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The Order 1886

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 22/02/2014 alle 00:00
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Londra – È una bella giornata oggi. Splende il sole, fa relativamente caldo e si respira un’aria buona. Tre elementi che a inizio febbraio sono piuttosto rari nella capitale britannica. La sede di Sony si trova di fronte a Carnaby Street, e quella che vediamo attorno a noi è la Londra radical chic, quella dei ristorantini etnici, dei negozi di moda e degli alberghi di lusso. Avvolti in questa bambagia, non potevamo certo immaginare che l’impatto con la Londra raccontata da The Order 1886 potesse essere così devastante. Perchè in questo gioco firmato Ready at Dawn, Londra è inumidita dal vapore e corrotta dalla violenza.
Tempi bui
Non ci vuole molto a capire che il fulcro di The Order 1886 ruota attorno a una storia piuttosto originale. Il mondo è abitato da due razze: la pura razza umana e una razza ibrida, costituita da umani mutati in mostri. Questi convivono sul pianeta da secoli, e dai tempi di Re Artù sono in conflitto reciproco. Gli umani hanno costituito un ordine di cavalieri il cui unico compito consiste nel difendere l’umanità da questi mostri, ed è proprio qui che entriamo in gioco noi, quali membri dell’ordine e cacciatori delle forze oscure.
Come suggerisce il titolo, l’avventura è ambientata alle soglie del Novecento, in un mondo che ha subito uno sviluppo tecnologico alternativo rispetto a quello reale. Sarebbe un torto ridurre il tutto con il termine “steampunk”. In effetti vi sono molti elementi che ricordano questo particolare sottogenere narrativo e stilistico, ma la questione è più complessa. Oltre alle macchine a vapore, il gioco fa volutamente uso di discronie tecnologiche per descrivere la realtà narrata. In altre parole, il gioco fa costantemente riferimento a elementi che il mondo non conobbe fino ai primi decenni del secolo scorso, riportati indietro all’anno 1886 per ragioni puramente narrative: la gente si sposta nei dirigibili, usa dispositivi di comunicazione via radio e usa armi che il mondo non ha ancora conosciuto. Ma, allo stesso modo, fa costantemente riferimento a elementi storici medievali, e si basa sui miti e sulle leggende dell’epopea britannica.
Vi è però una rilevante profondità in questa vicenda, che va ben al di là della banale lotta tra l’uomo e la bestia. Il mondo ha infatti iniziato a stratificarsi in classi sociali, che hanno portato alla netta suddivisione tra chi si trova ai vertici della società, e chi ai suoi margini. Così, oltre alla minaccia delle bestie, l’Ordine si trova immerso in un mondo il cui malcontento sembra covare dei pericoli ben più grossi. Non è un caso, dunque, che la nostra avventura inizi proprio nel bulbo del termometro sociale di Londra, il quartiere di Whitechapel, noto al mondo per le vicende di Jack Lo Squartatore e per essere stato uno dei bassifondi più pericolosi del pianeta per quasi mezzo secolo.
Veniamo introdotti a due dei quattro personaggi di questa avventura, sir Galahad e Lafayette, il primo evidentemente ispirato a uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, il secondo all’omonimo generale francese della Rivoluzione. La loro missione consiste nell’entrare nel quartiere di Whitechapel e portare a termine un’indagine tra le case diroccate e le sudicie vie della zona.
Alla ricerca dell’interattività perduta
In un gioco che deve tanto alla narrazione, era inevitabile il ricorso al momento massimo di espressione narrativa in un videogioco: la cutscene. Come dichiarato dagli stessi Ready at Dawn, il gioco è costituito da sezioni intermezzate tra loro da filmati o sequenze scriptate. Poiché la cutscene incarna anche il momento in cui il gameplay si sospende per fare spazio alla narrazione, gli sviluppatori hanno cercato di tenere alta l’attenzione del giocatore tramite il continuo ricorso ad azioni attive. Così, già nelle prime sequenze di gioco ci ritroviamo ad osservare Londra attraverso un cannocchiale, mentre in una sezione di combattimento siamo chiamati a compiere delle azioni tramite gli amati/odiati QTE. In un altro caso, ci è stato chiesto di comunicare con il codice morse, picchiettandolo sul touch pad di PS4. Per quanto gli sviluppatori cercassero di venderci le loro idee come risolutive del problema indotto dalla mancata interattività delle sequenze filmate, le soluzioni mostrate ci sono parse piuttosto banalotte, per quanto funzionali allo scopo.
