Anteprima

Child of Light

Avatar

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Child of Light è un piccolo progetto che potrebbe quasi sembrare un titolo creato da sviluppatori indipendenti, un lavoro che se confrontato con le altre grandi produzioni Ubisoft, pare sgusciare via dalla forte luce dei riflettori. Ed è in effetti sviluppato con l’idea di realizzare un prodotto antitetico rispetto alle logiche che stanno dietro ai titoli cosiddetti tripla A, che badano sin troppo spesso alla forma e sempre meno alla sostanza. Con questa interessante premessa, Child of Light si è presentato al grande pubblico in punta di piedi, ma non per questo senza la grossa ambizione di riportare in auge un intero genere ormai maltrattato e quasi finito nel dimenticatoio.
Fuori dai canoni
A capo del progetto c’è Patrick Plourde, il direttore di Far Cry 3, che ha voluto fortemente qualcosa che si distaccasse con decisione dai lavori precedenti su larga scala e che fosse più simile ai quei giochi indie che hanno molto da raccontare e, ultimamente, anche molto più da dire a livello contenutistico. L’ispirazione dietro Child of Light è quella dei vecchi jrpg dell’era PSOne, come Final Fantasy VI e Vagrant Story, unita a una concezione artistica che si distacca dall’impatto grafico grossolano e a cubetti che avevano quei giochi. Al contrario, Child of Light appare stilisticamente più vicino alle illustrazioni del periodo d’oro dei libri per bambini, qualcosa che vuole avvicinarsi alle opere di artisti come Edmund Dulac, Arthur Rackham e Yoshitaka Amano, nome storicamente legato alla saga di Final Fantasy. Le ambientazioni, i personaggi, il concept stesso di gioco, sono mirati affinché siano la controparte videoludica di dipinti e disegni in movimento; possibilità che Plourde spiega essere reale proprio grazie all’Ubi Art Framework, l’engine già usato per Rayman Origins, che faciliterebbe il lavoro degli sviluppatori permettendo loro di raggiungere facilmente i risultati e gli obiettivi prefissati. L’intenzione dell’autore non è dunque quella di inserire elementi che farebbero vendere più copie, come violenza a buon mercato o superomismo gratuito; in realtà, Child of Light vuole essere un esperimento molto più delicato, che non fa rumore ma che per questo può insinuarsi meglio nel tessuto culturale di questo settore; è il frutto di visite museali, viaggi attorno al mondo, diverse confluenze artistiche e la ricerca di un’estetica ben precisa e definita, probabilmente mai vista fino a oggi. Riducendolo ai minimi termini, Child of Light è un jrpg a scorrimento laterale con scontri a turni dove viene narrata la storia di una ragazza e della sua crescita, ma il titolo Ubisoft pare essere ben più di questo rimaneggiato compendio. Per far sì che questa particolare visione venisse pienamente realizzata, Plourde ha ammesso di aver avuto qualche attrito con le politiche di Ubisoft. D’altra parte, riuscire a distaccarsi in modo così netto dagli ormai ben noti dettami di un’industria sempre meno capace di rischiare, non è affatto facile, soprattutto quando sei uno dei colossi del settore. Child of Light sembra però avere quel concentrato di particolarità che potrebbe farlo intrufolare all’interno di una nicchia che da tempo chiede a gran voce un buon esponente dei jrpg vecchia scuola, e nonostante in molti continuino ad affermare che quella è ormai roba morta e sepolta, qui gli elementi sembrano essere tutti al punto giusto.

