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Pro
- Level design stellare.
- Incredibile livello di distruttibilità e personalizzazione dell'esperienza di gioco.
- Un sacco di segreti nascosti nelle mappe.
- Cooperativa locale divertentissima.
- Animazioni di un altro livello rispetto al recente passato.
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Contro
- Davvero troppo semplice.
- Respawn dei nemici a tratti eccessivo.
Il Verdetto di SpazioGames
Di qui si può ripartire per offrire all'utenza Switch 2 esperienze di gioco semplicemente impossibili sulla precedente macchina Nintendo, e di questo passo Donkey Kong affiancherà Mario come mascotte primaria della casa di Kyoto.
Informazioni sul prodotto

- Sviluppatore: Nintendo EPD
- Produttore: Nintendo
- Distributore: Nintendo
- Testato su: SWITCH2
- Piattaforme: SWITCH2
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 17 luglio 2025
Dopo un lancio fulminante, che ha permesso alla nuova console Nintendo di bruciare tutti i record di velocità durante i primi giorni sul mercato, Switch 2 entra nella seconda, delicata fase del suo ciclo vitale, quella in cui è necessario cementarsi tra il grande pubblico con titoli di peso, che caratterizzino la macchina e la distinguano con forza dalla concorrenza.
Donkey Kong Bananza rappresenta l'esclusiva di maggior peso dopo Mario Kart World, e porta sulle spalle la responsabilità, non indifferente, di offrire agli appassionati Nintendo qualcos'altro di nuovo da giocare.
Dopo averlo provato in diversi momenti, abbiamo finalmente avuto a nostra disposizione il codice finale, e dopo aver distrutto tutte ciò che era possibile distruggere in vostra vece, siamo pronti a dirvi tutto dell'ultima avventura di Donkey Kong e Pauline.
Ripetere gli stessi errori
Dopo Donkey Kong Country Returns (che trovate su Amazon) ed il successivo Tropical Freeze, per non parlare della trilogia originale targata Super Nintendo, pensavamo che fosse chiaro che togliere le banane da sotto il naso di un membro della famiglia Kong, ed in particolare a Donkey, non fosse esattamente una buona idea.
Eppure, nonostante questo, la VoidCo., tipica multinazionale malefica guidata solamente dal profitto ed incline allo sfruttamento continuo delle risorse naturali, pensa bene di far piombare Lingottisola nelle profondità della Terra, verso il centro del nucleo terrestre.
Non che a Donkey Kong interessi poi tanto ostacolare i piani di una malefica società per azioni, beninteso, se non fosse che Lingottisola è il posto che lo scimmione chiama "casa" e che, tra i piani del consiglio di amministrazione dell'azienda (formato, per la cronaca da tre scimmie con tanto di quote rosa), ci sia anche quello di sfruttare tutte le banane come forma di energia.
Questo vorrebbe dire, per Donkey Kong, vedere esaurito la sua principale fonte di sostentamento nel giro di breve tempo e no, questo non è accettabile.
Così, senza pensarci su due volte, il nostro si incarica di capire cosa sta succedendo, e, sulla sua strada, incontra un curioso essere apparentemente fatto di un minerale impossibile da frantumare a pugni, che si rivelerà essere, come anticipato dai numerosi trailer per-lancio, nientemeno che Pauline.
Da lì, la trama dell'ultima fatica Nintendo prende di minuto in minuto sempre di più le sembianze di una rivisitazione in salsa comica del duo in stile "la bella e la bestia" visto in tanti film di King Kong.
Come spesso accaduto, la narrativa dietro Bananza non è che un simpatico pretesto per dare il via alla distruzione più totale, ma non mancheranno momenti di ilarità e scenette slapstick che ruberanno un sorriso anche ai più stagionati.
Distruggere tutto ma in sicurezza
Le basi dei controlli e del gameplay sono, com'è pluriennale prerogativa per i titoli Nintendo, le più semplici possibili: con un tasto si tirano pungi in avanti, con uno verso il basso e con uno verso l'alto, laddove l'altro tasto frontale è delegato al salto.
Con minime eccezioni, legate peraltro a motivazioni narrative, qualsiasi cosa il giocatore vede può essere distrutta dai potenti pugni di Donkey Kong: è possibile trovare strade alternative, scavarsi manualmente la propria via fino al prossimo obiettivo sulla mappa o demolire gli ostacoli presenti senza discostarsi minimamente dal percorso tracciato.
Ed è proprio qui che sta la vittoria più brillante di Donkey Kong Bananza: il level design non solo non risente minimamente della possibilità che il giocatore lo stravolga, ma anzi se ne arricchisce, creando risultati imprevedibili che sono figli tanto del talento del team di sviluppo, impeccabile da questo punto di vista, quanto dell'ingegno e della fantasia del giocatore, che diventa coprotagonista nella creazione e nella (de)formazione degli stage.
