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Total War: Three Kingdoms Recensione | L'arte della guerra

Total War: Three Kingdoms, la migliore campagna mai realizzata, ma battaglie che non sorprendono

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Informazioni sul prodotto

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Total War: Three Kingdoms
  • Sviluppatore: Creative Assembly
  • Produttore: Sega
  • Piattaforme: PC
  • Generi: Strategico
  • Data di uscita: 23 maggio 2019

Total War: Three Kingdoms è figlio di un viaggio che dura da venti anni.

Geograficamente Giappone e Cina non sono così distanti, ma dopo Shogun: Total War Creative Assembly ha esplorato il Mediterraneo dell’Età classica, gli anni bui del medioevo, gli imperi europei del ‘700 e ha fatto visita alle lande desolate di Warhammer. Total War: Three Kingdoms – d’ora in avanti solo Three Kingdoms per amor di sintesi – rappresenta un punto di arrivo, raccoglie l’esperienza maturata lungo la strada e allo stesso tempo cerca di far compiere un nuovo passo in avanti alla serie. Tiene saldamente per mano il suo passato, ma ha lo sguardo rivolto al futuro. Il risultato è una miscela di tradizionalismo e innovazione, ma in un percorso che si protrae da due decenni sono quasi fisiologici dei mezzi passi falsi e purtroppo anche l’ultimo arrivato in quel di Horsham fatica a scrollarsi dalle spalle alcune storture croniche.

Gli ultimi anni del II secolo d.C non sono stati un momento turbolento solo per l’Impero Romano. Proprio nello stesso periodo si assisteva al tramonto della dinastia Han in Cina e le dense nubi all’orizzonte preannunciavano un vuoto di potere che sarebbe stato colmato solo dalle incessanti lotte tra i signori della guerra. Un periodo come quello dei Tre Regni pare essere scritto apposta per un Total War: dalla rivolta dei Turbanti Gialli fino all’ascesa della dinastia Jin è tutto un incessante susseguirsi di dispute per il trono, immense battaglie, tradimenti e alleanze, in cui spiccano alcune figure immortalate nelle Cronache dei Tre Regni e nel Romanzo dei Tre Regni, rispettivamente le fonti storiche ufficiali e la narrazione mitologia di quell’arco temporale.

La storia secondo Total War

Le lancette segnano il 190 d.C e Dong Zhuo ha appena occupato la capitale approfittando dell’assenza dei generali Cao Cao e Sun Jian, impegnati a sopire le fiamme di una ribellione che divampa in tutte le province. Le montagne del nord sono scosse dagli eserciti di Zheng Jiang e di Zhang Yan, banditi alla ricerca di gloria personale e solo pochi governatori illuminati come Liu Biao cercano di mantenere l’ordine pubblico. Il quadro è estremamente frammentato e, nonostante l’epopea abbia raggiunto una certa fama anche dalle nostre parti e sia stata sfruttata in numerose produzioni videoludiche, è facile che molti attori non dicano nulla e i loro nomi non rimandino ad alcun ricordo liceale.

Il contesto calza alla perfezione con la natura della serie ed è sicuramente affascinante ma rischia di tagliar fuori – almeno al primo impatto – chi preferisce vicende a noi geograficamente più vicine. C’è un modo per recuperare: da qualche tempo a questa parte Creative Assembly ha iniziato un progetto di crossmedialità in collaborazione con siti didattici come Ancient History Encyclopedia e canali divulgativi come Kings and Generals, un’unione di intenti che approfondisce il background storico dei vari titoli e che si rivela la perfetta porta di ingresso anche per Three Kingdoms. Il titolo viene inoltre caratterizzato dalle voci originali, con la possibilità di impostare il doppiaggio in cinese e i sottotitoli in italiano, e grazie ad una UI disegnata in puro stile orientale e che segue i dettami stilistici del periodo.

Le già citate Cronache e il Romanzo dei Tre Regni sono rispettivamente alla base di due modalità di gioco separate. La prima è più realistica e garantisce un’esperienza in linea con i precedenti titoli della serie, mentre la Romance Mode si avvicina – ovviamente senza sconfinare nel fantasy puro – ai recenti Total War: Warhammer, dove i protagonisti assurgono al rango di eroi leggendari semi-invincibili e sono dotati di poteri straordinari. Le principali differenze emergono durante le battaglie, mentre la parte gestionale della campagna resta in gran parte uguale a prescindere dalla scelta iniziale. Paradossalmente proprio la componente strategica è quella su cui si avverte con più forza il cambio di registro ed quella dove si sono maggiormente concentrati gli sforzi della software house.

