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PlayStation ha un problema con le IP dimenticate e con le sue strategie

Le celebrazioni dell'ottimo Astro Bot, il flop di Concord e le parole del CFO Hiroki Totori ispirano una riflessione: che succede alle IP PlayStation?

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a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 06/09/2024 alle 11:05 - Aggiornato il 07/09/2024 alle 12:09

Sony è in chiara crisi d'identità, ha smarrito la diritta via e ha seriamente bisogno di rivedere da zero le proprie priorità e le proprie strategie sul medio e lungo termine.

Non sono solo io a dirlo senza troppi giri di parole, ma è persino il direttore finanziario Hiroki Totoki a rimettere in discussione quella strategia che negli ultimi anni dell'era di Jim Ryan si è rivelata la più disastrosa per l'azienda giapponese, che ancora oggi continua a fare i conti con fallimenti di proporzioni sin troppo grandi per non avere serie ripercussioni.

In un settore dove a volte basta un solo gioco sbagliato per mandare a gambe all'aria persino delle aziende ben strutturate, gli errori continui non sono più concessi e c'è l'impellente necessità di invertire la rotta al più presto.

Un altro caso Concord è assolutamente da escludere e sarebbe deleterio anche per le casse di un colosso che ha la forza per resistere a simili violenti contraccolpi economici, ma se in cantiere ci sono ancora delle patate bollenti come i numerosi GaaS in corso d'opera, i rischi diventano molto seri e rischiano di far vacillare quella fortezza che Sony ha costruito in generazioni di fiorenti successi.

GaaS, tendenze già morte e IP storiche lasciate a marcire

Ciò che appare piuttosto evidente è la grandissima confusione in casa PlayStation – eppure, sottobanco si registrano dei movimenti sospetti che lasciano intendere come l'azienda voglia correre immediatamente ai ripari per correggere al più presto una traiettoria completamente sbagliata.

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Al momento latitano delle comunicazioni ufficiali, i giochi live service annunciati lo scorso anno rimangono decisamente troppi e visto l'andazzo del mercato e il gradimento dei giocatori, sarebbe la tipica mossa suicida su cui è necessario fare immediatamente retromarcia.

Subito dopo l'addio di Jim Ryan, intanto, Sony ha deciso di rinviare la metà di questi GaaS per prendere tempo e capire quali indicazioni potessero dare quelli in dirittura di arrivo.

Pensate a un trend che ha circa tre o quattro anni di vita e a un gioco che si presenta proprio quando il pubblico è passato ad altro e non ne vuole sapere più nulla. Sembra quasi come la promessa di arrivare in tempo alla festa decidendo di prendere l'ultimo aereo utile soltanto il giorno dopo.

Ebbene, Concord si è schiantato malamente al suolo in meno di una settimana e ha fatto registrare una perdita milionaria che sarà molto difficile recuperare; la questione Bungie tiene ancora banco e sta sempre più assumendo i contorni di un'operazione dalla cattiva gestione e persino il marchio più prestigioso di Sony – un certo The Last of Us – non è riuscito a vedere la luce in forma di gioco multiplayer.

Ci sono insomma tutti gli elementi per far capire agli alti dirigenti che buttarsi a capofitto in questa tipologia di progetti sarebbe un errore davvero sin troppo grossolano. Eppure in casa altrui i grandi dirigenti hanno dimostrato di essere miopi e inadatti ai ruoli che ricoprono.

Square Enix e Ubisoft, per esempio, stanno ancora pagando lo scotto di scelte scellerate, con grossi fallimenti alle spalle, stime di vendita irrealistiche, rincorsa forsennata di tendenze già svanite da un bel pezzo e tutta una serie di investimenti in segmenti di mercato che non sono stati per nulla remunerativi. Sony ha fatto la stessa cosa, scegliendo di gettarsi a capofitto su quella che erroneamente veniva vista come una gallina dalle uova d'oro.

L'altro carico da novanta è rappresentato dal grosso problema di fondo legato proprio ai tempi produttivi in relazione ai camaleontici trend che mutano con sin troppa rapidità, facendo perdere la bussola anche ai grandi colossi.

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Concord è davvero in ottima compagnia.

Prendendo proprio l'ultimo caso eclatante, ossia Concord, è apparso subito lampante come fosse un gioco davvero fuori tempo massimo, probabilmente inadatto a regnare anche durante il periodo più florido del genere a cui sceglieva di aderire.

Pensate a un trend che ha circa tre o quattro anni di vita e a un gioco che si presenta proprio quando il pubblico è passato ad altro e non ne vuole sapere più nulla. Sembra quasi come la promessa di arrivare in tempo alla festa decidendo di prendere l'ultimo aereo utile soltanto il giorno dopo.

Grossomodo, questo è ciò che è accaduto ai flop degli ultimi anni, da Suicide Squad a Foamstars fino a stilare una lunga lista che è ancora destinata a crescere e crescere per via di gestioni aziendali senza capo né coda.