Come le vecchie glorie
Aurora è la protagonista del gioco, che verrà puntualmente accompagnata da una sorta di lucciola chiamata Igniculus, in grado di aiutare la ragazza durante l’avventura grazie alla capacità di arginare alcuni attacchi nemici, aprire utili forzieri, attivare prematuramente delle trappole prima che scattino da sole, e occuparsi di alcuni sbarramenti ambientali, in maniera non poi molto diversa da quanto visto nel recente Puppeteer. L’esplorazione è a scorrimento orizzontale e ricorda in modo molto chiaro ed evidente il particolare stile già apprezzato in Valkyrie Profile, una serie classica e piuttosto conosciuta per chi è cresciuto con questo genere. Aurora può anche librarsi in volo, e questo non può che aggiungere ulteriore profondità all’avanzamento di gioco, non più relegato al solo piano terreno ma adesso espanso a trecentosessanta gradi. I dialoghi sono scritti in rima e ci auguriamo che un’adeguata localizzazione in italiano riesca a mantenere alta la qualità di quello che sembra essere per certi versi un poema giocato. Parlando coi personaggi, è possibile poi dare delle risposte che andranno a influenzare il tragitto futuro, pertanto accettare una quest può significare ad esempio far entrare nel proprio party un personaggio, mentre rifiutandola si avrà un impatto completamente diverso nella sottotrama. Piccola menzione va fatta anche per i cosiddetti Oculi, di cui si conosce ancora davvero troppo poco. Ciò che sappiamo è che si tratta di potenziamenti attraverso cui migliorare le abilità del personaggio, e che ognuno di questi ha effetti differenti; inoltre, sarà anche possibile combinarli per renderli ancora più potenti. Ritornando alla fase esplorativa, una volta entrati all’interno di un dungeon si prosegue in maniera non dissimile dalle sezioni in cui regna la quiete, con l’unica differenza che nelle zone più pericolose saranno ben visibili dei nemici, che potremo evitare qualora non ci sentissimo pronti ad affrontare la battaglia – grazie all’abilità di Igniculus che può renderli ciechi per qualche istante. Quando Aurora entrerà in contatto con un nemico, in pieno stile jrpg la schermata cambia completamente e si viene trasportati all’interno di un’arena, dove comincia finalmente il combattimento.

Fight again, like the old times
Trattandosi di un gioco di ruolo a turni vecchia scuola, gli scontri di Child of Light prevedono l’immobilità sul posto dei protagonisti, che potranno attaccare il nemico solo in base a dei comandi specifici selezionati dall’utente. In alto a sinistra vedremo lo status dei membri del party, mentre in basso al centro dello schermo viene visualizzata una barra divisa in due segmenti diseguali. I due terzi della barra sono occupati dal tempo d’attesa del turno, su cui scorrono le icone dei personaggi (a velocità variabile, a seconda delle caratteristiche di ciascuno) fino ad arrivare al restante spicchio che permette di dare il via all’effettivo attacco da lanciare. Ogni azione ha un tempo di incantesimo che dipende dal suo potere, ed è necessario pensare in maniera strategica per il semplice fatto che se un nemico vi attaccherà durante l’incantesimo, questo verrà annullato e si dovrà attendere fino al prossimo turno. Ogni volta che si salirà di livello si guadagnerà un punto abilità da utilizzare all’interno dello skill tree, così da personalizzare con attenzione le capacità di ogni singolo alleato o della protagonista. Ma attenzione, perché i nemici hanno dei punti deboli ben precisi, pertanto specializzare sin troppo un membro verso una direzione può risultare piuttosto sconveniente. Mutuata da Dark Souls è invece la possibilità di poter lasciare dei messaggi per gli altri utenti che si troveranno a transitare lungo delle aree che voi avrete già esplorato, in modo tale da poterli avvertire di eventuali pericoli presenti (o ingannarli). Un’altra componente del gioco è poi legata agli enigmi, che giocheranno un ruolo importante nell’economia del titolo, anche in virtù del fatto che dovremo talvolta usare l’abilità di Igniculus di illuminare delle zone. Abilità che non sarà illimitata e che di conseguenza obbliga a una dose di attenzione maggiore mentre ragioneremo sulla loro risoluzione. Vedremo Child of Light nel corso del 2014, in una data ancora da stabilire, e noi saremo lì per capire se la rinascita dei jrpg passerà da uno studio di sviluppo che orientale non è.

– Artisticamente molto ispirato

– Pesca a piene mani dai jrpg vecchia scuola

– Vario e tutt’altro che monotono

Child of Light ha dell’ottimo potenziale per poter rappresentare non solo un interessante esperimento, ma anche un deciso revival per un genere ormai sempre meno preso in considerazione. Si tratta indubbiamente di un lavoro che ha un’alta dose di rischio per Ubisoft, anche se dietro al progetto c’è chi ha creato qualcosa di veramente grosso come Far Cry 3. Ispiratissimo a livello artistico, Child of Light deve dimostrare che anche i titoli con budget di certo non elevati hanno molto da offrire. Gli indie ci riescono già da qualche anno, e il fatto che un colosso come Ubisoft si metta in gioco con così tanta umiltà non può che far piacere a tutti. Se si tratta di uno dei rimedi per risolvere la crisi creativa dei titoli tripla A, siamo lieti di accogliere questa nuova soluzione a braccia aperte.