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Recensione

Outlast 2, recensione della versione Switch

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 02/04/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

Red Barrels non è mai andata troppo per il sottile, coi suoi giochi. Non ha mai sacrificato le proprie opere sull’altare del buon senso e della morigeratezza. Fare horror significa andare oltre, senza doversi preoccupare troppo di shockare l’utenza. Dopo l’ultraviolenza del DLC del primo Outlast – Whistleblower – e dopo aver dimostrato a tutti gli altri in che modo bisogna operare per andare davvero oltre, Outlast 2 si ripete e bissa il successo del predecessore. 
A un anno di distanza dalla sua uscita, la serie sbarca anche su Switch con la formula che da qualche mese è ormai stata adottata da Nintendo, ossia affiancare due capitoli e proporre l’ormai classico pacchetto “1 & 2“. Per l’occasione, siamo ritornati a rivivere la storia pazzesca di Blake e Lynn Langermann.
Le Porte dell’Inferno
La storia è ormai arcinota: i due sono in volo con un elicottero privato nei pressi del Deserto dell’Arizona, con l’intenzione di girare un documentario e indagare sulla strana scomparsa di una donna incinta dall’identità sconosciuta, la quale – per motivi inizialmente tutti da decifrare –  potrebbe essere morta. Quando il velivolo va in avaria e precipita, la coppia si ritrova separata. Prenderete a quel punto il controllo di Blake, che s’imbarca in un disperato viaggio allucinato per ritrovare la moglie. Si ritrova però in uno strano villaggio, dove scoprirà ben presto che alcune pratiche religiose folli, malate e deviate hanno cambiato per sempre quel remoto angolo di pianeta. 
“È l’inizio di un incubo a occhi aperti che coinvolgerà i due, testimoni di un orrore radicato e impossibile da estirpare, capace di coinvolgere un’intera comunità di disperati allo sbando, plagiati dalle devianze di un falso profeta.“, spiegai nella recensione originale, mettendo in evidenza quanto il comparto narrativo puntasse dritto all’obiettivo senza girarci troppo attorno. Nonostante la censura a una delle scene clou voluta dagli stessi sviluppatori (che in effetti avrebbe potuto creare grosse grane e un’ondata di polemiche che – soprattutto nel nostro Paese – avrebbero potuto raggiungere picchi di indignazione incontrollata), quella di Outlast 2 è una storia ben orchestrata; di certo c’è qualche punto oscuro, qualche piccolo buco qua e là in elementi secondari, ma nel complesso funziona bene dall’inizio alla fine. 
Consapevoli di tutto ciò e del punto di forza del titolo, gli sviluppatori hanno voluto seguire – almeno in piccola parte – l’esempio di Frictional Games, che nel sontuoso SOMA ha introdotto una modalità dove i meno esperti possono godersi la storia senza badare troppo ai nemici, che sono praticamente inoffensivi. Ma attenzione: In Outlast 2, la “Modalità Storia” vi creerà senz’altro meno problemi, ma è comunque possibile morire poiché i nemici sono rimasti pericolosi per la vostra incolumità.
Signore della Luce e della Tenebra
In sostanza, in questa modalità (presente via patch anche nelle altre versioni) gli incontri coi nemici sono diminuiti, permettendo ai giocatori di esplorare più liberamente gli ambienti, di ricevere meno danni quando vengono scoperti e di avere più facilità nello sgattaiolare via grazie a una minore percezione e velocità degli avversari. Considerando quanto alcune fasi di trial & error hanno poco convinto e quanto smorzavano la tensione in certi frangenti, si tratta senza ombra di dubbio di una novità da non sottovalutare affatto. 
Artisticamente il lavoro di Red Barrels colpiva allo stomaco: “Uomini e donne col cervello divorato dalla sifilide che vagano senza meta, corpi martoriati ed esposti come statue bloccate nella loro eterna sofferenza, predicatori che hanno perso il senno, lo sfogo degli istinti primordiali e della nequizia umana che trovano una giustificazione: sono tutti elementi di cui gli sviluppatori non si sono voluti privare per rendere ancora più esplicito Outlast 2.“, raccontai lo scorso 25 aprile in queste pagine. Ed è vero: Red Barrels riuscì a mantenere intatto il suo tocco, creando un nuovo incubo all’interno dello stesso universo.
Della versione Switch –  e questo è sicuramente un gran bene – ci sarebbe davvero poco da dire. Quando ciò accade, è perché l’operazione è andata a buon fine, senza complicazioni, senza cali di qualità che potessero in qualche modo inficiare l’esperienza di gioco – che anzi può risultare rafforzata per gli amanti di cuffiette e lenzuola avvolgenti. Giocando sia in modalità portatile, sia in quella docked, Outlast 2 non presenta evidenti cali grafici rispetto alle altre controparti, con buona pace di chi inizialmente dubitava delle potenzialità di Switch. L’immagine è sempre pulita, rallentamenti non ce ne sono e i possessori della console Nintendo possono riscoprire questa perla horror senza doversi sentire in difetto. Facendo una comparazione diretta, al massimo (ma stiamo parlando davvero di fare le pulci) si potrebbe discutere di un’appena percettibile opacità dell’immagine, ma si tratta di una quisquilia di poco conto che riportiamo per amor di completezza.

– Storia ispirata e ben narrata, che viaggia su due binari paralleli

– Porting indolore, senza pecche rispetto alle altre controparti

– Violento, esplicito, osceno

– Qualche punto oscuro nella trama

8.0

Il poco tempo trascorso per il porting e la sua qualità finale dimostrano la grande capacità di Red Barrels di saper adattare le proprie opere, che nonostante rimangano progetti a budget non di certo elevatissimi, riescono a mantenere alti standard qualitativi. In attesa di Outlast 3, il secondo capitolo è consigliato a chiunque se lo sia perso nel mare magnum delle uscite dello scorso anno.

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