Anteprima

Watch Dogs

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a cura di LoreSka

Una donna elegante, un cappotto costoso, un cappello di quelli con la tesa larga e una valigetta. Lo sguardo della telecamera indugia su questi dettagli, mentre questa figura femminile con passo deciso sale le scale di un edificio ed entra in una grande sala, piena di gente. Cammina, si fa largo zigzagando fra la folla. Sappiamo, o meglio, crediamo che la valigetta contenga qualcosa di importante. Ad un tratto, la signora si scontra con un uomo e la telecamera compie una brusca inversione, abbandonando lei e la sua valigia dei misteri per inseguire il nuovo protagonista della sua fame di sguardi. Lui indossa un impermeabile, un cappello e impugna uno smartphone. Lui è Aiden Pearce, e sta per rapinare una banca.
Il nostro eroe è nella lobby, intento ad osservare il luogo. La sua è un’osservazione filtrata dallo schermo del proprio cellulare, evidentemente in grado di individuare qualunque apparato elettronico presente nella sala. Ci sono telecamere e vari sistemi di sicurezza, che Aiden e una sua misteriosa guida sembrano intenti ad ignorare per portare a termine il colpo. Qualcosa, però, va storto e le guardie vengono messe in allerta. Sanno che c’è un nemico nella sala, ma non sanno chi sia. È questione di minuti, forse di secondi prima che Aiden venga scoperto, e lui lo sa, iniziando una rocambolesca fuga verso l’uscita. L’uomo fugge, ma la sua identità no. Ed è qui che inizia l’incubo di Aiden Pearce. Il suo nome finisce nelle mani di qualcuno di molto pericoloso, che intende punirlo per l’affronto assumendo un sicario, un certo Maurice. 
Qualche settimana dopo, Aiden sta viaggiando indisturbato nella sua auto. Lo affianca un uomo che spara alle sue gomme. L’auto sbanda, si schianta contro le pareti di un tunnel e si rovescia. L’incidente è terribile e Aiden non ne esce indenne. Il sicario non ha compiuto la missione di assassinare l’uomo, ma ha fatto di peggio: ha ucciso Lena, la nipotina di Aiden che viaggiava sul sedile posteriore.
Una storia di vendetta
Undici mesi dopo Aiden è un uomo a pezzi, ma assetato di vendetta. Trova Maurice in uno stadio di baseball e lo pesta a sangue, fino a fargli confessare qualche informazione sui mandanti dell’attentato, ricavando poche ma utili informazioni. Ne segue una fuga, architettata in maniera rocambolesca da Jordi Chin, cinico e folle collega asiatico di Aiden, uno dei personaggi ricorrenti di questa avventura che decide di mascherare l’accaduto trasformandolo in uno scontro fra gang. E, naturalmente, chiamando la polizia.
Watch Dogs inizia proprio qui, in questo stadio di baseball da cui dobbiamo fuggire mentre i tutori della legge invadono l’impianto sportivo. Qui facciamo conoscenza delle capacità di Aiden di sparare e, soprattutto, di interagire con tutto ciò che contiene un chip. Lo smartphone del protagonista, infatti, è un’arma potentissima nelle sue mani. Il cellulare è infatti illegalmente interfacciato con il CTos, la rete che controlla tutti i sistemi elettronici della città di Chicago, dai sistemi di sicurezza fino ai semafori, passando naturalmente per le informazioni riservate di ogni individuo della città, quali nome, età, professione ed eventuali segni particolari, tutti ottenuti grazie a un potente software di riconoscimento facciale.
Così, dopo avere messo fuori combattimento qualche rimasuglio dei complici di Maurice, ci ritroviamo ad accedere alle telecamere dello stadio per aprire delle porte e giungere in una saletta vip dove la polizia sta interrogando i presenti. Il nostro smartphone riesce a carpire le informazioni sui presenti: c’è qualche amministratore delegato con una relazione extraconiugale, una donna malata di cancro al seno, un giovane con uno stipendio modesto che, evidentemente, si è imbucato e tergiversa. E poi ci sono i poliziotti, anch’essi con le loro preoccupazioni e con i loro vizi. In quel momento ci rendiamo conto che Aiden ha in mano qualcosa di potente. Aiden Pearce è il Grande Fratello con la pistola.
