Londra – Non è passato molto tempo dall’ultima occasione che abbiamo avuto per portarvi nella Los Angeles Noire di Rockstar: una nuova visita presso gli studi londinesi dello sviluppatore statunitense ci ha finalmente permesso di mettere le mani sul pad e partecipare a qualche indagine in compagnia del protagonista Cole Phelps, illuminante quanto alle peculiari caratteristiche dell’innovativo gameplay investigativo. Per tutti i dettagli sul background del titolo vi consigliamo invece di recuperare la precedente anteprima.
Uno studio in rossoSin dai menu di gioco, visionati per la prima volta durante quest’ultima sessione di prova, è evidente come L.A. Noire punti da subito a colpire il giocatore/spettatore con uno stile al tempo stesso elegante ed asciutto, che pesca a piene mani dai classici cinematografici cui si ispira. Le scritte proiettate in bianconero su una parete, i casi da affrontare raccolti sull’ordinata scrivania del detective Phelps: tutto appare appropriato al contesto, immerge efficacemente il giocatore nell’atmosfera dell’epoca. Come già accennato in precedenza, la lunga campagna abbraccerà molti anni della carriera del protagonista, che tornato nella Città degli Angeli dopo una dura esperienza nei campi della Seconda Guerra Mondiale, metterà la sua ambizione al servizio del prestigioso dipartimento di polizia della metropoli americana. Una decisione destinata a cambiargli profondamente la vita, a farne un eroe “diverso”, lontano dai clamori dei campi di battaglia, costretto finanche a sporcarsi le mani con uno dei casi più famosi dell’epoca, quello della Black Dahlia. Proprio stralci di quest’ultima complessa vicenda (per chi non lo sapesse, ispirata a fatti veri: Elizabeth Short) faranno da fil rouge dell’arco narrativo. Per quanto i casi da affrontare in sequenza possano apparire in principio del tutto slegati, ben presto i pezzi del puzzle andranno infatti a comporsi in un quadro ben più ampio.Con L.A. Noire, i ragazzi di Rockstar hanno scelto di abbandonare le proprie radici, rinunciando in buona parte all’elemento free roaming che da sempre caratterizza i loro più grandi successi: seguendo da vicino la carriera del detective Phelps, il giocatore si troverà piuttosto ad affrontare una lunga sequenza lineare di casi da risolvere, divisi in Dipartimenti. Si comincerà dalla pattuglia per le strade, per poi continuare con il Traffico e la Omicidi, sino ad arrivare negli uffici del Procuratore Distrettuale. Ogni indagine avrà il suo principio e la sua conclusione negli uffici della LAPD, per poi lasciare spazio ad un breve fade to black ed all’inizio del successivo caso. Una struttura chiaramente estranea agli stilemi tipici di Rockstar, eppure indispensabile per narrare una storia complessa ed articolata – troppo, per concedersi a dispersive divagazioni. Un pizzico di libera esplorazione è rimasto, possibile grazie all’enorme mappa aperta di Los Angeles, dove sarà possibile guidare liberamente nel corso dei casi, eppure si tratta più di contestualizzazione (peraltro certosina) che di vero e proprio elemento trascinante del gameplay.
La sottile arte della deduzioneL.A. Noire è prima di tutto un gioco investigativo: l’apertura di ogni nuovo caso richiederà una serie di specifici passaggi per giungere all’imputazione ed all’eventuale cattura del/dei responsabili, il tutto naturalmente ispirato alle vere procedure impiegate dalla polizia statunitense dell’epoca, così come i singoli casi, spesso e volentieri dirette citazioni di vicende realmente accadute. Ogni nuovo incarico comincerà con un briefing alla centrale, occasione ottima per fare la conoscenza con il capo della polizia Gordon Leary: un tipo sbrigativo, che vorrebbe chiudere ogni brutta storia in fretta e con efficienza, possibilmente “prima dell’ora di pranzo”. Inutile dire come questa filosofia ed il rigore militare di Phelps non mancheranno di scontrarsi. Interessante è anche il rapporto del protagonista con i colleghi, i quali intrecceranno con lui una relazione professionale fatta di (immancabili) dialoghi in macchina e di un vero e proprio aiuto sul campo. Una volta giunti sulla scena del crimine, pad alla mano, si comincerà la fase di sopralluogo e di raccolta di indizi: tramite controlli tradizionali ed una visuale in terza persona sarà possibile aggirarsi liberamente sul luogo del delitto, cercando di fare attenzione ai dettagli sparsi sul territorio. Oltre a basarsi sul proprio istinto da detective, il giocatore potrà appoggiarsi su una serie di aiuti esterni ispirati agli stilemi delle avventure grafiche: ogniqualvolta Phelps passerà accanto ad un indizio determinante, la sua testa si girerà in direzione del punto in cui si trova, e un sottile jingle di piano farà capolino dall’impianto audio, confermando la presenta di un soft spot dove indagare. La pressione del tasto X (nella versione Playstation 3 da noi testata) in prossimità di quest’ultimo vedrà il detective raccogliere l’oggetto, azione sottolineata da un deciso zoom della telecamera: ruotando la mano del protagonista tramite l’analogico sinistro sarà possibile osservare attentamente l’oggetto, sino all’individuazione di qualche caratteristica interessante al caso. Qualora fossimo fortunati, e si trattasse di un dettaglio determinante, esso andrà ad aggiungersi automaticamente al Taccuino, indispensabile archivio dove si raccolgono tutti i dettagli del caso in corso. Per quanto i primi minuti di indagine possano spaesare il giocatore a causa dell’inedita formula di gameplay, i ragazzi di Rockstar si sono impegnati per rendere l’approccio il più morbido possibile, implementando una serie di eleganti aiuti: oltre alle già citate note di piano, anche il sottofondo musicale sarà indicativo dell’andamento dell’indagine, interrompendosi del tutto quando una scena è stata spogliata di tutti i possibili indizi.
