva sempre il momento in cui ci si deve confrontare con i propri demoni, con quelle ombre che, in modo cosciente ma anche incosciente, hanno portato proprio a quell’arte, a quella creatività che dal profondo può arrivare ad ammaliare le folle. 

Un processo di ricerca accompagna il lungometraggio firmato da Scott Cooper, sia in senso diretto e pseudo-documentaristico - il film è tratto dal libro Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska di Warren Zanes - sia in senso intimo, umano e psicologico.

Disponibile nei cinema italiani dal 23 ottobre 2025, Springsteen: Liberami dal Nulla sembra presentarsi e lavorare in modo classico, in termini d’indagine e costruzione cinematografica: un biopic che però potrebbe nascondere qualche insidia, data la scelta di raccontare un momento preciso e delicato della vita di un artista all’epoca alla ricerca di risposte.

Un album diverso

Springsteen: Liberami dal Nulla si addentra nel cuore più oscuro e fragile della creazione artistica. Scott Cooper trasforma la genesi di Nebraska in un viaggio quasi metafisico, profondamente introspettivo e autoanalitico, dove il silenzio della provincia americana diventa lo specchio di un’anima in bilico tra redenzione e smarrimento.

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In quella camera da letto del New Jersey, un uomo e una chitarra si confrontano con la vertigine del vuoto, catturando la voce ruvida di un’America sospesa tra sogno e disillusione.

Nel ruolo di Bruce Springsteen, Jeremy Allen White si immerge in un ritratto prima e innanzitutto interiore che esteriore, restituendo il peso e la grazia di un autore musicale che decide di spogliarsi di ogni orpello per ritrovare sé stesso. 

La sua interpretazione non cerca soltanto la gestualità esteriore in Springsteen: Liberami dal Nulla, ma la vibrazione emotiva di chi, con poche note e un registratore, ha saputo raccontare la solitudine collettiva prima di sé stesso e poi, di riflesso, di un Paese intero.

Indagare oltre le ombre

Pur ponendosi quale biopic, Springsteen: Liberami dal Nulla sceglie di dedicarsi a un momento preciso della vita e carriera del proprio protagonista. Così facendo, non s’impegna a costruire un’epica della fama di matrice elementare, ma piuttosto tende a mostrare l’artista lontano dalla folla, a contatto con i propri demoni e tormenti interiori. 

La scrittura di Nebraska, di questo album, è il “mezzo” perfetto per poter andare oltre la classica grammatica cinematografica di circostanza, fornendo l’occasione ideale per spingersi al di là delle regole del caso, in un lavoro che scava insieme al suo stesso protagonista.

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In un progetto del genere, il lavoro e la presenza scenica di Jeremy Allen White riescono a funzionare e a lasciare qualcosa. Pur essendo abituato a portarsi dietro e addosso ruoli del genere, l’attore tenta un lavoro di mimesi che passa dal modo di parlare fino agli sguardi e ai silenzi. Non una "maschera" facile, specialmente quando si tratta di un’icona di questo calibro e di tutti gli inevitabili paragoni del caso.

Differentemente, però, dallo spirito sporco e imperfetto delle canzoni che Bruce produce e costruisce durante lo svolgersi del lungometraggio, la regia e la costruzione formale generale di Springsteen: Liberami dal Nulla risultano piuttosto pulite, quasi invadenti in certi momenti, in cui la composizione di alcune inquadrature e movimenti di macchina tendono a romanticizzare troppo l’azione in corso, smorzandone la credibilità o comunque l’impatto.

Springsteen: Liberami dal Nulla si muove seguendo due strade precise: quella dell’artista che crea qualcosa di unico e ribelle, e una più sottile che ne indaga le ragioni più intime, legandosi al suo passato. 

L’andamento di entrambi questi “sguardi” è anche interessante, se non fosse che in alcuni momenti l’intento smitizzante alla base del racconto tende a cedere il passo a una semplicità nei toni che ne sospende quasi lo stile. Fondamentale, in ogni caso, il messaggio di fondo nel finale, specialmente se legato alla vita di un’icona musicale. Attuale oltre ogni previsione.

Springsteen: Liberami dal Nulla rifiuta, quindi, la forma del biopic tradizionale per abbracciare quella del racconto esistenziale. Cooper costruisce una cronaca di isolamento e intuizione, in cui la musica non è solo espressione ma linguaggio di sopravvivenza e chiave di lettura oltre e attraverso la stessa vita.

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Ogni cosa che Bruce compone, in Springsteen: Liberami dal Nulla, durante la narrazione nasce come un frammento di verità, una confessione registrata sul nastro prima che il mondo potesse intervenire a filtrarla o addolcirla.

Il film è, in definitiva, il ritratto di un artista di fronte alla soglia del proprio silenzio: un racconto sull’urgenza di creare quando tutto intorno sembra svanire. È il momento in cui Bruce Springsteen smette di cercare l’America e comincia a raccontarne il lato invisibile, trasformando la disperazione in canto e l’oscurità in un atto di fede.

Springsteen: Liberami dal Nulla non chiede di capire Bruce, ma di ascoltarlo. Di lasciarsi trascinare nel rumore bianco che precede ogni verità, dove l’arte non consola ma rivela, e dove anche un registratore scassato può diventare confessionale. Scott Cooper ci ricorda che, a volte, per ritrovarsi davvero bisogna sapersi perdere nel buio - e se da quel buio nasce un disco come Nebraska, allora forse il nulla non è poi un posto così terribile da cui essere liberati.

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