Grazie all’aiuto del nostro misterioso aggancio, tale Badboy17, Aiden fa scattare un black out nello stadio. Segue una breve sezione stealth, che ci porta direttamente fuori dal complesso fino in strada, a mascherarci tra la folla che sorseggia una birra nelle strade notturne della metropoli.
Hackera, combatti, ragiona
In questo breve prologo, Watch Dogs ci ha mostrato gli aspetti fondamentali del gioco. Come prevedibile, il gioco ha al suo centro la meccanica dell’hacking, che si attiva in maniera semi-automatica ogni volta che ci si avvicina a un oggetto (o una persona) con cui interagire. Un’icona ci chiede di premere un tasto, e l’hacking viene portato a termine. Così, con un solo pulsante possiamo controllare i semafori, alzare i dissuasori stradali, fare scoppiare le tubature, vedere dall’occhio delle telecamere, causare dei sovraccarichi elettrici, ma anche intercettare le telefonate altrui e rubare del denaro dal loro conto corrente. Salvo alcuni rari casi, riservati ad alcune missioni secondarie o legati ai numerosi collezionabili presenti nel gioco, l’hacking non prevede mini-giochi o puzzle dal risolvere, come ad esempio avviene nelle sezioni analoghe di giochi quali Assassin’s Creed IV o Deus Ex: Human Revolution. Poiché si fa un uso continuo della meccanica dell’hacking, la scelta di non affidarlo a un minigioco si è rivelata provvidenziale: il ritmo non viene spezzato da continui minigiochi, e hackerare diventa immediatamente parte dell’esperienza di gioco, senza necessità di apprendimento da parte del giocatore.
La seconda meccanica fondamentale in Watch Dogs si riscontra nel combattimento. Salvo la sequenza iniziale, che si è aperta con un combattimento corpo a corpo, Aiden combatte con le armi in pugno. Il sistema di mira o, più in generale, lo shooting è stato realizzato in maniera egregia da Ubisoft: in una lunga sequenza nella quale ci siamo ritrovati intrappolati in un edificio accerchiato dai nemici, abbiamo potuto verificare la bontà del sistema di combattimento con le armi da fuoco, sensibilmente superiore a quello visto in altri giochi free-roaming usciti di recente. Al contempo, però, abbiamo immediatamente sentito la mancanza della possibilità di sparare dai veicoli in corsa. E questo ci porta al terzo aspetto fondamentale del gioco: la guida.
Che siano auto o motociclette, il sistema di guida non ci ha convinti pienamente nelle prime tre ore di gioco. Le auto sembrano particolarmente pesanti, e si ha difficoltà a controllarle nelle curve più strette. In breve, vi è meno immediatezza rispetto a giochi quali GTA V, e in generale è necessario imparare a conoscere la capacità sterzante del proprio veicolo prima di prendervi confidenza. Il senso di velocità, al contempo, non è particolarmente marcato. Chicago è una città che non offre la possibilità di correre a rotta di collo, ma al contempo nelle fughe con la polizia ci siamo ritrovati più volte a preferire il nascondiglio alla fuga. Gli sviluppatori, evidentemente, hanno scelto di sacrificare la velocità e l’uso delle armi da fuoco in auto per prediligere l’hacking, la nostra unica arma contro gli inseguitori (e le nostre prede). Così, per fermare un esercito di pattuglie della polizia possiamo creare un incidente stradale alle nostre spalle intervenendo su di un semaforo, mentre possiamo disarcionare un fuggitivo in moto facendogli esplodere un tombino sotto le ruote. Ogni interazione consuma almeno una tacca di batteria nel nostro smartphone, ed è dunque necessario attendere qualche istante prima di poter mettere in atto un secondo hacking. Il tempismo, dunque, è fondamentale e il giocatore è chiamato a ragionare prima di premere il pulsante, in modo tale da massimizzare gli effetti del proprio intervento.