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Un mare di novità, ma un sacco di nomi uguali

Le novità arrivano ancor prima di iniziare una campagna: le dodici fazioni fra cui scegliere – numero decisamente buono visto i poco incoraggianti precedenti – portano il nome dei loro leader, veri protagonisti di un’opera che vuole essere innanzitutto il racconto epico della nascita di un impero. Niente accuse di campanilismo, ma nelle prime battute la vera difficoltà è stata la confusione generata da nomi spesso uguali e difficili da piazzare su una mappa dai confini decisamente estesi. Tutti più o meno sappiamo dove era collocata Cartagine o i territori occupati dalla Repubblica di Venezia, vi sfido però a trovare la provincia governata da Kong Rong o la sfera d’azione di Sun Jian. L’apice si è toccato durante una campagna dove eravamo alleati di Yuan Shao e nemici di Yuan Shu.

Superato lo scoglio iniziale ecco venire a galla quella che con tutta probabilità è la campagna meglio realizzata nella lunga storia della serie. Il merito va ascritto ad una serie di fattori che lavorano all’unisono e connettono i vari livelli, da quello amministrativo a quello militare, tenuti assieme dagli stessi eroi. Creative Assembly ha ascoltato le lamentele dei suoi fan e sin dal lancio Three Kingdoms possiede svariate meccaniche dimenticate nelle ultime iterazioni. Il benessere del proprio regno è determinato dalle scorte di cibo, dalle riserve per le truppe, dall’ordine pubblico, dalla numerosità della popolazione e, ovviamente, dalle entrate economiche. Gli ingredienti da tenere sotto osservazione non sono affatto pochi e spesso c’è da decidere quale risorsa sacrificare per ottimizzare i risultati, ad esempio costruendo edifici che incrementino la natalità a discapito magari dell’armonia interna.

L’unico dubbio riguarda la suddivisione della mappa in comanderie. Queste regioni ricalcano quanto visto in Thrones of Britannia o Empire: Total War e sono composte da una capitale dotata di vari slot per le costruzioni e da uno o più insediamenti secondari legati a delle risorse prestabilite, indispensabili per le provviste e per i commerci. Questa impostazione limita le scelte ed è soprattutto caratterizzata da una crescita per lo meno bizzarra: all’interno della stessa città infatti può essere costruito solo un edificio per volta che può essere però realizzato istantaneamente tramite l’esborso di una maggiore quantità di denaro. Sono evidenti gli impatti sul ritmo dello sviluppo, oltretutto senza una reale giustificazione. Anche le tecnologie – qui chiamate riforme – al di là di una pregevole realizzazione estetica, non conferiscono un’adeguata diversificazione fra le varie potenze e seguono percorsi decisamente standard, fra migliorie infrastrutturali, militari, filosofiche e civili.

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Una gestione sempre più determinante

Nei precedenti Total War il lato gestionale viveva in uno spazio quasi astratto e scollegato da regnanti e comandanti, spesso semplici pedine da schierare in battaglia. Ora, utilizzando una metafora cara alla filosofia orientale, i leader stessi sono il centro di una ruota e da essi si dipanano i vari raggi, che confluiscono infine nel cerchio. Ciascun protagonista ha una sua personalità, uno stile di gioco differente – più aggressivo o orientato alla diplomazia – ed è dotato di abilità uniche, come ad esempio la possibilità di reclutare in territorio nemico o l’accesso ad alcuni edifici speciali. Vengono poi ripresi sia l’albero genealogico sia gli impieghi di corte, a cui si sommano gli incarichi e i posti da governanti per le singole regioni.

Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria e tutte le decisione portano a dei risultati concreti, non sempre quelli sperati. I personaggi non sono infatti statue di gesso impassibili agli eventi, ma sono dotati di una certa autonomia: scontentate un vostro comandante per troppe stagioni e questo non ci penserà due volte a voltare le spalle e a portare il suo esercito sotto il vessillo di un rivale. Questo conferisce allo svolgimento della partita un alto tasso di fluidità e le dinamiche di interazione possono cambiare da un momento all’altro andando ad influenzare i rapporti con le altre potenze e quelli interni alla fazione. Il concetto è espresso tramite il Guanxi, la rete di vincoli che turno dopo turno si instaura tra le varie personalità e che non è mai scolpito nella pietra. Gli attori sono numerosi e i nomi non sono certo facili da ricordare ed è per questo che l’UI – almeno durante la fase a turni – svolge un ruolo fondamentale e tramite chiari indicatori segnala gli effetti di una possibile decisione. L’amicizia e l’odio funzionano inoltre come snodi narrativi e danno vita a missioni e dilemmi da risolvere che spaziano dalla successione dinastica agli intrighi di corte.

