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Immagine di Vectronom | Drop the beat
Recensione

Vectronom | Drop the beat

Un esperimento musicale che va oltre al semplice videogioco

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Avatar di Daniele Spelta

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Pubblicato il 30/05/2019 alle 13:55 - Aggiornato il 01/07/2019 alle 11:07
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  • Pro
    • Sound design e level design sono un'unica cosa
    • Difficile e allo stesso tempo assuefacente
    • Uno spettacolo di suoni e colori
    • Più di un semplice gioco
  • Contro
    • Non adatto per chi soffre di fotosensibilità
    • Qualche volta si fatica a "leggere" il livello

Il Verdetto di SpazioGames

9
Sono sicuro di non aver reso in alcun modo merito a quella follia che risponde al nome di Vectronom. Certo, qualche volta sono stato ad un passo da una crisi di nervi, ma la gioia nel superare l'ennesimo livello-puzzle spazzava via all'istante ogni traccia di frustrazione. Ludopium è riuscito a creare una piccola gemma fatta di luci e suoni in grado di far parlare perfettamente le due metà, un titolo intelligente e che mette alla prova il cervello con continue variazioni. Al livello ludico si somma poi quello più sperimentale, dove è lo stesso giocatore a vestire i panni del direttore di un ensamble elettronico.

“Ti consigliamo di usare cuffie o casse ad alto volume per un’esperienza di gioco ottimale. Ti invitiamo a fare regolarmente delle pause per una sessione di gioco più sana”. Questa è la prima schermata che mi sono trovato davanti avviando Vectronom, praticamente il manifesto di quella sinestesia flashata che mi avrebbe avvolto nelle ore successive. Sviluppato da Ludopium e pubblicato da ARTE France, si tratta di un platform-puzzle-rhythm game, un’etichetta forse un po’ esagerata per descrivere nient’altro che un cubo che si muove a tempo lungo percorsi sempre più complessi. Se ci si attiene alla mera descrizione, il gioco viene effettivamente svuotato dalla sua essenza quasi ipnotica e privato delle sue spirali da cui è difficile divincolarsi. Lo scopo è presto detto: muovere un corpo geometrico da un punto A ad un punto B attraverso livelli composti da piattaforme in movimento, il tutto mentre una musica elettronica guida i passi. Tutto molto semplice vero? No, e credo che la migliore smentita sia l’achievement che ho sbloccato dopo pochi minuti passati nel mondo di Vectronom: “Oops – Die a hundred times”.

Vectronom Img

Il ritmo diabolico di Vectronom

Spulciando fra i credits non ho trovato il nome di Satana in persona, ma probabilmente il team teutonico si è avvalso della sua collaborazione per creare modi sempre nuovi per mandare in frantumi i miei sogni di gloria e per confermare la mia incapacità nel tenere il ritmo. Se nei primi stage tutto sommato non è stato così complesso trovare la chiave di lettura, già dal terzo mondo le cose si sono fatte decisamente più dure, con il contatore dei game over che cresceva in modo esponenziale. Fino ad un punto di rottura e no, non è stato il lancio della tastiera contro il monitor.

L’unico modo per aver la meglio in situazioni via via più diaboliche è proprio lasciarsi trascinare dalla sincronia di Vectronom e capire che ogni singolo elemento è perfettamente complementare e funzionale. La colonna sonora – di cui è già presente una demo su Bandcamp qui – è un concentrato di musica elettronica, un incessante battere di bassi creato da Juan Orjuela che si innesta alla perfezione con il mutare dei passaggi e che scandisce l’apparizione di ostacoli e pericoli. Audio design e graphic design sono un’unica cosa, modellano costantemente l’architettura dei livelli e proprio quando si capisce questo connubio le dita iniziano a scivolare in modo automatico, quasi fossero possedute da un ritmo tribale.

