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Recensione

RAW Realms of ancient War

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Avatar di Sora

a cura di Sora

Pubblicato il 17/10/2012 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

5.5

In un’epoca in cui gli sparatutto sono all’ordine del giorno e gli sportivi come PES e FIFA monopolizzano il mercato videoludico, sono timidi quei videogiochi che mirano a un pubblico differente, consci del fatto che per sbancare dovranno essere capolavori o quantomeno piccole gemme. Nel campo ruolistico si è affermato di recente Torchlight II che, grazie ai tanti aspetti positivi quali la vastità del mondo di gioco e la longevità duratura, è riuscito a farsi spazio tra le preferenze degli amanti del genere in questione e non solo. Tuttavia, questo obiettivo non è raggiungibile dai più, complice un mercato in crisi e le esigenze di un pubblico deliziato dai colossi standard di ogni genere. A provare a rientrare nelle grazie dell’utenza questa volta è R.A.W. Realms of Ancient War, che tenta di ricreare quell’atmosfera di gioco tanto nostalgica di Baldur’s Gate: Dark Alliance con dinamiche più o meno simili, ma che nel complesso riesce solamente ad imitare in maniera poco consona. Senza essere troppo speranzosi, ci siamo tuffati in questo nuovo gdr fantasy con la consapevolezza di giocare a un titolo old school che non aveva da offrirci nulla di nuovo. O quasi nulla.
Già visto ed era anche più bello
Non è una novità, oggigiorno, vedere delle copie autentiche di altri videogiochi: alcuni vengono spudoratamente imitati portando però una serie di migliorie, altri invece non hanno nemmeno delle buone innovazioni che possano invogliare il pubblico all’acquisto. Proprio di questa seconda fascia fa parte R.A.W. che si propone come un misto di elementi tra il succitato Dark Alliance e il capolavoro Blizzard, Diablo. Come per molti gdr-action di stampo occidentale (solo il sottogenere action, sia chiaro), la trama non è il punto forte del gioco, facendo più che altro da sfondo alle origini delle vicende e delle numerose quest che ci ritroveremo ad affrontare. In un continente ormai devastato da una guerra esplosa dieci anni prima, i regni degli uomini, dei nani e degli elfi, sono in uno stato di caos irreversibile dove i predoni e gli sciacalli la fanno ormai da padroni. Come se non bastasse, una nuova minaccia di origini ignote incombe su questo mondo fantasy, così ogni regno manda un proprio emissario per scoprirne di più. Nemmeno a dirlo, chi prenderà le redini di uno degli eroi in questione non saremo nient’altro che noi, potendo scegliere la classe del personaggio tra le tre standard: guerriero, mago o la canaglia, una sorta di giovane cacciatrice. Il primo si baserà su combattimenti corpo a corpo, utilizzando le armi bianche; il secondo avrà la capacità di utilizzare le arti magiche, tra cui palle di fuoco e colpi d’aria; la terza sarà un misto dei due personaggi appena descritti, in quanto sarà dotata sia di arco per colpire dalla distanza, che di pugnale per fendenti ravvicinati.
Insomma, non ci sarà alcuna possibilità di creare il nostro alter ego, come avveniva in Dark Alliance. La personalizzazione poco profonda è uno dei punti deboli del titolo e ci perseguiterà in molti aspetti, non soltanto in quello estetico su cui possiamo passar sopra, ma soprattutto nelle abilità: ogni volta che saliremo di livello, come di consueto avremo la possibilità di distribuire un punto bonus come meglio crediamo, ma non aspettatevi una profonda differenziazione tra le abilità presenti. Ad esempio, non cambierà nulla se il nostro guerriero impugnerà una spada o un’ascia; o ancora, non ci sarà differenza nella tipologia di danni. Inoltre, le diverse armature non caratterizzeranno per nulla l’aspetto del nostro personaggio, cosa alquanto deludente. 
