Recensione

The Messenger - Un action platform a 24 bit

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Uno degli aspetti più gustosi di quando una console ottiene un certo successo di pubblico è che essa viene presa come piattaforma di riferimento per una grande quantità di sviluppatori, che puntano forte ai numerosi acquirenti e si mettono di bozzo buono a creare contenuti che possano stuzzicarne gli appetiti.
Successe con Xbox 360, nei giorni dorati degli Xbox Live Arcade, successe con PS4, che ebbe un impatto incredibile sul mercato dopo una partenza un po’ lenta, e sta succedendo con Nintendo Switch, che già ospita una libreria invidiabile di successi indie.
The Messenger, opera prima dei canadesi di Sabotage Studio, si aggiunge alla lista in punta di piedi, quatto quatto, come farebbe un buon ninja.

La staffetta della speranza
Può un singolo ninja, letale come un cobra e rapido come il vento, salvare un mondo in rovina, in cui i demoni fuoriusciti dalle profondità dell’inferno hanno già decimato la stragrande maggioranza della popolazione?
Nel gioco pensato da Thierry Boulanger, cofondatore di Sabotage Studio, sì: il nostro eroe riceverà una pergamena dalle proprietà magiche, l’unica capace di fermare i demoni che, altrimenti, finirebbero con lo sterminare ciò che rimane della razza umana.
Il suo compito sarà quello di portarla a destinazione senza finire tra i denti di una delle numerose mostruosità che gli si pareranno dinanzi, ma l’impresa sarà molto più facile a dirsi che a farsi.
Più che la storia in sé, che funge da semplice scintilla per gli eventi cui il giocatore sarà chiamato a prender parte, sono il tono e i continui riferimenti alla cultura pop e videoludica a rendere spassosa e meritevole la narrativa di The Messenger, sempre a metà tra battute che oggi verrebbero definite “da nerd”, citazioni (alcune anche oscure) e sfondamenti della quarta parete, con la chiara volontà di strappare un sorriso tanto ai giocatori di vecchia data (più o meno coetanei con il game designer…) quanto ai giovani di oggi, i quali, però si perderanno alcuni dei riferimenti e dei giochi di parole più sfiziosi.
Nonostante l’assenza della lingua italiana, la comicità di certe scene non perde nulla, dal boss che chiama il nostro eroe “postino” al demone che accompagnerà il nostro dopo ogni dipartita, reclamando un pagamento per i suoi servigi e suggerendo al giocatore di dare la colpa per la recente morte ad un non meglio identificato fenomeno di input lag.
Per non parlare di quel simpaticone del negoziante che…forse è meglio che lo scopriate da soli.
Insomma, a non saltare i (pochi) dialoghi si guadagneranno diversi momenti di ilarità, che testimoniano quanto sia maturo il medium videoludico, capace oggi tanto di autoreferenzialità quanto di prendersi in giro in maniera intelligente.
Stessa spiaggia, stesso mare
The Messenger è come tornare in vacanza in una location che pensavate di conoscere come le vostre tasche e che, invece, nell’arco di un paio di inverni si è trasformata completamente, tanto da lasciarvi di stucco: per più della metà, la campagna principale propone un avanzamento lineare, lungo stage dotati di un level design mai banale e di un gran numero di nemici, sebbene molti di questi tendano a ripetersi un po’ troppo spesso.
Nella sua prima metà, il gioco lascia il tempo di digerire la sua meccanica principale, il cloudstepping, e permette di diventare padroni della situazione, grazie ad una curva della difficoltà molto ben bilanciata e a checkpoint relativamente vicini gli uni agli altri.
Il cloudstepping è una tecnica che consente al ninja protagonista di innalzarsi sempre più in alto, utilizzando oggetti e nemici come trampolini: colpendo un nemico in volo, il nostro eroe guadagna un boost verso l’alto proprio come se avesse effettuato un ulteriore salto.
Padroneggiare completamente questa tecnica diventa presto fondamentale non solo per raggiungere i punti più nascosti della mappa (con relative ricompense), ma anche per uscire indenni (o quasi…) da alcune delle boss fight più impegnative del gioco.
Poi, ad un certo punto, quando il giocatore si sente sicuro dei suoi mezzi e vola rapace da un nemico all’altro, la prospettiva cambia: giustificata da un espediente narrativo, la struttura di gioco accantona la linearità tipica di un Ninja Gaiden per abbracciare la struttura aperta di tutti i Castlevania che hanno succeduto l’immortale Symphony of the Night, costringendo il giocatore ad un continuo andirivieni tra i livelli già visitati e le nuove aree che in essi si sono rese raggiungibili.