Anche la diplomazia viene condizionata dal Guanxi e dichiarare guerra ad un nemico rischia di far crollare il proprio regno dalle fondamenta se nelle schiere avversarie figurano generali legati da uno stretto vincolo di amicizia con i propri comandanti. Al di là di queste interconnessioni, l’intera gestione delle relazioni è stata rivista e finalmente assume un certo spessore, non limitandosi ai soliti patti di non aggressione o agli accordi commerciali. Le stesse alleanze sono determinate dalla fiducia reciproca fra i leader e sono il punto di arrivo di coalizioni in cui ogni membro ha diritto di voto, un’alzata di mano che può ovviamente essere orientata tramite favori e anche sotterfugi.

Three Kingdoms non risolve tutti i problemi relativi ad una AI non sempre reattiva, ma di certo tappa le falle più evidenti, come gli stati tributari e i vassalli che ora seguono percorsi più logici e non si rivoltano dopo un paio di turni. Inoltre, finalmente c’è modo di avanzare in modo semi-automatico delle controproposte e non si perde più tempo alla ricerca di un punto comune quasi impossibile da trovare. La diplomazia ha inoltre delle dirette ricadute sull’end game, storicamente uno dei punti deboli della serie e in cui gli ultimi turni venivano passati a fagocitare i brandelli dei pochi rivali rimasti. Qui la situazione è ben diversa e le fasi finali si traducono in una battaglia senza quartiere tra blocchi contrapposti, delle veri e proprie coalizione mastodontiche in lotta per il regno.

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Three Kingdoms ha subito un profondo redesign in molti aspetti, come nel caso degli agenti. Quello che di primo acchito sembrava una mancanza si è rivelato invece uno dei punti di forza del titolo. I classici assassini o campioni sono stati eliminati e non figurano più come personaggi attivi da spostare lungo la mappa. Al loro posto è stato introdotto un inedito sistema di spionaggio, grazie al quale infiltrare le proprie pedine nei ranghi nemici e creare così una rete sotterranea in grado di sabotare gli eserciti, intere provincie fino ad arrivare alla dinastia stessa. È un’arma molto potente ed è per questo che occorre studiare bene che generali assoldare, perché una lama puntata al collo di un rivale potrebbe cambiare repentinamente direzione.

L’assoluta importanza dei personaggi passa anche da una caratterizzazione quasi da gioco di ruolo, dettata dall’accumulo/spesa di punti abilità, da dotazioni che interessano armi, corazze, cavalcature ed oggetti unici e da parametri come l’autorità, la perizia, l’astuzia, la risolutezza e l’istinto. All’apparenza sono tanti fattori secondari ma è nella somma che va vista la loro importanza, proprio come tanti piccoli tasselli che vanno a comporre un vasto mosaico.

Per quanto sia ricca e sfaccettata, la componente strategica è solamente l’antipasto della portata principale di ogni Total War: gli scontri in tempo reale. Purtroppo è proprio nella tattica che Three Kingdoms presenta le maggiori incertezze, mostrando da un lato un innovativo connubio tra fase a turni e battaglie, espresso ancora una volta tramite i legami instaurati tra i generali, ma allo stesso tempo lascia indietro quello che realmente fa la differenza nel momento in cui due eserciti incrociano il proprio cammino. Gli interrogativi sorgono ancor prima che le spade cozzino, in particolar modo nella formazione degli eserciti e nel loro reclutamento. Ciascun battaglione è composto al massimo da tre generali, a loro volta accompagnati da uno a sei manipoli, per un totale massimo di ventuno unità, cifra troppo simile al passato ma con un peso specifico maggiore vista la presenza delle dimensioni estreme, con la fanteria ad esempio formata da 240 singoli soldati.

