La storia di Duke Nukem Forever trascende qualsiasi concezione si abbia del lavoro, della creazione di un’opera di ingegno, dello sviluppo di un videogame. Un titolo che ancora prima di essere uscito è già entrato nella leggenda, a causa del travagliato sviluppo che ha portato via ad un team, 3D Realms, oltre dodici anni di lavoro, fatti di sudore, idee e speranze, sacrificate sull’altare della perfezione, apparentemente prossima, ma sempre un passo più in là.E così improvvisamente la storia del Duca, sempre così sicuro, strafottente e cafone si trasforma improvvisamente in una storia di uomini, di amicizia, di orgoglio e in un certo senso di rivalsa, ma andiamo con ordine.
The story so farLondra, 6 ottobre 2010. All’interno di un club esclusivo, Randy Pitchford, presidente di Gearbox e producer del gioco, ci accoglie col suo modo di fare apparentemente timido e con un sorriso ci chiede: “Ci credete?”. Noi comunque conosciamo Randy, siamo già rimasti rapiti dal suo stile e dal suo entusiasmo alcuni anni fa, quando cercava di convincerci della bontà di Borderlands. Sappiamo quindi che lui e i suoi ragazzi sanno creare un gioco e portare a termine un progetto complesso, oltretutto rivoluzionato in piena corsa.Ma tutto ciò che sta dietro a Duke Nukem Forever non può essere semplice e gli incroci dietro questo progetto, il compimento di una trama tratteggiata da un destino spesso beffardo, affondano le loro origini tanti anni fa, quando nei primi anni ‘90 l’attuale presidente di Gearbox fece il suo debutto nell’industria entrando proprio a far parte del team impegnato nello sviluppo di Duke Nukem 3D, per poi lasciare lo sviluppatore texano nel lontano 1997, in concomitanza con l’inizio dei lavori di Duke Nukem Forever. Da quel momento anche per Pitchford cominciò un periodo di attesa, alla pari di tutti i giocatori del mondo. Anni fatti di promesse a vuoto figlie di quel “il gioco arriverà quando sarà pronto” divenuto oramai leggendario e di una ricerca maniacale della perfezione. Già nel 2001 arrivò il primo, incredibile, trailer e poi solo la leggendaria carriera di uno dei vaporware, i software promessi e mai arrivati a compimento, più celebri di tutti i tempi. Poi il nulla, fino a quando, nel 2009, 3D Realms infine chiuse i battenti e licenziato tutti i suoi dipendenti, incredibilmente ancora al lavoro sull’ultima avventura del Duca. Come tutti sanno però Duke è duro a morire e grazie a quelle relazioni costruite in lunghi anni di duro lavoro, al carisma della serie e alla visione del team originale, la storia di Duke Nukem Forever ha trovato un inaspettato epilogo. Il ragazzo cresciuto tra le fila di 3D Realms ha infatti costruito in quegli anni una software house capace di produrre titoli come Borderlands e la serie Brothers in Arms, costruendosi la credibilità necessaria per convincere 2K, lo storico publisher di Duke Nukem, a crederci nuovamente. Anche perché, negli anni, tutte le persone accreditate nel celebre trailer del 2001 (a parte una, ad essere sinceri) sono state progressivamente assunte da Gearbox. Con la morte di 3D Realms, anche le ultime otto stoiche persone ancora convinte del progetto, tra le quali spicca sicuramente Allen Blum, il creatore del titolo originale, sono state assorbite da Pitchford e soci, che una volta acquistata la licenza si sono trovati tra le mani un gioco vero, traboccante tanto di idee quanto di imperfezioni, ma così genuino da persuaderli a continuare con la visione del team originale, aiutando solo loro a trovare il compimento che in dodici anni di sviluppo non erano mai riusciti ad avere.Ma se c’è qualcosa della quale Duke Nukem Forever non ha bisogno è che si parli ancora di lui. Per questo è stato presentato al PAX e non all’E3: Gearbox è andata a cercare infatti una fiera nella quale c’è meno pressione e gente specializzata, frequentata solo da tanti amanti dei videogiochi, che vogliono provare con mano le ultime novità del settore. Il carisma del Duca ha colpito ancora e ad un’ora dalla presentazione Forever era l’argomento più “twittato” degli USA e dopo due ore dell’intero pianeta. Sottolineare come Borderlands nel momento migliore, oltretutto una giornata piuttosto moscia di argomenti, sia arrivato sullo stesso social network ad occupare la decima posizione nella categoria videogiochi è un piccolo sgarbo nei confronti del suo stesso titolo, ma con questo esempio Randy voleva farci capire il tipo di fenomeno di massa che Duke Nukem Forever è diventato nel tempo, una sorta di yeti che tutti hanno visto, ma nessuno ha mai toccato con mano.Quindi, finalmente, è giunto il momento di vedere il Duca in azione: si spengono le luci e… il trailer non parte! “Beh, l’abbiamo aspettato dodici anni, non saranno questi dieci minuti a cambiarci la vita”. Randy Pitchford ci sa davvero fare con le parole!