Il risultato finale è una cornucopia di possibilità differenti per il giocatore, il quale, indipendentemente dal suo livello di abilità, viene costantemente spinto a trovare la propria strada e a risolvere in maniera creativa gli ostacoli che gli sviluppatori gli hanno posto dinanzi: se non siamo ai livelli stellari di Super Mario Odyssey (che, non a caso, proviene dal medesimo team di sviluppo in seno a Nintendo, EPD 8), pochissimo ci manca.
Ogni sottolivello si configura come uno stage a mondo aperto completamente indipendente, un piccolo diorama animato, nel quale continuano sia a valere le regole fin lì apprese (le trasformazioni, il modus operandi per farsi strada nei livelli, come disfarsi dei nemici eccetera) sia ne vengono introdotte di nuove, spesso specifiche solo per quello stage o per tutti quelli ad esso direttamente collegati.
Questa scelta di game design mantiene sempre fresca l'esperienza, preservando il senso di scoperta e, nel contempo, aggiungendo gimmick specifiche, così da aiutare la differenziazione delle varie zone e conferire una varietà notevole al prodotto anche senza abbracciare completamente l'abusata idea di open world a cui l'industria si aggrappa da un decennio abbondante.
La ricerca delle Gemme di Banandium, sparse per gli stage ed utili ad apprendere abilità attive e passive lungo lo skill tree disegnato dagli sviluppatori, passa quasi immediatamente in secondo piano rispetto al puro piacere della scoperta, alla catartica possibilità di distruggere tutto e infilarsi in pertugi carichi di tesori e sorprese, per poi sbucare, quasi per caso, dall'altra parte dello stage.
Il tutto mentre si prende a schiaffoni (letteralmente) il terreno per collezionare in un colpo solo tutte le pepite d'oro e le monete munte dal mondo di gioco in seguito alla continua opera di distruzione.
Questo loop si rivela da subito divertente al limite della dipendenza per i più giovani (mi sono avvalso della collaborazione di una bambina di dieci anni e di uno di sette durante le ore di test) e rilassante per gli adulti, soprattutto in coda ad una giornata particolarmente stressante a livello mentale.
Le possibilità non finiscono qui: si possono letteralmente staccare pezzi delle ambientazioni (che siano di roccia, legno o fango) per usarli come arma da lancio improvvisata, per crearsi dei passaggi o finanche per surfare, utilizzandoli come mezzo di trasporto per evitare il contatto diretto con superfici dannose, come la lava o i fiumi di veleno presenti in certi stage.
Le trasformazioni non rappresentano altro che punti esclamativi su queste meccaniche di gioco, in un tripudio musicale in cui Pauline recita la parte della protagonista e viene ripreso il senso del ritmo e della musica che già correva lungo la spina dorsale del già citato Mario Odyssey.
In versione zebra, Donkey Kong potrà correre molto più velocemente, affrontando superfici traballanti e percorsi a tempo, mentre nei panni di uno struzzo potrà librarsi in volo anche se solo per brevi tratti, bypassando fiumi di lava, intricati gruppi di rovi o baratri altrimenti inattraversabili.
Come se non bastasse, alla ricetta sono state aggiunte numerose sezioni su carrelli, capaci di evocare gli episodi più riusciti del franchise e variare ulteriormente la formula, modificando tanto il punto di vista quanto certe regole di gameplay e il risultato, nemmeno a dirlo, è ottimo anche in questi casi.
Non mancano nemmeno brevi (ed opzionali) sezioni in cui i riflettori si spostano, di volta in volta, sul combattimento contro nemici multipli o sul platforming puro, con la visuale che si sposta di lato proprio come nei succitati, indimenticabili episodi di Donkey Kong Country. Insomma, la varietà è garantita.
La modalità cooperativa locale ricalca quella vista in Mario Odyssey, dove un giocatore recita un ruolo preponderante controllando direttamente lo scimmione (laddove prima controllava Mario) ed uno quello secondario, che lì era rappresentato da Cappy e qui da Pauline, capace di bersagliare i nemici con attacchi vocali a distanza.
Abbiamo trovato Bananza decisamente più facile della media dei prodotti Nintendo, anche di quelli ad ampio spettro, pensati e sviluppati per un pubblico molto vasto: la forza del gorillone è soverchiante, e spesso, anche in occasione di certe boss fight, martellare come forsennati il tasto di attacco frontale è sufficiente per avere la meglio sui nemici.
