Anteprima

Metal Gear Solid V: Ground Zeroes

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a cura di Pregianza

Milano – Quanti nomi vi balenano davanti quando pensate alle personalità più importanti dei videogiochi? Ad alcuni di voi saranno comparsi una buona dozzina di nomi, ad altri, più informati, magari molti di più, ma provate a fare lo stesso gioco con il cinema, o con la letteratura. Ora mettete a confronto le vostre liste mentali. Nella stragrande maggioranza dei casi quella dei grandi creatori di videogame sarà probabilmente molto più corta delle altre. Non stiamo cercando di sminuire il media, più di chiunque altro da queste parti siamo convinti che possa combattere ad armi pari con il dorato mondo delle pellicole, ma siamo anche consapevoli di come il videogioco sia uno sforzo di gruppo più di ogni altra cosa, ove alla massa di sviluppatori non viene praticamente mai dato un volto o un nome, e solo pochissime volte vi sono menti così geniali da brillare al di sopra di tutte le altre. Quando questo accade, di solito è dovuto alla nascita di qualcosa di indimenticabile, un pezzo di storia del videogame che rivoluziona tutto, dando un’accelerata brutale a un qualcosa che già di suo tende a svilupparsi con una rapidità invidiabile. Immaginate dunque quanta importanza acquista tale nome, e quante aspettative ci siano dietro ad ogni progetto su cui il personaggio coinvolto mette la firma. Si arriva al punto di poter scatenare o distruggere l’esaltazione di milioni di persone con una piccola frase fuori posto, si smuovono letteralmente oceani di gamer con una manciata di parole.
Poi c’è Kojima. Uno che si distingue persino da questo piccolo gruppetto di luminari, perché nell’attenzione, lui, ci sguazza come se fosse abituato ai riflettori dalla nascita. “Il re dei troll”, il “regista mancato”, il “creatore dello stealth game”, è sempre in grado di far parlare di sé più di chiunque altro, forse unico creativo ancora oggi capace di stampare un’espressione ebete sui volti dei fan con trovate a dir poco imprevedibili. Di titoli, il buon Hideo, ne fa pochi, e se da una parte non tutti sono d’accordo nell’affermare che abbia colpito sempre nel segno, non si può negare che un posto in prima fila nella storia se lo sia guadagnato. 
Ultimamente il suo nome è riapparso, e ancora una volta lo ha fatto su di un Metal Gear Solid. Il quinto (per così dire) episodio della leggendaria saga arriva però spezzato, con un prologo di nome Ground Zeroes che ha scatenato parecchi dubbi anche negli appassionati di vecchia data, per le voci che volevano la sua durata inferiore alle due ore. Mentiremmo se negassimo di non essere a nostra volta stati influenzati negativamente dai rumor, ma, dopo aver passato mesi a crucciarci inutilmente, abbiamo potuto alla fine metter le mani su una copia del gioco, in una sessione durata circa tre ore negli studi milanesi di Halifax. Non manca molto alla review, ma nel frattempo non abbiamo intenzione di lasciarvi a bocca asciutta. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Zitto zitto, quatto quatto, veloce veloce
Si parte dalla stessa scena visionata durante il video di presentazione spuntato qualche tempo fa. Chico, personaggio noto a chi ha giocato Peace Walker, è imprigionato in una base militare chiamata Camp Omega in condizioni orribili, e Snake, o meglio, Big Boss ha il compito di recuperarlo. Non si sa chi sia la misteriosa organizzazione che ha catturato il giovane, le uniche informazioni date dallo spettacolare quanto finemente diretto filmato iniziale sono il nome del gruppo, XOF, e l’aspetto del suo leader apparente, un uomo orribilmente sfigurato chiamato Skull Face. Ground Zeroes si pone dunque cronologicamente dopo il capitolo per PSP, cosa che potrebbe stranire i più, ma tra le opzioni c’è la possibilità di leggere un lungo riassunto delle avventure di Snake, per chiarirsi un po’ le idee e capire esattamente chi sono i personaggi che popolano questo nuovo episodio.
Partiamo subito prendendo di petto l’elemento più criticato del gioco: la durata. La quest principale di Ground Zeroes è una e una soltanto, ed è possibile finirla molto rapidamente. Si tratta a tutti gli effetti di un semplice “vai dal posto A al posto B” ripetuto per 4 volte, che può venir completato in un lampo conoscendo i pattern delle guardie e l’architettura della mappa. Sbagliereste però a pensare che l’esperienza si concluda qui, tante cose infatti sono cambiate in Ground Zeroes, a partire dalla struttura fondamentale delle missioni, che ora si svolgono in una sorta di sandbox che offre numerosi approcci.
Ci spieghiamo meglio: Camp Omega è una mappa completamente esplorabile, ove Snake può intrufolarsi al solito senza venir scoperto, oppure dare vita a un inferno di fuoco ed esplosioni senza fine. La locazione è piuttosto estesa, contiene vari “punti caldi”, ed è persino navigabile a bordo di veicoli, a patto di trovarne e rubarne uno. Il prodotto è chiaramente pensato per dare un assaggio ai giocatori di ciò che sarà The Phantom Pain al momento dell’uscita, ed è pertanto del tutto costruito attorno all’idea della rigiocabilità delle situazioni, con un’IA migliorata che obbliga a curarsi maggiormente dei propri movimenti e svariate modifiche al gameplay fondamentale.
