Grazie a Edizioni BD abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Meredith McClaren. La disegnatrice era ospite della casa editrice in occasione di Romics 2025 e ha presentato in anteprima il secondo volume di Black Cloak, la serie urban fantasy scritta da Kelly Thompson.
Con la disponibilissima Meredith McClaren abbiamo parlato di stile di disegno, world building e character design di Black Cloak - serie che unisce noir, fantasy e sci-fi in un mix unico e travolgente. Ecco cosa ci ha raccontato la disegnatrice!
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In un futuro nel quale la tecnologia affonda le radici nella magia, i Mantelli Neri sono l’ultima forza che cerca di mantenere l’ordine in un mondo sempre più vicino al collasso. Nell’ultima città del mondo conosciuto, abitata da varie specie tra cui elfi, umani e fate, due Mantelli Neri, Essex e Pax, stanno per affrontare la loro indagine più delicata. Un amato principe della città è stato assassinato e, se il colpevole non verrà scovato al più presto, le conseguenze potrebbero essere gravissime. La città è sull’orlo del caos e già si odono, in lontananza, sirene ancora più pericolose: quelle della guerra!
Spaziogames
Benvenuta su Cultura POP, Meredith. Edizioni BD porta in anteprima a Romics 2025 il secondo volume di Black Cloak: come hai approcciato la costruzione visiva della serie? Hai sviluppato prima l’estetica generale del mondo di Kiros o i personaggi principali?
Meredith McClaren
Ciao!
Penso che i personaggi siano arrivati per primi in BLACK CLOAK. Pax è stato abbastanza semplice: sapevo subito come volevo che fosse. Ma con Essex ci è voluto un po’ più di lavoro. Stavamo imparando a conoscerla man mano che la creavamo.
Per quanto riguarda l’ambiente, sapevamo di volere qualcosa di molto simile a BLADE RUNNER, ma con più colore e vivacità. Credo che il mio contributo principale sia stato sottolineare che una città che esiste da secoli non può sembrare fatta solo di cose nuove: deve avere strati di vecchio sotto al nuovo.
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I protagonisti hanno un design molto distintivo e leggibile, quasi “stilizzato”, eppure riescono comunque a trasmettere emozioni complesse. Qual è la tua filosofia dietro la creazione dei personaggi?
Meredith McClaren
Beh, c’è molto da dire sul semplice fatto di creare un personaggio che abbia un aspetto “cool”.
Ma credo anche che con questi libri abbia cercato di spingermi a mostrare una maggiore varietà nei design. Qualcosa che rappresentasse più chiaramente il mondo in cui viviamo davvero. Ci dovrebbe essere ricchezza nella diversità dell’aspetto delle persone. È un tema su cui voglio ancora continuare a migliorare.
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Quali influenze artistiche o culturali ti hanno guidata nel plasmare l’aspetto visivo della serie? Ci sono fumettisti, animatori o illustratori che senti più vicini al tuo lavoro su Black Cloak?
Meredith McClaren
Per i riferimenti reali, mi sono ispirata molto alle città antiche, per mostrare l’età di Kiros e il passare del tempo su di essa. Ma ho guardato anche a città con una densità di popolazione enorme: Tokyo e Kowloon, luoghi dove le persone costruiscono letteralmente una sopra l’altra.
ARCANE è uscito proprio mentre iniziavamo BLACK CLOAK, e sia io che Kelly lo abbiamo trovato un grande punto di riferimento. Mi sono ispirata anche a DOGS di Shirow Miwa: ha una padronanza dell’architettura davvero straordinaria.
Ho guardato moltissimi fondali di animazioni. Lo Studio Ghibli, ovviamente, è emerso come fonte d’ispirazione.
Spaziogames
Il tuo tratto è lontano dal realismo classico del fantasy, e questo lo rende immediatamente riconoscibile. Perché hai scelto questo linguaggio visivo e cosa pensi aggiunga al tono della storia?