Dubbioso sul fatto che la cosa fosse da ascrivere alla mia età ed esperienza da videogiocatore, ho provato a passare il controller nelle mani dei miei figli, che avevano avuto bisogno di me sia per completare Mario Odyssey sia per battere qualche boss a Pokemon Arceus, e anche loro sono riusciti a non morire praticamente mai.
Questo appiattimento della curva di difficoltà rende Bananza più indicato ai giocatori giovani o inesperti, e forse un po' meno a chi si è dilettato, a suo tempo, con la trilogia originale di Donkey Kong, dei platform che spesso si rivelavano insospettabilmente tosti.
La modalità assistita, in cui i danni subiti sono ulteriormente ridotti, diventa allora un orpello piuttosto inutile, che solo i giovanissimi potranno trovare gradevole durante le loro prime ore nel mondo di gioco.
Abbiamo trovato eccessivo anche il respawn rate dei nemici, che, complice il livello di difficoltà assai accondiscendente di cui abbiamo appena parlato, rende un po' ripetitive certe sezioni in cui il combattimento è preponderante, all'interno delle quali basta allontanarsi per qualche secondo dal luogo dello scontro per vedere ricomparire i nemici nemmeno ci trovassimo nel primo soulslike targato Nintendo.
Sono inciampi minimi nel gran disegno delle cose, com'è possibile evincere dal voto in calce a questa recensione, ma sono le uniche due aree in cui Donkey Kong Bananza ha, secondo noi, margini di miglioramento. Chiude il quadro la modalità DK Artist, un divertente laboratorio artistico in cui, utilizzando i comandi in stile mouse, il giocatore può sbizzarrirsi a scolpire, colorare o aggiungere materiali ai personaggi di gioco, per poi salvarli e dar vita al proprio museo personale.
Di voxel, framerate ed animazioni
Nonostante le recenti dichiarazioni del game director Kazuya Takahashi, non vediamo come sarebbe stato possibile anche solo pensare di far girare Donkey Kong Bananza sul primo modello di Switch, visto l'altissimo tasso di distruttibilità ambientale e gli effetti probabilmente deleteri che questo avrebbe avuto sulla tenuta del framerate e, più in generale, sulle prestazioni di gioco.
Più che nella modellazione poligonale, negli effetti visivi e nel sistema di illuminazione in tempo reale, pure rimarchevoli, è proprio sul piano della stabilità dell'aggiornamento dei frame dello schermo e nella fluidità generale che il nuovo prodotto sorprende, regalando un assaggio delle potenzialità di Switch 2.
Nelle quasi trenta ore dedicate al gioco, abbiamo riscontrato solamente una manciata di cali di framerate avvertibili ad occhio nudo, di breve durata e mai impattanti sul gameplay: un piccolo prezzo da pagare per un motore di gioco in cui tutto è distruttibile e in cui i particellari, la fisica ed il livello di dettaglio rappresentano un passo avanti consistente rispetto agli standard a cui Nintendo ci aveva fin qui abituato.
I sessanta frame per secondo vengono mantenuti per la stragrande maggioranza del tempo, nonostante la distruzione totale delle ambientazioni basata sulla tecnologia voxel, con rotture e deformazioni del terreno in tempo reale, cioè assolutamente non scriptati o predeterminati.
L'unico altro inciampo è rappresentato da una discreta dose di pop-in delle texture durante le fasi di volo (sì, ci sono anche molte di quelle durante la trasformazione in struzzo!) e quando ci si sposta molto velocemente negli scenari, magari sfruttando il surf sulle rocce in cui Donkey Kong eccelle.
Sull'altro piatto della bilancia, però, ci sono un set di animazioni cristallino, una mole poligonale che sarebbe stata semplicemente impossibile per il primo modello di Switch ed una direzione artistica eccellente, nell'olimpo delle migliori che mamma Nintendo ha tirato fuori nell'ultima decade.
In particolare, siamo rimasti colpiti dalle animazioni di Donkey Kong: credibili, con animazioni facciali spassosissime, del tutto prive della legnosità che aveva caratterizzato (alcuni) dei titoli di lancio di Switch.
Certo, si potrebbe obiettare che Bananza non è esattamente un titolo di lancio, ma se questo è l'inizio di una nuova generazione Nintendo, le premesse sono ottime.
Nel complesso, quindi, è difficile non dirsi soddisfatti dell'aspetto visivo ed uditivo, con musiche ritmate e coinvolgenti, con motivi che richiamano i classici giochi di Donkey Kong, un doppiaggio limitato ai soli personaggi umani ma comunque di buona qualità ed una quantità di contenuti notevole, soprattutto per quanti vorranno sollazzarsi esplorando da cima a fondo ogni sottolivello e guadagnando le monete ed i fossili necessari per addobbare Donkey Kong e Pauline di tutto punto.