Non solo intrattenimento: i videogiochi si confermano una delle esperienze più significative della contemporaneità digitale, capaci di generare benefici concreti non solo sul piano emotivo, ma anche su quello cognitivo e sociale. È quanto emerge da “The Power of Play”, un ampio studio globale che ha coinvolto oltre 24mila videogiocatori provenienti da 21 Paesi in tutto il mondo, tra cui Italia, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Francia.
La ricerca, coordinata dalla Entertainment Software Association (ESA) insieme a ESA Canada, IGEA (Australia), KGames (South Korea) e Video Games Europe – di cui fa parte anche IIDEA, l’associazione di riferimento dell’industria videoludica italiana – è stata presentata oggi a Pesaro, in apertura del festival omonimo dedicato ai videogiochi a impatto sociale. L’evento si tiene presso l’Auditorium Scavolini e nasce da un’iniziativa del Comune di Pesaro – CTE Square e dell’Università di Urbino Carlo Bo, in collaborazione con Games for Change e con il patrocinio di Rai Marche.
Giocare non è solo un modo per evadere dalla routine: per milioni di persone rappresenta una valvola di sfogo sana capace di alleviare stress, ansia e senso di isolamento. In tutti i Paesi coinvolti nell’indagine, la riduzione dello stress figura tra i tre principali benefici percepiti dai videogiocatori.
In Italia, il 71% degli intervistati dichiara di giocare per rilassarsi e ridurre lo stress, mentre il 62% lo fa semplicemente per divertimento. Ma non è solo una questione di svago: per il 60% dei rispondenti i videogiochi rappresentano un antidoto contro l’ansia, per il 49% aiutano a contrastare la solitudine e per oltre la metà – il 54% – contribuiscono ad aumentare la felicità quotidiana.
Oltre a offrire sollievo emotivo, i videogiochi sono percepiti come una forma di allenamento mentale. Quasi un giocatore su due afferma di dedicarsi al gaming per stimolare la mente, riconoscendo in questa attività un modo efficace per mantenersi mentalmente attivi. Non a caso, tra i generi più apprezzati spiccano i puzzle game (51%), seguiti dai giochi d’azione (35%) e da quelli basati su abilità o fortuna (33%).
Ma il contributo dei videogiochi non si ferma all’intrattenimento: molti italiani riconoscono al medium un valore formativo. Un intervistato su due afferma che giocare permette di coltivare un hobby o un interesse che sarebbe difficile praticare nella vita reale. Ancora più interessante è il dato secondo cui il 34% ritiene che l’esperienza videoludica abbia avuto un impatto positivo sul proprio percorso professionale o formativo.
Tra le competenze più citate emergono la creatività (70%), la gestione del tempo (50%), il lavoro di squadra (64%), il problem solving (67%) e il pensiero critico (57%). Inoltre, quasi un terzo degli intervistati – il 28% – dichiara che il videogioco ha influenzato positivamente le proprie scelte di studio o di carriera.
Un altro aspetto chiave che emerge da The Power of Play è il valore sociale del videogioco. Il 39% dei genitori intervistati afferma che giocare insieme ai figli ha migliorato la relazione familiare, creando momenti di dialogo e condivisione autentica.
La percezione generale è chiara: per il 64% degli intervistati, esiste un videogioco per tutti, indipendentemente da età o preferenze personali. Inoltre, il 61% riconosce ai videogiochi la capacità di favorire nuove connessioni sociali, superando barriere geografiche e culturali.
Infine, il 55% dei giocatori dichiara di aver scoperto musica, personaggi o storie grazie ai videogiochi, poi divenuti parte integrante dei propri interessi culturali in altri ambiti, come cinema, letteratura e serie TV.
In un contesto in cui il dibattito pubblico tende ancora a sottovalutare l’impatto positivo del medium, i risultati di The Power of Play offrono un quadro completamente diverso: quello di un linguaggio capace di educare, unire e ispirare, dimostrando che oggi giocare non è mai stato così serio.