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In questa connessione emerge di nuovo l’importanza dei personaggi. Essi sono identificati da un ruolo – stratega, comandante, avanguardia, guerriero e sentinella – e conferiscono a certe tipologie di truppe determinati bonus, possibilità di schieramento e formazioni differenti. I soldati vengono arruolati direttamente dai generali e non sono più legati a determinati edifici, con una meccanica del tutto simile a quella vista in Thrones of Britannia. L’impatto di questo sistema è molto evidente. Innanzitutto ha delle pesanti ricadute sul ritmo di gioco, penalizzato da eserciti che richiedono parecchi turni per essere a pieno rango, visto che un manipolo appena reclutato apparirà sì all’istante ma solo con poche singole unità. In secondo luogo lo sviluppo militare viene quasi interamente affidato all’albero delle tecnologie e gli accampamenti militari garantiscono solo piccoli vantaggi, svuotando così la loro importanza.

La situazione non migliora sul campo di battaglia, anche se qualche aspetto positivo comunque c’è. La diversificazione delle mappe è buona e viene data rilevanza agli assedi delle città principali e degli insediamenti secondari, difesi da torri e postazioni difensive. Convince anche la varietà delle truppe, che amplia la classica tripartizione fra fanti, arcieri e cavalieri e introduce più classi fra le milizie. Ancora una volta non ci sono le battaglie navali, ma vista la geografia della mappa non è poi una mancanza così grave. Poi però iniziano i problemi, in primo luogo per una UI che ha fatto molti passi indietro rispetto a quella decisamente più riuscita di Total War: Warhammer. Le statistiche delle unità sono affidate a schede invasive e poco chiare, dove le icone hanno sostituito per un motivo non chiaro le voci testuali dei valori offensivi e difensivi. Allo stesso modo gli indicatori posti sopra la testa dei manipoli sono troppo piccoli, non distinguono efficacemente le varie tipologie di unità e senza la costante pressione della barra spaziatrice è persino difficile identificare a prima vista i due eserciti.

L’AI è incapace di adattarsi alle varie situazioni, schiera sempre la stessa formazione fatta di fanti in prima linea, truppe da lancio mal difese e con la sola cavalleria in grado di manovrare in modo convincente. La situazione peggiora durante gli assedi o alla presenza di trabucchi, con le fila nemiche che si lasciano bombardare alternando solamente l’unità da mandare al macello. Questi difetti vengono ovviamente meno al cospetto di un generale in carne ed ossa e le proprio sfide online, al sicuro da questi rischi, brillano grazie all’ampio ventaglio di scelte messe a disposizione in fase di reclutamento.

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Per quel che riguarda il ritmo delle battaglie occorrerebbe fare un distinguo tra la modalità “fantasy” e quella più realistica. Il condizionale è quanto mai d’obbligo. Sulla carta la Romance Mode prevede scontri più veloci e dove risalta l’eroismo dei generali, da cui dipende spesso l’esito della battaglia. Nelle Cronache il passo è più lento, assume un maggior peso la stanchezza delle truppe e gli stessi comandanti sono accompagnati da guardie del corpo. Le differenze sono più teoriche che pratiche e anche nella seconda modalità capita spesso che gli scontri non durino più di cinque minuti, con fughe di massa dettate da un morale che cala troppo velocemente anche per le truppe d’élite.

Quello che realmente contraddistingue la Romance Mode è la presenza di duelli per i singoli eroi, scontri 1 vs 1 altamente spettacolari, dotati di una spiccata profondità tattica e impreziositi dall’uso delle abilità speciali. Anche questa meccanica non è esente da pecche: capita di vedere l’IA accettare uno scontro impari, magari lanciando a testa bassa il proprio generale contro delle picche tese pur di raggiungere l’odiato rivale. Il faccia a faccia crea inoltre una “safe zone”, un’area che rende difficili le manovre per le unità nei pressi. Inoltre, data l’importanza di questi duelli, c’è il rischio che nelle battaglie online questo sistema venga sfruttato per assassinare immediatamente il leader avversario, pratica spiacevole e già abusata nei due Warhammer.

L’arte della tecnica

La stessa resa grafica nelle battaglie è abbastanza altalenante. I modelli poligonali delle unità sono fin troppo uguali tra di loro – qui forse gioca un brutto scherzo il ricordo delle terrificanti creature ideate da Games Worshop – e alzando lo zoom spariscono quasi dalla vista e si trasformano in masse informi. La situazione migliora decisamente se si avvicina lo sguardo e si getta l’occhio sulle ricche animazioni e sull’effettistica, soprattutto al cospetto dei giochi di luce e delle scie infuocate che saettano sotto i cieli stellati nelle battaglie notturne. Discorso opposto per la realizzazione visiva durante le fasi a turni, con una mappa carica di dettagli e differente fra le varie zone, con un susseguirsi continuo di deserti, boschi e montagne. Infine, nonostante dei requisiti abbastanza permissivi, Three Kingdoms si è rivelato un gioco abbastanza pesante da gestire, in particolar modo per gli assedi dove venivano coinvolti più eserciti e in cui erano evidenti piccoli rallentamenti. In ogni caso nulla di drammatico e che non potrà essere sistemato con le prossime patch.