Tali modifiche sono appunto calcolate per rendere i movimenti di Snake più fluidi e liberi, e adesso il nostro protagonista può scalare senza sforzo quasi ogni ostacolo, caratteristica che gli permette di raggiungere zone sopraelevate con facilità, e di studiare l’ambiente prima di affrontare il nemico. Sparite le casse di cartone, scomparsa la possibilità di attirare l’attenzione delle guardie facendo rumore, e svanite persino le razioni in favore di una rigenerazione a tempo, ora il gioco si basa tutto sull’esplorazione attenta, tanto da offrire un binocolo capace di marchiare i soldati nelle varie aree, e un comodo visore notturno. Come detto all’inizio, i vostri nemici saranno più furbi e dotati di una vista nettamente più acuta, dunque dovrete cercare sempre di muovervi coperti da un muro o simili, per evitare che diano l’allarme e il loro numero raddoppi all’improvviso (l’indicatore che avverte se vi hanno notato ricorda molto quello direzionale dell’ultimo Splinter Cell). Nel caso veniate scoperti, comunque, le sparatorie verranno gestite più o meno alla vecchia maniera, tolto un comodissimo bullet time che si attiva al momento dell’errore, dando la possibilità di neutralizzare la guardia prima che avverta i suoi compagni. 
E’ una strana danza di passi, traiettorie nemiche, appostamenti e balzi, che porta l’esperienza a variare di volta in volta, nonostante la semplicità delle basi. Ora della fine, sperimentando qua e là, abbiamo accumulato un minutaggio di tutto rispetto, e questo solo nella prima missione. Considerando che, una volta completata la main quest, ce ne sono altre quattro ad attendervi che sfruttano la stessa formula, la durata totale del gioco dovrebbe superare di molto le spaventose 2 ore totali di cui si parlava inizialmente. Le due console rivali, per chi non lo sapesse, contano entrambe una missione segreta dedicata, una ispirata ai vecchi Metal Gear per PS4, e una completamente di fantasia con Raiden protagonista su Xbox One. Non possiamo dirvi come sbloccarle, ma sappiate che non è affatto semplice.
Fai la ninna bella guardia
Da una parte abbiamo indubbiamente apprezzato i ritocchi al sistema, ma i dubbi non mancano. Il succitato bullet time è davvero troppo efficace e, pur non potendo controllare la cosa nella nostra breve prova, speriamo venga eliminato alla difficoltà massima, o sia disattivabile in quella normale. Peraltro ci ha stupito negativamente la poca interattività della mappa, dove molti edifici non sono visitabili in alcun modo, e Snake non può nemmeno nascondersi nei bagni chimici e nei cassonetti sparsi per la base se scoperto, solo trovare locazioni abbastanza celate da non catturare l’attenzione degli agguerriti inseguitori. Non finisce qui, il trenino dei morti infatti non è scomparso, e siamo riusciti senza problemi a formare una pila notevole di nemici lasciando che venissero attirati uno alla volta dal corpo esanime di un loro commilitone. Quest’ultima cosa in particolare ci ha infastidito, perché in più di un recente stealth game sono state trovate soluzioni piuttosto astute per aggirare la problematica.
Se il gameplay ha proiettato più di un’ombra sulla produzione made in Konami, non possiamo invece dire lo stesso del comparto tecnico, poiché il Fox Engine si è dimostrato seriamente degno di lode. Non siamo di fronte a un conteggio poligonale inarrivabile, o a mappe dettagliate in modo assurdo (forse anche a causa della natura cross gen del gioco), ma la resa dei tessuti e delle texture è a tratti da applausi, il realismo dei volti superbo, l’illuminazione incredibile e le animazioni impeccabili. Tolto qualche problema di caricamento della schermata degli obiettivi, anche legato all’impossibilità di mettere il gioco in pausa o di attivare il codec, non abbiamo poi notato mancanze gravi, e siamo seriamente curiosi di scoprire cosa potrà fare l’engine con mappe più variegate ed estese di quella di Camp Omega.
Eccezionale infine il sonoro, con un Kiefer Sutherland che riesce egregiamente nel compito di donare una nuova voce a Big Boss, doppiaggi generalmente eccezionali, e un accompagnamento musicale al bacio che dimostra ancora una volta il tocco di Kojima. 

– Nuova struttura aperta, che trasforma la formula classica

– Tecnicamente superbo

Per ovvie ragioni ci siamo limitati il più possibile in questa preview di Ground Zeroes, esprimendo solo i nostri dubbi iniziali sul gameplay e descrivendo a grandi linee la nuova struttura del titolo di Kojima. Ve lo diciamo immediatamente, non è un prodotto facile da valutare, e avremo bisogno di molto più tempo per renderci davvero conto di quanto vale. La nostra opinione sugli stravolgimenti alla formula la scoprirete tra qualche giorno, quando spunterà la nostra recensione. Preparatevi, come al solito Hideo scatenerà il finimondo.