L’evoluzione di Aiden Pearce
Tra una missione principale e l’altra, il gioco si apre in un profondo free-roaming che ci consente di svolgere svariate attività, che spaziano da lavoretti commissionati da alcuni NPC fino a eventi randomici, che intercettiamo con il nostro cellulare. Proprio questi eventi sono risultati particolarmente interessanti, in quanto mettono in luce la grande libertà concessa al giocatore.
Attraversando un quartiere residenziale ci siamo imbattuti in una richiesta di aiuto: una donna stava per essere aggredita da un malvivente in un vicolo. Abbiamo cercato di giungere alle spalle dell’uomo con un approccio stealth, per evitare che le nostre armi causassero l’intervento della polizia. La nostra scelta si è rivelata pessima: il rapinatore ha ucciso la donna, e si è lanciato in una fuga per le strade della città. Non abbiamo esitato un secondo nell’inseguire l’uomo e piantargli del piombo caldo nella nuca, ritrovandoci ad avere a che fare con la polizia, allertata dalle chiamate dei passanti. Da una semplice decisione sbagliata abbiamo causato un duplice omicidio e qualche ferito, finito sotto le ruote della nostra auto durante la fuga dagli uomini di legge. Ogni azione – giusta o sbagliata – ha delle conseguenze in Watch Dogs.
Le missioni secondarie e principali evolvono il nostro alter ego, che può spendere i propri punti esperienza in un albero delle abilità ramificato in tre skill: guida, combattimento e hacking, l’ultimo dei quali evidentemente più elaborato degli altri due. Vi è poi un sistema di crafting per la fabbricazione di esplosivi ed esche, provvidenziali nelle sezioni stealth del gioco in quanto consentono di distrarre i nemici. Infine, molte missioni secondarie consentono di attivare vari perk e di sbloccare armi e trofei, a completare un quadro sorprendentemente intricato del sistema di evoluzione del personaggio. La nostra prova è durata troppo poco per poter comprendere se e come gli stili di gioco saranno determinati (o determinanti) nella scelta delle abilità da evolvere, ma possiamo sin da subito affermare che il giocatore avrà per le mani una libertà davvero ampia.
Non solo hacking
Il nostro smartphone non è solo la chiave della meccanica centrale del gioco, ma anche il menù attraverso il quale possiamo accedere a tutte le funzionalità secondarie di Watch Dogs. Dal cellulare possiamo accedere a Car on Demand, un servizio di consegna istantanea delle auto, oltre ad altre funzionalità presumibilmente legate alle interazioni sociali di Aiden, su cui gli sviluppatori non si sono ancora sbilanciati. Non sappiamo, dunque, se il protagonista avrà una rete di conoscenze da mantenere attiva, né se ci saranno dei risvolti romantici. Di certo, il gioco ci riserverà alcuni retroscena del CTos, che svelano un progetto perverso, che va al di là della semplice sicurezza urbana.
Di certo, sappiamo che Aiden è dedito a dei “vizi” detti Digital Trips. Si tratta di droghe digitali che fanno compiere un viaggio immaginario al nostro alter ego e che, in termini di gameplay, danno luogo a minigiochi assurdi ma molto divertenti. Ad esempio, abbiamo preso il controllo di un gigantesco ragno meccanico che ci ha permesso di fare una strage di poliziotti entro un tempo limite, il tutto accompagnato da classifiche online.
La dimensione multiplayer, infine, completa il quadro. Vi sono parecchie modalità, tutte accomunate dal fatto che il giocatore può invadere la partita di un amico (e viceversa) in un qualsiasi momento. Se il giocatore accetta la sfida, può accadere una serie di eventi determinata dalla modalità di gioco scelta. Nel nostro caso ci siamo ritrovati ad avere a che fare con un hacker interpretato da un collega e mascherato fra la folla, che abbiamo tentato di smascherare in tre minuti, armati solo del nostro cellulare. Questo genere di sfide è risultato particolarmente intenso, ed è reso estremamente piacevole dal fatto che – quando si subisce un’invasione – la nostra partita non viene mai interrotta per accedere a una fantomatica modalità online, né viene interrotta alla conclusione dell’evento in rete.