Ma non solo i GaaS, attenzione: c'è chi ancora persevera nel proporre formule di gioco stantie, vecchie, che hanno perso la propria presa sul pubblico da un bel pezzo, come gli open world di Ubisoft che andrebbero ripensati e rimodernati del tutto.

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Non ce l'ha fatta nemmeno The Last of Us multiplayer a vedere la luce, figuriamoci gli altri GaaS anonimi e tutti uguali.

Guardare al passato senza seguire le chimere

C'è un momento della vita lavorativa e non che prima o poi arriva per tutti: si sbatte la testa forte contro un muro e si rivela l'unico modo per far rinsavire anche chi non vuole comprendere. E allora in che modo Sony può davvero tornare all'antico splendore?

Sembra che Hiroki Totoki abbia compreso che l'attuale strategia non è affatto la migliore, anche per la gestione delle preziose IP di Sony.

Il saggio Hiroki Totoki sembra aver compreso che la strategia finora messa in campo potrebbe condurre l'azienda a una delle più grandi crisi di sempre, facendo sgretolare un impero che fino a qualche tempo fa sembrava inscalfibile. Secondo una sua recente dichiarazione, infatti, Sony avrebbe un serio problema con la gestione delle proprie IP. 

Il suo ragionamento è però solo parzialmente corretto, perché le sue parole puntano alla volontà di dover necessariamente creare da zero nuove proprietà intellettuali, per poi coccolarle e farle crescere fino a diventare talmente popolari da portare nuovo lustro all'intero marchio PlayStation.

Totoki non parla però soltanto di videogiochi, ma punta a franchise in grado di espandersi al di fuori di questo ambito. 

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Budget non esagerati e grandi giochi: l'unica tendenza che l'intera industria dovrebbe seguire.

Oltre a creare da zero nuove IP, che è sempre cosa buona e giusta per qualunque idea di progressioni e crescite aziendali, uno dei problemi più eclatanti è quelli di aver letteralmente abbandonato tra le memorie nostalgiche tutti quei titoli che sono indiscutibilmente i reali tasselli che hanno contribuito a edificare il mondo PlayStation. 

Non voglio fare una lunga lista di nomi in cui includere i vari MediEvil, Jak and Daxter, Syphon Filter, InFamous, Killzone e tutte le altre vecchie glorie delle passate generazioni. Mi ritrovo però con quanto scritto dal giornalista della testata The Gamer, che ha parlato di Astro Bot come un titolo celebrativo dei trent'anni di PlayStation che però mostra al suo interno «un cimitero di potenziale sprecato».

Prodotto in caricamento

Tanti dei più di centocinquanta cameo presenti in Astro Bot condividono lo stesso destino: sono giochi abbandonati e messi da parte, relegati ai ricordi e alle rievocazioni del passato, e questo non fa altro che accrescere quel senso di gioiosa amarezza che si prova quando ci si perde nella nostalgia del tempo che fu, senza che ci sia un corrispettivo nel presente.

Oggi tutti quei titoli, alcuni memorabili, altri un po' meno, sembrano come i giocattoli di Toy Story gettati via perché non servono più.

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Stiamo tutti aspettando anche solo un piccolo segnale di vita.

E invece, Sony ha tra le mani sia una miniera d'oro, sia la grande possibilità di rilanciarsi senza spendere una fortuna. Se è vero che i costi di marketing sono ormai diventati proibitivi, è vero anche che per alcuni di quei storici franchise basterebbe anche produrre un seguito a budget calmierato per raccogliere ottimi frutti.

Astro Bot non è costato centinaia e centinaia di milioni, eppure al momento è il titolo meglio accolto dalla critica nel 2024.
Astro Bot non è costato centinaia di milioni, eppure è al momento il titolo con maggior gradimento della critica del 2024.

Se poi si rivelerà un successo commerciale è tutto da vedere, perché in fin dei conti è questo ciò che importa alle aziende, non di certo far contenti dei fan urlanti che poi non comprano abbastanza. Mal che vada, con quei nomi di richiamo che farebbero vendere copie a scatola chiusa, di certo non si andrebbero a buttare dei soldi per inseguire qualcosa che si è già estinto e non interessa più a nessuno.

E non si faccia l'errore di considerare quei giochi dei fossili, perché sarebbe l'ennesimo errore da dirigenti dilettanti e allo sbaraglio. Se a ogni pie' sospinto vengono richiesti a gran voce dal pubblico, ormai stufo dei soliti titoli copincolla che vengono sempre più ignorati, è evidente che c'è una larga fetta di consumatori che sta solo aspettando che qualcuno dai piani alti cominci finalmente a comprendere come il futuro non stia solo negli investimenti faraonici che producono buchi di bilancio spaventosi, ma anche nel rilancio di vecchie glorie che potrebbero rimettere a posto i conti, dopo una gestione da mani nei capelli.

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