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a cura di Phoenix

Pubblicato il 29/09/2013 alle 00:00

Vogliamo spendere qualche parola. Ci sembra doveroso, importante e quanto mai necessario. Il nostro plauso va ad una compagnia italiana, la TIconBLU, che, tracciando una nuova strada nell’industria videoludica, ha sviluppato un videogioco interamente fruibile anche da persone non vedenti.
Ivan Venturi, direttore, ideatore e scrittore del gioco “Nicolas Eymerich Inquisitore: La Peste”, ha mostrato, grazie a questo gioco, che anche il mondo dei videogiochi può rivelare grande sensibilità e, soprattutto, una grande attenzione verso il problema della disabilità visiva. In un mondo videoludico pieno di sparatorie, di urla e di grafica realistica, certe cose passano inosservate; a volte, le tematiche profonde e importanti vengono tristemente snobbate, talvolta anche derise. Il lavoro di TIconBLU è assolutamente unico, non per la sua grafica, non per il suo gameplay, non per la trama, bensì proprio per la sua fruibilità.
L’amarezza di una condizione.
Nicolas Eymerich Inquisitore: La Peste non è un gioco “per i ciechi”, è un gioco che vuole essere “per tutti”; la persona non vedente ha solo bisogno di strumenti differenziati pensati appositamente per evitare la necessità della vista. Ciò che noi conosciamo attraverso la mera e semplice visione, egli deve conoscerlo in un modo diverso, ma le sue capacità intellettive sono esattamente le stesse di una “normale” persona vedente. Così, gli sviluppatori del gioco hanno prestato un’attenzione particolare alle descrizioni geografiche dell’ambiente e delle azioni compiute dal protagonista, nonché alle digressioni storiche e ai numerosi dialoghi. Non stiamo parlando di una semplice sintesi vocale; si tratta di testi recitati con pathos ed espressività, in grado di trascinare pienamente il giocatore nell’atmosfera trecentesca in cui è ambientato il titolo. Oltre all’importanza della componente uditiva, gli sviluppatori hanno garantito l’accessibilità del gioco al non vedente grazie alla semplificazione delle azioni da effettuare. Pochi e semplici tasti, che si schiacciano uno alla volta: su PC e MAC i giocatori non vedenti possono giocare usando la tastiera; il tasto TAB per passare da un’area all’altra o per selezionare un’azione, ENTER per confermare, CONTROL per la descrizione dell’ambiente, ALT per esaminare oggetti o aree senza dover scegliere l’azione e con lo SHIFT si ottiene l’aiuto generale per andare avanti. Il gioco risulta pienamente accessibile anche utilizzando i dispositivi mobili con sistema operativo iOS dove al posto della tastiera si gioca grazie ad una manopola detta rotore. Inizialmente la versione iOS non era accessibile, ma grazie alle segnalazioni dei giocatori, il videogioco è stato ulteriormente migliorato, dimostrando non solo quanto gli sviluppatori tenessero al proprio obiettivo di accessibilità, ma anche quanto sia importante, in termini di principi sia etici che morali, il lavoro di Ivan Venturi.
Certo, Nicolas Eymerich Inquisitore: La Peste non è un gioco perfetto, eppure rappresenta un piccolo passo avanti. Un passo che traccia una via, una direzione che non deve essere abbandonata; perché anche le persone non vedenti hanno il loro tempo libero, e perché anche le persone non vedenti vorrebbero essere, a tutti gli effetti, “giocatori”.
“Sai, Andrea,” – mi disse una volta un amico – “certe volte mi mancano le ore passate a giocare con i miei videogiochi preferiti; il tempo scorreva senza che me ne accorgessi. Mi divertivo tantissimo. Era bello.”
Lui era sereno, tranquillo, forte. Io…io ero commosso. Non poteva vedere i miei occhi che, d’un tratto, divenivano lucidi. Ma poteva ascoltare;
“Posso solo immaginare…” – non feci in tempo a dire altro, le mie parole si spezzavano come piccoli ramoscelli sotto un freddo vento invernale; la voce tremava leggermente…e lui capì:
“Oh, non fare così, amico mio. I videogiochi, per definizione, hanno bisogno di un video. Bisogna che siano visti perché si realizzino. Per poter giocare bisogna essere in grado di soddisfare le regole del gioco; questo vale per qualsiasi gioco, ed io, in questo caso, non posso giocare poiché non posso soddisfare una necessità fondamentale che il gioco richiede: io non posso vedere. Ho imparato ad accettarlo, a farmene una ragione.”
“Lo so; ma comunque è una cosa triste, che lascia tanta amarezza.”
Una nuova via.
Il lavoro degli sviluppatori è passato fin troppo inosservato. Non poteva non accadere in un paese come il nostro, un paese in cui l’indifferenza è diventata quasi un abituale costume, un paese in cui si presta troppa poca attenzione alle numerose barriere che separano, ogni uomo, dalla sua autonomia e dignità che, per diritto e per principio, gli spettano in modo assoluto. Suona strano, allora, che gli sviluppatori siano italiani, a dimostrazione del fatto che, anche in un paese come il nostro, esistono altruismo e sensibilità intellettuale. Questo gioco è un messaggio rivolto a tutti, è un messaggio intellettuale oltre che ludico, è un messaggio che viene dall’industria videoludica italiana, e questo, detto per inciso, non può che farci un immenso piacere.
Nicolas Eymerich è un inquisitore del XIV secolo, è un domenicano, ed è catalano; per Ivan Venturi tutto ciò significava una cosa sola: egli non avrebbe mai potuto parlare italiano, né inglese o americano. Nicolas Eymerich parlava necessariamente latino. Da qui la splendida implementazione del latino all’interno del gioco; un’altra di quelle cose che, nel mondo odierno, passano del tutto inosservate. Così cominciava l’avventura filologica di Ivan Venturi, che lo conduce indissolubilmente verso un incontro destinato a farlo riflettere in modo fondamentale sulla fruibilità dei videogiochi. Durante la sua ricerca filologica, infatti, Ivan Venturi si imbatte in un esperto latinista non vedente. Questo incontro con una realtà diversa coinvolge il concetto stesso di “videogioco”, e sarà fondamentale ai fini dello sviluppo di un videogioco accessibile ai non vedenti.
In Nicolas Eymerich Inquisitore: La Peste il videogiocatore può fare a meno del “video”. Creare un’avventura grafica interamente fruibile dalle persone non vedenti significa concedere, a queste persone, un modo nuovo di impiegare il loro tempo libero. Significa ampliare le possibilità di divertimento, di svago, di diletto. Significa superare la loro disabilità o, se preferite, sconfiggerla, anche se per pochi minuti; sì perché grazie alle accurate descrizioni, e all’attenta recitazione dei dialoghi, i ragazzi di TIconBLU hanno permesso, al videogiocatore non vedente, la possibilità di vedere con la propria mente ciò che noi vediamo attraverso gli occhi. Nicolas Eymeric Inquisitore: La Peste permette a tutti di essere giocato senza avere bisogno della vista. Un primo piccolo passo verso un videogioco che sia, davvero, un “videogioco per tutti”.

Nicolas Eymerich Inquisitore: La Peste merita tutto il nostro rispetto. Il lavoro svolto da TIconBLU è sicuramente un passo importante e decisivo, nonché unico all’interno dell’industria videoludica; l’attenzione e la cura che sono state impiegate nella realizzazione di questo titolo meritano, giustamente, tutta la nostra sincera commozione.

A loro dedichiamo queste parole, per dimostrare che il loro messaggio non è passato inosservato:

“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono.” José Saramago – Cecità.

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