Ben diverso è il discorso dei combattimenti. Qui The Order 1886 si rivela per quello che è: uno sparatutto in terza persona con sistema di cover system in stile Gears of War. Purtroppo la sequenza di combattimento mostrata dagli sviluppatori durava pochi minuti, e non abbiamo visto che una manciata di scontri a fuoco. La prima impressione, come detto, è quella di un gioco piuttosto standard dal punto di vista del gameplay. Ma, allo stesso tempo, abbiamo notato una ruota delle armi che mostrava anche alcuni oggetti e armi speciali, oltre ai consueti fucili. Ci siamo interrogati sull’uso di tali elementi, ma gli sviluppatori non hanno voluto spiegarcene la funzione. Potremmo sbagliarci, dunque, e il gioco potrebbe davvero offrire alcuni spunti originali. Ma nei quindici minuti di gameplay che i Ready at Dawn hanno voluto dedicarci non siamo stati in grado di comprendere se la reale natura di The Order 1886 vada al di là di quella di un normale TPS.
A bocca aperta
Se sul piano del gameplay il nostro incontro con The Order 1886 ci ha lasciato qualche perplessità, sul piano tecnico ci ha sbalorditi. Lo abbiamo detto in faccia e Ru Weerasuriya e lo ripetiamo anche qui: The Order 1886, dal punto di vista grafico, è il primo vero gioco next gen ad approdare su PS4. La grafica è così dettagliata e immersiva che quasi non si percepisce il passaggio dalla cutscene alla sequenza di gameplay. Le animazioni facciali, il movimento dei personaggi dentro e fuori la copertura sono fluidi e realistici. Si percepisce un certo “peso” dei modelli, e in generale si ha la sensazione che il personaggio sia vivo all’interno del luogo in cui si muove, e che regisca all’ambiente. Si è svolto un accurato lavoro di full motion capturing per la realizzazione del gioco, che ha spinto gli attori a recitare le proprie parti anche fisicamente, oltre che con il consueto lavoro di doppiaggio.
Gli effetti di illuminazione sono semplicemente straordinari. Gli sivluppatori si sono presi il loro tempo per mostrarci alcune aree in cui i raggi del sole penetravano da alcune ferritoie, e la resa era a dir poco verosimile.
Si è inoltre compiuto un buon lavoro di fotografia, con una telecamera che cerca di ricreare gli effetti ottici di un reale obiettivo. Così, vi è un continuo cambiamento di messa a fuoco durante l’osservazione e nelle fasi di mira, che non ci è parso per nulla artificioso e capace di contrappuntare la resa grafica complessiva del prodotto.
Poco importa se, come dichiarato qualche giorno fa, il gioco non girerà a 60 fotogrammi al secondo: nel complesso The Order 1886 è un titolo sorprendente dal punto di vista visivo. Nel mare di bug e di rallentamenti di questa versione – evidentemente ancora in sviluppo – abbiamo potuto scorgere un potenziale innegabile.

– Grafica spettacolare

– Cura nella narrazione

– Ambientazione affascinante e ben delineata

The Order 1886, probabilmente, farà discutere. A Londra siamo rimasti in parte delusi da un gameplay che non presenta nulla di innovativo, e che fa uso di meccaniche già abusate per creare l’interattività laddove non ce ne sarebbe il bisogno. Allo stesso modo, da un punto di vista prettamente grafico il gioco ci ha mostrato qualcosa di mai visto su Playstation 4, con ambienti, animazioni, effetti che ci hanno fatto sgranare gli occhi a più riprese. Di certo la next gen non è solo costituita da fuochi d’artificio grafici, e ci vorrà un bel po’ di sostanza – oltre che di apparenza – per farci gridare al miracolo. Dunque, per il momento, non ci resta che tenere le dita incrociate e sperare che lo sviluppo proceda nella direzione corretta. Che non è necessariamente quella della grafica roboante.

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