#!§%&, ci sono voluti dodici anni, è ovvio che sia bello!Quale inizio migliore per un prodotto così atteso di una bella sessione in un bagno pubblico, con la possibilità di gestire l’intensità del proprio getto e i versi gutturali del protagonista a chiudere la scena? Evidentemente nessuno, tanto che Duke, dopo essersi lungamente intrattenuto ad un vespasiano, può procedere liberamente a salvare il mondo. Siamo all’interno degli spogliatoi di uno stadio, dove un’enorme alieno ha interrotto una partita di football americano. La sicurezza è nel panico e scarabocchia confusi piani d’azione sulla lavagnetta del coach. Alcuni disegni, ovviamente irripetibili di fronte ad un pubblico minorenne, risollevano il morale delle truppe, ma siamo qui per spazzare via la minaccia aliena, non per intrattenere i soldati. Procediamo quindi lungo i corridoi, fino a fronteggiare finalmente il gigantesco ciclope alieno, armati del fedele lanciarazzi. Grazie a qualche decina di missili e un paio di pugni ben assestati l’avversario è a terra agonizzante, pronto con la sua pupilla a fare le veci di un pallone ovale, per il field gold vincente del Duca, che ovviamente inforca da distanza siderale. Stacco della telecamera e ci troviamo in una stanza d’albergo, tanto lussuosa quanto pacchiana: è la stanza del nostro protagonista, intento a giocare al finale di Duke Nukem 3D, mentre due procaci gemello lo soddisfano. “E’ un bel gioco?” chiede ingenuamente una di queste, #!§%&, ci sono voluti dodici anni, è ovvio che sia bello! è la diplomatica risposta di Duke che in un colpo solo demolisce la travagliata storia dello sviluppo di Forever e presenta il miglior biglietto da visita possibile per questo indimenticabile personaggio.Sono passati 12 anni da quando il mondo è stato salvato dall’invasione aliena protagonista dell’episodio 3D. Duke è l’uomo più famoso dell’universo, è un vincente e vive nel più bel Casino/hotel di Las Vegas coltivando narcisisticamente il culto di se stesso. In quel mentre, gli alieni precedentemente sconfitti tornano sulla terra, apparentemente per scambiare informazioni e riappacificarsi coi terrestri. Tutto bene, anche trattar male il presidente o amenità del genere, perlomeno fino a quando questi cominciano a rapire per i loro sordidi traffici tutte le donne del pianeta: per il Duca è giunto il momento di entrare in azione.
Livello 15Dopo questo incipit, veniamo catapultati direttamente al livello 15, tanto per darci un’idea della varietà dietro al progetto Gearbox. Siamo a bordo di un possente fuoristrada, grazie al quale schiacciamo i malcapitati alieni che ci si parano di fronte. La guida del mazzo è assolutamente arcade, per permetterci di schivare i massi che ci puntano addosso. Nonostante la leggerezza dello sterzo il mezzo è piuttosto legnoso, ma tempo pochi secondi e siamo costretti ad abbandonarlo per proseguire a piedi. Qui in una vecchia miniera abbandonata, abbiamo modo di sperimentare un gameplay a più ampio respiro, grazie al quale provare le tante armi messe a disposizione dagli sviluppatori: tra fucili a pompa, lanciagranate, raggi restringenti, lanciarazzi, mine di prossimità, l’arsenale del Duca non manca certo di varietà. Gli alieni, tutti un po’ uguali, si muovono con pattern d’attacco specifici ed esplodono in maniera gustosa dopo il letale impatto con i nostri proiettili. Arrivati ad una torretta fissa e respinto un attacco nemico, la sessione termina e il buon Duke ci da l’appuntamento per scoprire l’attesa modalità online, assicurandoci che “sarà più lungo di quel che pensate”.
Dodici lunghi anniIl peso del lungo e travagliato sviluppo si nota soprattutto dal punto di vista tecnico: Duke Nukem Forem al momento non aspira ad essere una dei titoli con il maggior impatto tecnico della corrente generazione, per via di ambienti un po’ spogli, effetti particellari poco ispirati e via discorrendo. Per fortuna Gearbox ha già dimostrato di saper fare miracoli con l’aspetto estetico di Borderlands e il tempo a disposizione del team è ancora piuttosto ampio per permettere un’ulteriore fase di pulizia ed amalgama di tutte le idee scaturite in dodici anni di sviluppo. I fan dovranno stare comunque tranquilli: anche dalle poche fasi di gioco già provate il Duca sprizza carisma da tutti i pori, grazie a quel connubio di machismo e tamarraggine così eccessivo da risultare irriverente e non volgare. La data d’uscita, incredibile a dirsi, è fissata per il 2011, Pitchford ha già idea del periodo preciso, ma non può ancora rivelarlo, anche perché prima vanno annunciate e mostrate tutte le modalità multiplayer che faranno da contorno al prodotto.
– Lo abbiamo provato
– Il Duca
– Divertente come in passato
Duke Nukem Forever esiste, lo abbiamo provato e toccato con le nostre mani! Dodici anni di travagliato sviluppo non hanno intaccato il carisma del Duca, sempre arrogante, carismatico ed eccessivo. Il lavoro di pulizia ed aggiornamento di un titolo così atteso sarà ancora lungo e difficoltoso, ma confidiamo in Gearbox e nel loro entusiasmo per mettere definitivamente la parola fine su questa odissea. Rimanete con noi, nuove notizie arriveranno presto. Hail to the king baby!