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Payday 2

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 24/07/2013 alle 00:00
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“Sarà uno sparatutto abbastanza diretto, un lavoro di routine” si diceva pochi minuti prima di entrare all’evento dedicato a Payday 2 a Milano. Ma tutto, a partire dalle maschere da pagliaccio distribuite ai presenti fino alla quantità di parolacce che si udiva nella sala durante i primi minuti di gioco, ci ha immediatamente fatto capire che questo non sarebbe stato un lavoretto da poco. Nossignore: Payday 2 è un grosso passo in avanti rispetto al precedente titolo, una vera sorpresa firmata Overkill e uscita nel 2011.
Se Payday: The Heist si avvicinava in maniera abbastanza evidente al concetto di “sparatutto abbastanza diretto”, Payday 2 si potrebbe tranquillamente classificare sotto la voce “simulatore di rapina”. Perché l’obiettivo di Overkill, questa volta, è stato quello di creare – o, meglio, di ricreare – il crocevia di emozioni che si svolge nel corso di un grosso colpo in banca. E, al contempo, si è deciso di concedere al giocatore la possibilità di scegliere il diverso tipo di approccio, con conseguenze abbastanza prevedibili ma non per questo poco interessanti.
Su la maschera
Lo scopo del gioco è presto detto: occorre portare a termine 30 colpi. Per farlo, però, la strategia “entra e fai fuori tutti”, come prevederebbero i canoni dei FPS, non è sempre valida. Il gioco vede infatti quattro rapinatori alle prese con un numero sempre maggiore di poliziotti: eccezion fatta per le poche unità di guardia presenti nei vari luoghi dove si svolgono le rapine, infatti, al primo allarme nel luogo sotto attacco arriverà un’intera guarnigione di servitori della legge, tra poliziotti, S.W.A.T. e squadre speciali. Quella che nasce come una rapina in una banca, dunque, potrebbe ben presto trasformarsi in un assedio, in cui noi giocatori ricopriamo l’incomodo ruolo degli assediati.
La missione affidataci prevedeva un colpo abbastanza lineare: recuperare un grosso trapano automatico, entrare in banca, raggiungere il caveau, aprirlo e fuggire col bottino. Raggiunto il luogo, iniziamo a perlustrare la zona alla ricerca del pickup dei nostri complici, che nasconde il trapano in un grosso borsone. Una volta recuperato l’apparecchio infernale, ci avviciniamo a uno degli ingressi secondari. Sfortunatamente, però, il nostro compagno – deciso ad affrontare la situazione di petto – aveva già estratto un mitragliatore. L’allarme è scattato, e ben presto tutto si è trasformato in un inferno. Ci siamo ritrovati letteralmente sommersi di poliziotti, e dopo alcuni minuti di sparatoria per le strade siamo stati uccisi senza nemmeno piazzare il trapano. Una vera vergogna.
Al secondo tentativo (e dopo aver guardato in cagnesco il nostro compagno) abbiamo tentato di avvicinarci in maniera più discreta. Disgraziatamente, anche questa volta le cose non sono andate come volevamo: il solito compagno ha indossato la maschera della rapina di fronte a una camera di sorveglianza, mettendo in allerta le guardie e scatenando – per la seconda volta – una pioggia di piombo indesiderata.
Al terzo tentativo, approfittando della pausa pranzo del nostro compagno iperattivo, siamo riusciti ad arrivare in banca senza farci beccare. Il nuovo compagno, infatti, è riuscito a legare qualche ostaggio prima di irrompere nell’edificio. Alla fine, inevitabilmente, è scattato l’allarme, ma questa volta avevamo già piazzato il trapano e isolato il perimetro con mine esplosive. Ciononostante, sulla nostra posizione sono piovute decine e decine di poliziotti. Nonostante la presenza di qualche ostaggio abbia evitato l’irruzione, siamo stati costretti a eliminare qualche decina di cattivi (pardon, di buoni), tenendo continuamente sotto controllo il trapano, che aveva un’insolita tendenza a bloccarsi nel bel mezzo dello scassinamento. Recuperato il bottino, abbiamo iniziato una fuga rocambolesca, rallentati