Downgrade sì, downgrade no
Alla comparsa del nuovo trailer di gameplay di Watch Dogs, rilasciato lo scorso marzo, è rimbalzata in rete la notizia del presunto downgrade del gioco rispetto alla versione presentata all’E3 di due anni fa. In effetti, un confronto diretto tra il trailer e la versione del 2012 fornisce un risultato impietoso per la versione più recente, che mostra una qualità grafica certamente al di sotto delle aspettative.
Dopo avere trascorso tre ore parcheggiati di fronte a uno schermo su cui girava la versione Playstation 4 del gioco, possiamo affermare che il gioco è molto bello da un punto di vista puramente grafico. Non giriamo attorno alla questione e lo diciamo subito: non crediamo che il gioco abbia subito un downgrade grafico. Semmai, siamo convinti che Ubisoft abbia infelicemente scelto quanto di meglio il gioco avesse da offrire in termini grafici alla presentazione di due anni fa. In breve, vi è una marcata differenza grafica tra le sequenze diurne e notturne, a vantaggio di quest’ultime, specie se bagnate dalla pioggia. Di giorno, Watch Dogs è un titolo di ottima qualità ma certamente incapace di lasciare a bocca aperta: mancano gli effetti di luce e i riflessi che, al contrario, abbondano nelle sequenze notturne. Così, ci troviamo di fronte a un gioco che dà indubbiamente il meglio di sé durante la notte, dove si distanzia in maniera netta dal blasonato recente free roaming firmato Rockstar, a cui Watch Dogs è stato paragonato per sottolinearne la presunta pochezza grafica.
Al contempo, possiamo affermare che il gioco non è quel miracolo tecnico che ci saremmo aspettati qualche tempo fa, un aspetto che si nota principalmente nei dettagli. Ad esempio, soffermandoci di fronte alle numerose vetrine di downtown, abbiamo notato che i riflessi nei vetri sono posticci e costituiti da alcune texture standard che si ripetono in ogni edificio. O, ancora, le esplosioni e le nuvole di fumo si incastrano in maniera un po’ forzata con lo scenario, e sembrano costituite da sprite bidimensionali piuttosto che da effetti particellari. Infine, dobbiamo sottolineare che il gioco sembra girare a 30 fotogrammi al secondo, un aspetto particolarmente evidente nel momento in cui si confronta la versione PS4 con la versione PC, decisamente più fluida (ma afflitta da alcuni problemi di tearing).
Ciononostante, Chicago è una città più grande, più viva e più pulsante del previsto. Oltre ai già citati eventi random che rendono la città imprevedibile, alcune zone della città pullulano di passanti ed è possibile scorgere numerose persone intente a svolgere le più banali attività. In alcuni momenti si ha la sensazione di essere davvero “uno dei tanti”, uno degli aspetti per cui Ubisoft merita certamente un plauso. Per contro, abbiamo notato che la stragrande maggioranza degli edifici non è accessibile: un aspetto trascurabile nel caso degli anonimi palazzi di Chicago, ma certamente incomprensibile in alcuni edifici-chiave come la Willis Tower. Apprezzabile, infine, la possibilità di spostarsi con la metropolitana sopraelevata, il tutto con la possibilità di effettuare ulteriori hacking dei pendolari mentre attendiamo la nostra fermata.

Dobbiamo confessare che anche noi ci facemmo prendere dal panico quando vedemmo le nuove immagini di Watch Dogs. Anche noi, come milioni di altri esseri umani, ci ritrovammo a sotterrare il nostro hype di fronte a un progetto che sembrava avere perso la dimensione magica emersa al momento del suo annuncio. Sono bastate tre ore a Ubisoft per farci cambiare idea: Watch Dogs ci ha sorpresi in molti aspetti, divertendoci e ricavandosi nuovamente un posto nella lista dei most wanted di quest’anno. Crediamo che Watch Dogs abbia sufficienti assi nella manica per divertire a lungo, e abbiamo la netta sensazione che il titolo verrà ben accolto al suo lancio. Di certo, questa esperienza ci ha insegnato ad andare al di là delle apparenze. E, al contempo, che l’hype è davvero una brutta bestia.

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