In una parola

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a cura di Fatum92

La guerra. La guerra non cambia mai. L’ipotesi di un conflitto nucleare così esteso da ridurre in macerie l’umanità è forse più vicina alla realtà di quanto si possa immaginare. Da un giorno all’altro, l’uomo tornerebbe allo stato brado, la vita nella sua accezione odierna scomparirebbe, perderebbe il suo significato, e lascerebbe il posto a un mondo governato dalla legge del più forte. Un mondo animale, dove la differenza tra uomo e bestia sarebbe pressoché nulla. In una parola: Sopravvivenza. In una parola: Fallout.

Come la vita Per trovare riparo dai continui bombardamenti, vennero creati dei bunker sotterranei: i cosiddetti Vault. Roccaforti sicure. Isole di normalità. Baluardi di speranza. Nascosti nel sottosuolo, al sicuro dagli orrori e dalla morte che regna sovrana in superficie, le persone vivono rinchiuse in gabbie dalle sbarre d’oro, inconsapevoli di quanto accade sopra le loro teste. Il ricordo del mondo prima della guerra è come una leggenda, un mito. Perché dal Vault 101 nessuno può entrare, né tantomeno uscire. Ed è proprio da qui che il viaggio del giocatore ha inizio. Non è la storia di un eroe, di un salvatore o di chissà quale personaggio. Fallout 3 racconta le gesta del giocatore: dalla sua nascita tra le fredde mura del Vault alla sua fuga in superficie alla ricerca del padre, fino alle sue scelte, le sue decisioni, i suoi incontri. La sua Storia. È un’avventura all’insegna della libertà. Come una metafora, l’abbandono del Vault 101, la gabbia al quale il genitore ha confinato il proprio pargolo, rappresenta il raggiungimento della maturazione e dell’indipendenza del giovane, a cui si spalanca un mondo di possibilità, irto di ostacoli e pericoli, di difficoltà da superare e affrontare. Vengono quindi a mancare le sicurezze fanciullesche, la protezione e l’autorità genitoriale, e si imbocca finalmente la propria personale strada, giusta o sbagliata che sia. È una rinascita. Quando la luce del Sole acceca per la prima volta il giocatore, quando davanti ai suoi occhi inizia a prendere forma una pianura grigia, sporca e piena di macerie e rottami, lo spettacolo è tanto catastrofico quanto ammagliante. Impensabilmente affascinante; e a prendere il sopravvento è lo stupore. Dispersi nel mezzo del niente, solo in ultima istanza fa capolino la “paura”, l’ansia della solitudine, del totale abbandono. Ma si impara a conviverci. E così ha inizio: il cammino della vita, la scoperta dell’io interiore. Si comincia, finalmente, a plasmare il proprio percorso.

JourneyÈ un viaggio. Un viaggio nella desolazione della Zona Contaminata della Capitale, Washington DC. Interi quartieri ridotti in macerie, macchie di asfalto sulla nuda terra, carcasse di automobili, rovine in ogni dove. Silenzio. L’unico rumore percepibile è il fruscio del vento, i propri passi sul terreno, il verso di qualche animale in lontananza. La sensazione di spaesamento e completa solitudine è indescrivibile tanto da chiedersi se, là fuori, ci sia ancora qualcuno nascosto da qualche parte. L’atmosfera di Fallout 3 è infatti fenomenale: una visione apocalittica ricreata alla perfezione, capace di suscitare emozioni tangibili, di trasportare in una realtà catastrofica con una credibilità ineguagliabile. Superata la lenta fase iniziale, il rodaggio e la metabolizzazione delle non immediate meccaniche di gameplay, si rimane assuefatti dall’universo creato da Bethesda. Si inizia letteralmente a viverlo, esplorarlo e si prende coscienza del lavoro mastodontico che si cela dietro la creazione di un’opera così massiccia. Ancora più vasta e imponente della stessa Zona Contaminata in cui è ambientata, quest’ultima non propriamente gigantesca, ma sufficiente per restituire l’impressione di un mondo sconfinato, che si perde a vista d’occhio. Le vedute di Fallout 3 sfoggiano una linea dell’orizzonte impressionante, in grado di regalare scorci paesaggistici estremamente efficaci, che inducono, di tanto in tanto, alla contemplazione e alla piacevole ammirazione. Come detto, infatti, l’impatto scenico, l’atmosfera, la ricostruzione di una realtà apocalittica credibile e viva, sfiorano un livello di cura maniacale. Difficile trovare di meglio. Se si fa quindi lo sforzo di passare sopra a una qualità tecnica altalenante, afflitta da qualche problema, la direzione artistica rapisce e incanta, relegando le magagnane strettamente tecniche nel dimenticatoio. Anche ludicamente, Fallout 3 non è certamente un titolo privo di sbavature, ma basta poco per dimenticarsi dei suoi limiti. Poco importa di un combat system un po’ farraginoso e macchinoso, poco contano le animazioni (facciali e non) scadenti, poco incidono difetti grafici di varia natura, perché l’immersione e il coinvolgimento toccano vette rare. Perché ciò che rimane è un’esperienza che lascia il segno, che si imprime nel profondo, che se vissuta con la giusta predisposizione risulterà, a dire poco, memorabile.