Stante il combat system rapido e relativamente semplice e la precisione richiesta in determinate fasi di platforming, The Messenger muta allora pelle come un serpente, spostando il focus sull’accumulo di gemme temporali per migliorare le statistiche del personaggio e sull’esplorazione certosina di livelli lungo i quali precedentemente si era passati quasi di corsa.
In questi frangenti, al giocatore viene concessa la capacità di spostarsi nel tempo attraverso portali spazio/temporali, che mutano istantaneamente tanto l’aspetto grafico quanto quello musicale, spostando di una generazione in avanti (dagli 8 bit iniziali ai 16) il prodotto, con un effetto gradevole e metareferenziale.
A queste condizioni, tornare indietro pesa molto meno, con l’esplorazione ed il combattimento inframezzati da semplici enigmi ambientali che possono essere risolti con un uso accorto del salto temporale: paradossalmente, nonostante questa scelta di game design sia quella che definisce The Messenger, non tutto, a partire dalla seconda metà del gioco, funziona come dovrebbe.
La varietà dei nemici ed il level design in particolare soffrono del ripetuto backtracking, l’una rivelandosi troppo limitata per sostenere un prodotto la cui durata sorpassa agilmente la decina abbondante di ore e l’altro troppo poco articolato per mantenere alto l’interesse dei giocatori, soprattutto quelli forgiati dai tentacolati vicoli oscuri di quel capolavoro che risponde al nome di Hollow Knight.
Al netto di queste mancanze, che comunque non inficiano in maniera determinante l’esperienza di gioco, The Messenger denota un grande amore per il medium videoludico e per i giochi di azione a piattaforme che furono, e, come tale, si guadagna senza troppa fatica la nostra raccomandazione.
Sega Mega Drive incoming
Come il manuale del titolo indipendente di successo ormai impone, The Messenger dimostra una grandissima cura per i dettagli e una presentazione audiovisiva di tutto rispetto: le vette raggiunte su Switch da titoli come Hollow Knight e Owlboy sono distanti, anche perché il chiaro omaggio ai primi Ninja Gaiden toglie un po’ di originalità al character design, ma lamentarsi delle animazioni o dei vari livelli di gioco sarebbe davvero un esercizio impossibile.
Dal bestiario nemico, non particolarmente creativo ma estremamente folto, allo spettacolare stacco tra l’estetica a otto e quella a sedici bit, passando per la miriade di dettagli su cui possono contare gli sprite del protagonista e dei boss, è evidente come il lavoro dietro questo debutto di Sabotage Studio sia stato encomiabile.
In quest’ambito, la colonna sonora chiptune rappresenta la classica ciliegina sulla torta: opera dell’apprezzato artista statunitense Eric Brown (aka Rainbowdragoneyes), può contare, di fatto, su due varianti di ogni pezzo (una a otto ed una a sedici bit), che mescolano agilmente elettronica, pop, funk e rock, a creare un cocktail esplosivo che rimarrà impresso nelle orecchie di chiunque ami almeno uno dei generi citati.
Nonostante una concorrenza quanto mai agguerrita, sia su PC sia sulla console ibrida Nintendo (piattaforma utilizzata per la recensione), quindi, il prodotto Sabotage Studio riesce a ritagliarsi una sua nicchia qualitativa, in cui il terzo ed ultimo anello è rappresentato dall’offerta ludica, che, per quanto un po’ stiracchiata, riesce comunque a superare agilmente la quindicina di ore di gioco, un traguardo non male per un prodotto proposto a meno di venti euro.

Agile, veloce, divertente

Maniacale cura per i dettagli

I viaggi nel tempo non stancano mai

Dura più di quanto si possa pensare…

Non sempre il level design digerisce bene il backtracking

…ma al prezzo della varietà di situazioni

8.0

Nonostante nella seconda parte restituisca l’impressione di essere un pelo troppo ambizioso, allungando un po’ il brodo, The Messenger rimane uno dei titoli indie migliori degli ultimi mesi, forte di idee brillanti (su tutte il viaggio nel tempo) e di una cura per i dettagli che rasenta il maniacale, tra la doppia presentazione 8/16 bit e la conseguente, duplice colonna sonora.

Avete finito Hollow Knight e non vedete l’ora di affondare nuovamente i denti in un titolo in 2D di valore? Siete cresciuti a pane e Ninja Gaiden? Avete un debole per la musica chiptune o per i giochi a piattaforme? Avete venti euro da regalare al vostro Nintendo Switch?

In qualsiasi di questi casi, rappresentate il pubblico perfetto per l’opera prima di Sabotage Studio, un team del quale non vediamo l’ora di giocare la prossima fatica.

Voto Recensione di The Messenger - Un action platform a 24 bit - Recensione


8