Parlando di contenuti futuri, è impossibile non accennare ai prossimi DLC, anzi, a quelli già presenti, visto che il faction pack per i leader dei Turbanti Gialli è venduto come bonus pre-order. Infine, spiace constatare lo scarso supporto dato alla sezione competitiva, con le battaglie classificate sprovviste di un match making basato sul ranking.

Hardware

Requisiti minimi:

– Sistema operativo: Windows 7 64 Bit

– Processore: Intel Core 2 Duo 3.00Ghz

– Memoria: 4 GB di RAM

– Scheda video: GTX 650 Ti | HD 7850 1GB VRAM

– DirectX: Versione 11

– Memoria: 60 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati:

– Sistema operativo: Windows 10 64 Bit

– Processore: Intel i5-6600 | Ryzen 5 2600X

– Memoria: 8 GB di RAM

– Scheda video: GTX 970 | R9 Fury X 4GB VRAM

– DirectX: Versione 11

– Memoria: 60 GB di spazio disponibile

+ La migliore campagna mai realizzata in un Total War...

+ I personaggi e le loro relazioni sono realmente il fulcro del gioco

+ Diplomazia rivista e funzionante

+ Lo spionaggio aggiunge un ulteriore livello di complessità

+ Finalmente aggiunte le dimensioni estreme per le unità

+ Tante tipologie di milizie

-... A parte qualche lieve dubbio

- Le battaglie in tempo reale, per quasi tutti i loro aspetti

- Il sistema di reclutamento lascia più dubbi che certezze

- Sacrificato ancora una volta il multiplayer

- Ottimizzazione da migliorare

7.8

Bisognerebbe fare due recensioni separate per Total War: Three Kingdoms. Il giudizio non è mai stato così distante per la fasi a turni e per le battaglie in tempo reale. Per le prime ci si deve solo alzare in piedi e fare i complimenti a Creative Assembly: ad esclusione di qualche piccola imprecisione la parte gestionale ha raggiunto livelli degni dei migliori grand strategy e il focus dato ai personaggi riesce a tenere assieme le numerose sfaccettature di questa componente. All’opposto le battaglie risultano insipide, senza reali passi avanti per quel che riguarda l’AI e anche con una realizzazione della UI che lascia parecchi dubbi. Il titolo potrebbe quindi ricevere un’accoglienza del tutto differente, tanto amato dai fan che prediligono la parte strategica, tanto criticato da chi apprezza soprattutto la tattica.

Voto Recensione di Total War: Three Kingdoms - Recensione


7.8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • La migliore campagna mai realizzata in un Total War...

  • I personaggi e le loro relazioni sono realmente il fulcro del gioco

  • Diplomazia rivista e funzionante

  • Lo spionaggio aggiunge un ulteriore livello di complessità

  • Finalmente aggiunte le dimensioni estreme per le unità

  • Tante tipologie di milizie

Contro

  • ... A parte qualche lieve dubbio

  • Le battaglie in tempo reale, per quasi tutti i loro aspetti

  • Il sistema di reclutamento lascia più dubbi che certezze

  • Sacrificato ancora una volta il multiplayer

  • Ottimizzazione da migliorare

Commento

Bisognerebbe fare due recensioni separate per Total War: Three Kingdoms. Il giudizio non è mai stato così distante per la fasi a turni e per le battaglie in tempo reale. Per le prime ci si deve solo alzare in piedi e fare i complimenti a Creative Assembly: ad esclusione di qualche piccola imprecisione la parte gestionale ha raggiunto livelli degni dei migliori grand strategy e il focus dato ai personaggi riesce a tenere assieme le numerose sfaccettature di questa componente. All’opposto le battaglie risultano insipide, senza reali passi avanti per quel che riguarda l’AI e anche con una realizzazione della UI che lascia parecchi dubbi. Il titolo potrebbe quindi ricevere un'accoglienza del tutto differente, tanto amato dai fan che prediligono la parte strategica, tanto criticato da chi apprezza soprattutto la tattica.