Meredith McClaren
Attento, rischi di darmi troppo credito.
Il mio linguaggio visivo deriva in parte dal mio amore per l’animazione 2D, dove un tratto semplice permette un’interpretazione più espressiva. Ma deriva anche, in parte, da una certa pigrizia. Se avessi più tempo, forse imparerei a essere più dettagliata. (ᵕ • ᴗ •)
Credo però di avere ragione a dire che la semplicità (nata dal mio amore per i cartoni animati e il cartooning) consenta un grado di esagerazione nelle forme e nelle espressioni che si è adattato molto bene al mio lavoro. Dà quel piccolo “slancio” in più.
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Kiros è una città che mescola elementi fantasy e sci-fi, magia e tecnologia. Quali sfide hai affrontato nel dare forma a un’ambientazione così ibrida?
Meredith McClaren
Come dicevo prima, una delle grandi ispirazioni di Kelly era BLADE RUNNER, e lì ho incontrato un ostacolo. Pur essendo un film fantastico… ricordo che gran parte fosse così scura da non permettermi quasi di vedere cosa stava accadendo. Ci ho messo un po’ a capire cosa chiedesse Kelly in termini estetici, e come creare un ambiente che risultasse cupo ma comunque leggibile per il pubblico.
Credo però che, per fortuna, io e Kelly siamo riuscite a bilanciarci alla perfezione. Lei più attratta dalla fantascienza, io più dal fantasy. Ci “tiravamo” a vicenda quando una di noi spingeva troppo in una direzione. Ma allo stesso tempo sapevamo bene cosa ci piaceva di ciascun genere.
Spaziogames
Com’è stato il processo di lavoro con Kelly Thompson? Quanto spazio avevi per proporre soluzioni visive o interpretazioni personali delle scene?
Meredith McClaren
Kelly mi ha dato troppa libertà. Tantissima. Credo mi abbia detto “no” una sola volta.
Lavorare con Kelly è un piacere, perché è come se ciascuna di noi facesse un regalo all’altra. Lei mi consegna le sceneggiature e io penso: “Questa è la cosa più bella di sempre”. E poi cerco di eguagliare quella gioia con le immagini, così che anche lei riceva un “regalo” in cambio. Alla fine diventiamo i momenti migliori delle giornate reciproche.
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Quali strumenti usi principalmente per creare le tue tavole (digitale, tradizionale o un mix)? Hai sperimentato tecniche particolari per Black Cloak?
Meredith McClaren
Ormai lavoro completamente in digitale. Prima disegnavo a matita e inchiostravo in tradizionale, ma alla fine mi ritrovavo con troppa carta in giro per casa. Dovevo smettere.
Credo che BLACK CLOAK mi abbia spinta a fare molte cose in modi nuovi. Come dicevo, ho dovuto capire come illuminare gli spazi scuri mantenendoli leggibili. Ma ho anche iniziato ad affrontare gli ambienti in maniera diversa, per renderli più vissuti, più disordinati. Ho iniziato a dipingere sfondi meno centrali all’attenzione proprio con BLACK CLOAK. E poi disegnare elementi tecnologici: come ho detto, la fantascienza non è il mio genere abituale, quindi la meccanizzazione è diventata qualcosa in cui ho dovuto migliorare per forza.
Ma è anche il motivo per cui ho accettato il progetto: costringermi a provare cose nuove.
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Guardando al percorso fatto finora, cosa pensi di aver imparato o affinato come artista lavorando a Black Cloak, e che porterai nei tuoi progetti futuri?
Meredith McClaren
Odio sembrare ripetitiva, ma direi sfondi e ambienti. Ho guadagnato moltissimo dal disegnare il mondo di BLACK CLOAK. Credo che tutto il mio lavoro ne abbia beneficiato, ma se dovessi scegliere una cosa sola, sarebbe questa.
Ah, e le ali da pipistrello. Il… subsurface scattering. Ho imparato a farlo ed è davvero divertente.