Tum-tum-tum… Tam-tum. Destra-destra-destra-su. Niente da fare, prima morte. Tum-tum-tum… Tam-tum. Destra-destra-destra, pausa, su. Nessuna nuova, altro KO. Tum-tum-tum… Tam-tum. Destra-destra-destra, pausa, su e ancora destra. Soluzione trovata! Ogni livello è un mini-puzzle con un proprio codice audio-visivo, un metronomo interno che scandisce i passi di quell’anonimo cubo. Inutile dire la felicità quando l’enigma viene risolto e si riesce ad avanzare nella sezione successiva, dove il processo si ripete seguendo una curva della difficoltà sempre più ripida. L’asticella è posta abbastanza in alto e se non avete la giusta dose di pazienza potreste sbattere in fretta il naso contro un muro decisamente spesso. Vectronom ha però l’antidoto giusto, fatto di save point frequenti che intervallano porzioni di gioco contenute evitando così di perdere lunghe sessioni solo per una leggera distrazione.

Grafica e musica all’unisono

Grafica e suoni vengono sfruttati come perni per il game design e sono allo stesso tempo alla base di una caratterizzazione estetica unica. Vectronom è titolo assuefacente ad ogni livello e ti intrappola nei suoi schemi spigolosi in un continuo alternarsi di luci e cadenze psichedeliche a cui è difficile resistere. Data l’importanza dei colori, bisogna fare una lode al team per aver saggiamente inserito una lunga lista di opzioni che rendono il gioco accessibile anche a chi ha dei deficit nel riconoscimento di certe tonalità. L’unica vera controindicazione sono invece i continui flash che potrebbero dare alla lunga fastidio a chi soffre di determinate patologie, mentre proprio a livello di gameplay capita che il percorso stacchi poco rispetto allo sfondo, anche a causa della visuale isometrica.

Sono piccoli difetti che spariscono davanti alla fisicità che scaturisce dalla fusione tra immagini e ritmo, capace di attraversare tutto il corpo e di farlo muovere a tempo con la musica, che sia solo per un dito che passa sul classico sistema WASD o per entrambi i piedi che si attorcigliano su un tappetino digitale. Vectronom è più di un semplice gioco, lo definirei piuttosto un perfetto esperimento musicale e può trasformarsi in un vero e proprio strumento da suonare e plasmare per creare intere performance. Sono infatti supportati con agilità strumenti MIDI come batterie, controller, tappetini o tastiere da utilizzare come input per guidare il proprio avatar, ma la stessa apparecchiatura può essere sfruttata per influenzare i suoni e i colori, trasformando così il gioco in un concerto digitale.

Un’orchestra di strumenti colorati

L’esperienza diventa orchestrale quando viene condivisa con altri tre giocatori, che possono entrare e sparire dalla scena con un semplice click: il primo improvvisa con la palette cromatica, il secondo inserisce una nuova linea melodica semplicemente spostandosi a destra e poi a sinistra e infine il terzo completa l’opera arrivando al punto finale del quadro. Le regole vengono così ribaltate e Vectronom si traveste da spartito su cui sbizzarrirsi. Come detto all’inizio, è difficile imbrigliare l’opera di Ludopium dentro caratteri in nero su bianco e forse la miglior vetrina è l’esibizione tenuta proprio dal team in occasione dello scorso Stunfest, un elettro-trip che potete recuperare qua su Twitch.

+ Sound design e level design sono un'unica cosa

+ Difficile e allo stesso tempo assuefacente

+ Uno spettacolo di suoni e colori

+ Più di un semplice gioco

- Non adatto per chi soffre di fotosensibilità

- Qualche volta si fatica a "leggere" il livello

9.0

Sono sicuro di non aver reso in alcun modo merito a quella follia che risponde al nome di Vectronom. Certo, qualche volta sono stato ad un passo da una crisi di nervi, ma la gioia nel superare l’ennesimo livello-puzzle spazzava via all’istante ogni traccia di frustrazione. Ludopium è riuscito a creare una piccola gemma fatta di luci e suoni in grado di far parlare perfettamente le due metà, un titolo intelligente e che mette alla prova il cervello con continue variazioni. Al livello ludico si somma poi quello più sperimentale, dove è lo stesso giocatore a vestire i panni del direttore di un ensamble elettronico.

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