dal peso del denaro che piegava la nostra spalla e ci costringeva a guardare il mondo da un’insolita e originale prospettiva inclinata (se ve lo steste chiedendo, è esattamente quello che ci aspetteremmo di trovare in uno sparatutto con protagonista l’ispettore Catiponda). All’uscita dalla banca, le cose erano persino peggio: il furgone per la fuga si trovava appena al di là della strada, ma eravamo sotto il tiro di 3 cecchini, con le squadre speciali corazzate provenienti da ogni angolo della strada. Con un po’ di fuoco di copertura e un fumogeno, abbiamo raggiunto il palo e completato la missione. Ci siamo tolti le cuffie, ci siamo fatti i complimenti e, in quel momento, ci ha raggiunti il game director David Goldfarb, per comunicarci che – nella sessione di oggi – eravamo stati gli unici a completare la missione.
Anche in stealth
La nostra gloria è durata poco: quando credevamo di essere diventati dei giocatori professionisti, Goldfarb ci ha comunicato che la vera difficoltà consiste nel superare il livello in maniera completamente stealth. Perché Payday 2, a differenza del suo predecessore, permette di effettuare ogni colpo senza sparare un singolo proiettile. Ovvero: è possibile trasformare questo FPS cooperativo in un gioco alla “mission impossible”. Ma, esattamente come il celebre film di Brian De Palma, la missione è davvero impossibile.
In versione stealth Payday 2 è un gioco tremendamente difficile. Occorre conoscere alla perfezione ogni angolo delle varie mappe, ogni telecamera di sorveglianza, il movimento delle guardie e persino il movimento dei clienti. Occorre una coordinazione perfetta trai quattro componenti del gruppo, ed è necessario procedere per gradi, verosimilmente occupandosi di ogni singolo problema – sia esso una porta chiusa o una guardia armata.
Gli sviluppatori ci hanno fatto rabbrividire quando ci hanno spiegato quanto i membri del team abbiano impiegato per completare il gioco in stealth: gli stessi designer del gioco che, verosimilmente, conoscono gli ambienti a memoria, hanno impiegato una quarantina di ore. Il gioco, così, diventa un possibile must-have per i giocatori amanti delle vere sfide, e siamo certi che il web ben presto pullulerà di video tutorial dedicati all’approccio stealth di ogni singola missione del gioco.
Una rapina personalizzata
Alla conclusione di ogni rapina è possibile accedere a un mini-gioco in cui si scegli una carta. Ognuna di queste carte affida un’abilità unica al personaggio, ma con l’esperienza ottenuta si possono migliorare anche quattro diversi alberi degli abilità, dedicati alle quattro “classi” presenti nel gioco (una classe d’assalto, una stealth, una tecnica e una pesante).
Il giocatore non è obbligato a scegliere una classe per il proprio personaggio, ma può liberamente evolvere le diverse abilità in ciascuno degli skill trees plasmando il protagonista che più gli sovviene. L’idea, sulla carta, sembra buona anche se è presto per poter dire se funzionerà come promesso da Overkill.
Il denaro acquisito dalle rapine, infine, può essere speso per personalizzare l’aspetto dei propri personaggi, acquisendo nuovi abiti, accessori per le proprie armi e – soprattutto – nuove maschere (alcune rare e molto costose) che tuttavia non hanno alcun effetto sulle abilità del protagonista.

Nato come titolo per le piattaforme di distribuzione digitale e trasformato in un gioco retail, Payday 2 ha certamente alcuni aspetti interessanti che meritano di essere approfonditi. Il sistema di classi e di evoluzione del personaggio sembrano solidi, e la possibilità di svolgere le missioni in stealth è certamente allettante. Il comparto tecnico ci ha lasciato qualche dubbio, e l’intelligenza artificiale è visibilmente poco incisiva, specie per quanto concerne gli eventuali alleati controllati dalla CPU. Perché per giocare a Payday 2 vi servono tre amici. In caso contrario, le cose potrebbero diventare presto molto frustranti.

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