So quando mentiLa raccolta diretta degli indizi porta naturalmente all’isolamento di un certo numero di sospetti, accompagnando il giocatore ad una fase completamente nuova dell’indagine: gli interrogatori. Questi ultimi si svolgeranno secondo la formula del “botta e risposta” tipica dei giochi di ruolo occidentali: una volta ascoltato il testimone o l’imputato avremo a disposizione tre possibilità: credergli, forzarlo a dire la verità, oppure accusarlo di qualcosa. Decidere quale di queste scelte operare sarà possibile grazie innanzitutto agli indizi raccolti, spesso indicativi in questo senso, e secondariamente in seguito all’osservazione diretta delle reazioni dell’interlocutore, straordinariamente riprodotte sul suo volto grazie al MotionScan. L’innovativa tecnica di motion capture ha permesso ai ragazzi del Team Bondi e di Rockstar di esportare digitalmente le performance di un ricco cast di attori in carne ed ossa, cogliendone ogni minima inflessione senza la necessità di ulteriore lavoro d’animazione. Un orpello tecnico le cui funzionalità vanno ben oltre il vezzo estetico: il guizzo di un muscolo all’angolo della bocca, un’occhiata nervosa in basso a sinistra o le pupille dilatate saranno spesso indicatori di quanto una persona sia sincera con noi. Per contro, una conduzione errata degli interrogatori porterà i teste a chiudersi via via sempre di più, arrivando eventualmente al definitivo rifiuto ed alla conseguente necessità di trovare un’altra strada per arrivare alla verità. E’ infatti importante sottolineare come ogni caso, anche il più semplice, possa essere risolto in diversi modi, i quali aumentano in maniera direttamente proporzionale alla complessità dell’intreccio.
Quando le parole non bastano piùPer quanto rivelare i dettagli delle missioni provate durante l’hands on sarebbe un vero peccato, il più importante dettaglio emerso è relativo alla grande varietà messa sul piatto dai ragazzi di Rockstar: oltre alla raccolta degli indizi ed agli interrogatori, capiterà spesso e volentieri di prendere parte a violente scazzottate (le quali vengono gestite tramite controlli molto intuitivi e da una classica meccanica di parata e contromossa) o, seppure più di rado, a sparatorie (caratterizzate da uno stile pop and shoot che ci ha ricordato il recente Mafia II), senza contare le fasi di guida (libere e talvolta utili per scoprire luoghi segreti della città) e diversi colpi di scena (come chiamate per l’immediato ritorno alla centrale, le quali arrivano nel caso emergano nuovi dettagli in corso d’indagine). Per quanto dunque il cuore di L.A. Noire batta al ritmo dei migliori legal thriller, le possibilità per svagarsi non mancheranno. Non sono state dimenticate neanche le missioni secondarie (chiamate Dispatch Call), le quali arriveranno talvolta durante un caso chiedendoci di risolvere velocemente piccole emergenze in giro per la città; oltre a rivelarsi un ottimo diversivo rispetto al tradizionale incedere, queste ultime permetteranno di accumulare il proprio Rank, ovvero il grado all’interno del Dipartimento. A sua volta, il Rank darà accesso ad un certo numero di Intuition Point, i quali potranno essere spesi in tre differenti modi nel corso di un’indagine nel caso ci si trovi ad un vicolo cieco: a propria discrezione, il giocatore potrà decidere di impiegare un punto per vedere “in chiaro” tutti gli indizi presenti su una scena del crimine, togliere una risposta “sbagliata” al successivo interrogatorio, oppure vedere le percentuali di risposta ad una domanda secondo le statistiche registrate dal Social Club, il quale terrà sempre traccia di tutte le statistiche dei giocatori collegati.
– Fasi investigative molto ben orchestrate
– Motion capture eccezionale
– Gameplay originale
La prova diretta di L.A. Noire ha confermato le ottime impressioni ricavate dalla precedente presentazione: il gameplay messo in piedi da Rockstar e Team Bondi si è rivelato efficace, originale ed affascinante, ma soprattutto ricco di sfaccettature. Navigare tra gli indizi, interrogare i sospetti e darsi occasionalmente a qualche scazzottata o scontro a fuoco sono tutte azioni riprodotte con estrema naturalezza in una formula di gioco curata, attenta al dettaglio e rifinita con la consueta cura certosina. Resta indubbiamente da verificare quanto effettivamente l’elemento investigativo ed il libero arbitrio del giocatore avranno peso nel prodotto finito: al momento, la sensazione è che talvolta una raccolta attenta degli indizi sia più che sufficiente per arrivare alle risposte, ma occorrerà un’approfondita prova dei casi più complessi per ulteriori considerazioni. Nel complesso, le speranze per un titolo originale e molto rifinito ci sono tutte, senza contare il grandissimo carisma offerto dal setting e dalle straordinarie performance degli attori. Le occasioni per tornare a L.A. non mancheranno certo, rimanete con noi per tutti gli aggiornamenti.