Paese che vai…Washington DC, o meglio, ciò che ne rimane, si dimostra ben presto più popolata di quanto non sembri inizialmente. Piccole comunità nascono tra la distruzione urbana, luoghi in cui le persone cercano di sopravvivere all’orrore. Fortificazioni pacifiche, in cui rifugiarsi, stringere alleanze e conoscere nuova gente. Ma, inevitabilmente, la maggior parte dei cittadini di questo neo mondo si dimostra un pericolo: sciacalli, predatori, schiavisti, c’è davvero il peggio che il genere umano possa offrire. Il giusto, lo sbagliato, divengono così concetti spesso relativi. La sopravvivenza è la priorità. Si uccide per poco cibo o qualche litro di acqua. Non può essere altrimenti: non esistono beni più preziosi. Tutto perde valore: la vita, i soldi, sostituiti da comuni tappi, la nuova valuta. Un po’ come osservato in The Last of Us, è prima di tutto l’uomo il “mostro”. Nonostante le radiazioni nucleari abbiano mutato la genetica umana e animale, partorendo esseri deformi e mostruosi, volenti o nolenti, è con le azioni delle persone che si deve fare i conti. Come quelle del giocatore, libero di fare le sue scelte, di comportarsi secondo le sue inclinazioni, secondo i suoi interessi. Buono, generoso, pronto ad aiutare il prossimo, oppure spietato, crudele, egoista. O, perché no, semplicemente neutrale. La scelta è del singolo individuo.Ed è questo che rende Fallout 3 un’opera immensa, non soltanto la vicenda principale, che si snoda in modo emozionante (concludendosi con un epilogo che tiene conto delle azioni compiute), ma soprattutto il forte senso di appartenenza. La ricercata rappresentazione di una società apocalittica, fatta di “classi sociali”, categorie, luoghi di riferimento, ideali, schieramenti. Al giocatore il compito di inserirsi come meglio crede in questo disegno ricco di sottotrame, eventi e situazioni che possono vincolare per decine e decine di ore senza concedersi mai interamente. Ogni playthrough è una nuova scoperta, un nuovo percorso.Sostanza, qualità e molta, molta quantità (scoprire ogni più minimo dettaglio è un’impresa titanica). E c’è tanto da dire, tanto da raccontare. Ma ogni storia è una storia a parte. Ognuno compie il suo viaggio, fa i suoi incontri, le sue peregrinazioni ed esplorazioni nella Zona di DC, le sue scelte, stringe i suoi legami. Sopravvive a modo suo. Videogioca a modo suo. E intanto, racconta la sua storia…

Fallout 3 è un’opera epocale, frutto di passione per l’arte videoludica e vessillo delle incredibili capacità espressive del media. Un’esperienza che invita a spegnere per un attimo la propria visione critica, sorvolando su trascurabili difetti ed evitando di pesare col bilancino ogni più minima imperfezione: Fallout 3 invita a cedersi, ad abbandonarsi totalmente alla sua realtà, a sottostare alle sue regole per immergersi nel suo mondo con ogni centimetro della mente. Una condizione che ripagherà il giocatore in toto: ogni cosa apparirà vera, si imparerà a vedere i personaggi che si incontrano lungo il cammino come qualcosa di più di semplici ammassi di poligoni: esseri umani con una vita e una precisa personalità. Quel mondo apocalittico ancorato alla cultura americana anni ’50 diverrà reale come raramente accade. Si imparerà ad apprezzare il grigio panorama, la contaminata luce del Sole, il silenzio della notte, le rovine che si stagliano all’orizzonte nascondendo chissà quali segreti. Si riuscirà quasi a sentire sulla propria pelle l’aria pesante che permea la Zona Contaminata della Capitale. Si vivrà come veri sopravvissuti, convivendo con il piacevole senso di solitudine.

È un viaggio capace di vagliare l’intero spettro emotivo, un cammino all’insegna della genuina esplorazione e della totale libertà. Una vita secondaria alla ricerca di sé stessi, un percorso che vale la pena di essere vissuto fino in fondo, che rimane impresso indelebilmente nella mente, che resta per sempre nel ricordo. Tuttora, una vera e propria esperienza totalizzante che continua con convinzione a dire e a dare tanto. E chissà ancora per quanto.

In una parola: Mastodontico.