Quel mix che non riesce
Per quanto riguarda il gameplay, R.A.W. ci propone meccaniche hack ‘n’ slash piuttosto comuni, mettendoci davanti orde di creature pronte a farci fuori che si catapultano verso di noi in massa. Non sarebbe assolutamente da screditare come condizione per dare vita ad un titolo degno di nota, ma il lavoro superficiale che è stato svolto nel sistema di combattimento lo rende assolutamente scarno e alla lunga frustrante. Se un colosso come Diablo riesce ad intrattenerci per ore e ore basandosi su un gameplay più o meno simile, senza dubbio dobbiamo rendere grazie alla varietà e alla profondità che gli sviluppatori sono stati capaci di donare ad ogni singolo aspetto del gioco. R.A.W. non offre al giocatore la possibilità di poter combattere in maniera adeguata, questo è il punto. Non esistono comandi di difesa; inoltre, il guerriero viene accerchiato troppo facilmente, il mago se la cava solo a distanza, mentre la canaglia tenta di fare entrambe le cose ma non riesce completamente in nessuna delle due. A causa di ciò, ci ritroveremo spesso davanti ad imbarazzanti fughe, dove la coda di nemici intenzionati a fare di noi polpette sarà inaffrontabile. Tutto ciò fa cadere il gioco nel banale, rendendolo ripetitivo e noioso.
Barlume di speranza viene dalla possibilità di poter svolgere la campagna in multiplayer locale (unico aspetto positivo ripreso da Dark Alliance), il che dona un pizzico di divertimento in più grazie alla compagnia di un amico con cui affrontare i diversi dungeon. In singolo, tutto risulta di una difficoltà amplificata e alcune fasi sembrano quasi impossibili da gestire senza l’intervento di un alleato. Per rimediare alle continue morti dovute al combattimento mal calibrato, gli sviluppatori hanno pensato di rimediare con una serie di resurrezioni limitate, di cui potremo beneficiare per ricominciare dall’ultimo save-point. Purtroppo questo non basta per appagare il giocatore, stanco di dover darsela a gambe di fronte a nemici più potenti di lui. 
L’ispirazione avuta dai titoli di cui abbiamo parlato fino ad ora è facilmente riscontrabile anche nella solita visuale isometrica. La grafica non è da disprezzare, dotata di texture di qualità sufficiente e di animazioni abbastanza fluide, nonostante le ambientazioni stereotipate non siano state curate nei dettagli; il sonoro non vanta una localizzazione nella nostra lingua, i doppiaggi sono tuttavia discreti in inglese e i motivetti che ci accompagnano nel corso dell’avventura non infastidiscono. La longevità, almeno quella, non fa parlare di sé in senso negativo, garantendo dalle 12 alle 15 ore di gioco complessive ma con un fattore rigiocabilità pari a zero. Beh, avevamo sicuramente sperato in qualcosa di meglio viste le “Muse” che hanno ispirato Wizarbox, i presupposti per poter dare vita a qualcosa di interessante ci potevamo pure essere, ma alla fine il risultato è quello che è.

– Multiplayer in locale

– Longevità discreta

– Personaggi poco personalizzabili

– Sistema di combattimento non riuscito

– Troppo difficile in single player

– Noioso dopo poco tempo

5.5

La capacità di sfruttare i punti forti di alcuni titoli per riproporli in un unico progetto, è qualcosa che appartiene a ben pochi studi di sviluppo. L’idea alla base di R.A.W. era buona, seppur già fin troppo utilizzata, ma è stato comunque un fallimento. Troppo difficile in singolo, gameplay gestito male, personalizzazione praticamente assente e una monotonia generale che si fa sentire nell’arco delle quest, sono i punti che maggiormente fanno storcere il naso a chi si avvicina al titolo di Wizarbox, che purtroppo riesce ad offrire positivamente soltanto una longevità discreta e la possibilità di giocare con un amico. Anche gli amanti del gioco di ruolo possono guardare altrove.

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