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Oltre l’onore e la leggenda: Nate Fox racconta Ghost of Yotei | Intervista

Dal mito alla memoria: Nate Fox ci spiega come Ghost of Yotei ridefinisce la formula del suo gioco precedente. Leggi la nostra intervista!

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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Editor-In-Chief

Pubblicato il 06/10/2025 alle 10:00 - Aggiornato il 22/10/2025 alle 12:10

Quando ho avuto l’occasione di intervistare Nate Fox, co-director di Ghost of Yotei, ho capito subito che si trattava di qualcosa di speciale. Non solo perché Fox è uno dei nomi più importanti nel panorama dei videogiochi contemporanei, ma perché dietro ogni suo progetto si percepisce un’idea chiara di cosa significhi raccontare attraverso il videogioco.

È un autore che ha sempre cercato di dare un’anima ai propri mondi digitali, e che con Ghost of Tsushima aveva già dimostrato di saper fondere racconto, estetica e azione in un equilibrio raro.

Ora, con Ghost of Yotei, che ho personalmente recensito qui, sembra pronto a fare un passo ulteriore.

Questa intervista nasce proprio da lì: dal desiderio di capire cosa spinge un autore come Fox a tornare su un universo già amato da milioni di giocatori, e come si possa farlo senza ripetersi. 

Parlando con Fox, si percepisce subito la sua convinzione che il videogioco non debba soltanto intrattenere, ma anche comunicare qualcosa di personale. Non si tratta di creare "solo" un’altra epopea di samurai, ma di raccontare un conflitto più intimo: quello tra eredità e identità, tra le aspettative del passato e la necessità di trovare una propria voce.

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Durante la nostra chiacchierata, non ho avuto davanti un “director” nel senso classico del termine, ma un narratore che riflette sul proprio mestiere, consapevole delle aspettative e dei rischi di chi si misura con un nome così importante.

Insomma, questa prefazione vuole essere il punto di partenza di un confronto più ampio: un dialogo tra chi i giochi li crea e chi li vive, tra la visione autoriale e l’esperienza del giocatore.

Perché Ghost of Yotei non è soltanto un altro grande titolo d’azione a mondo aperto, ma una riflessione su ciò che resta quando il mito svanisce e rimane soltanto l’uomo. Buona lettura!

Marcello Paolillo
Parliamo della visione creativa di Ghost of Yotei. Quali influenze culturali e storiche hanno guidato l'ambientazione e la direzione artistica del gioco? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
I giochi "Ghost of" sono basati sui film classici di samurai, le opere di Akira Kurosawa, I Sette Samurai, Yojimbo. Questi sono davvero fondamentali nel modo in cui pensiamo a questi giochi. Dalla precisione letale dei combattimenti con la spada alla bellezza e al romanticismo dell'antico Giappone, fino alla relazione umana dei personaggi che attraversano queste avventure. 

Ghost of Yotei è stato scelto perché siamo rimasti incredibilmente colpiti da quanto l'Hokkaido sia bello e vario. Nel 1603 a quel tempo si chiamava Ezō. E abbiamo deciso di ambientare il gioco in quella location poiché ai tempi, oltre a essere bellissimo, era al di fuori dello stato di diritto. Se andavi così a nord, nessuno ti avrebbe aiutato se ti fossi messo nei guai. Potevi sopravvivere solo con il tuo ingegno e una spada al fianco. E per un gioco open world, quella sembrava una combinazione davvero forte. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
Come avete adattato questo questo per un pubblico globale e "generalista" senza perdere l'autenticità? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Sucker Punch è uno studio americano, il mio accento lo tradisce (ride). Sì, non provengo da una visione culturale giapponese e il nostro team ha capito subito che, per portare un senso di autenticità al gioco, avevamo bisogno di lavorare con persone che avevano quel punto di vista. 

Fortunatamente, siamo membri di PlayStation, che è un'azienda giapponese, quindi abbiamo potuto parlare con i nostri colleghi a Tokyo. Ci siamo circondati anche di consulenti su ogni sorta di cose, dalle strutture religiose ai costumi. Per esempio, abbiamo portato una donna dal Giappone e l'abbiamo sottoposta a motion-capture mentre estraeva le sue spade e le riponeva. Volevamo portare quel senso di autenticità al gioco in modo che le persone in tutto il mondo potessero percepire i dettagli. Abbiamo voluto anche essere rispettosi nei confronti dei giocatori giapponesi, per i quali questa è la loro cultura. 

Una cosa che ho trovato davvero stimolante, in particolare mentre lavoravo su Ghost of Tsushima, sono le opere di Sergio Leone, gli "spaghetti western". Gli italiani hanno realizzato film davvero fantastici che non provenivano dalla cultura in cui erano nati, ma erano fan del genere e hanno creato alcuni dei migliori western di sempre. 

E così mi piace pensare a Ghost of Tsushima come a un “samurai cheeseburger”, proprio come gli spaghetti western: noi in America abbiamo realizzando una lettera d'amore alle storie di samurai perché le amiamo davvero tanto. Comprendiamo che veniamo da una cultura diversa, ma cerchiamo comunque di contribuire.
Nate Fox
Marcello Paolillo
Parlando ora del gameplay: come ha fatto il team a bilanciare le novità con l'aspettativa dei fan che hanno apprezzato l'esperienza open world basata sulla narrativa vista in Tsushima? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Beh, ovviamente abbiamo voluto realizzare una storia che faccesse emozionare le persone. Abbiamo voluto una musica colpisca, la trama con un inizio forte, uno sviluppo centrale e un finale con un climax potente. Ma è un gioco open world, e quindi il giocatore è responsabile di dove va e cosa fa. 

L'innovazione è parte di questo. Abbiamo lavorato duramente per non sopraffare i giocatori con icone sparse ovunque sulla mappa. Abbiamo voluto che, quando finivano un segmento di storia e si guardavano intorno, potessero individuare qualcosa che alimentasse la loro curiosità. Ad esempio, una roccia dalla forma strana: il giocatore pensa “cos’è quello?”, ci va, e scopre una storia che non sapeva esistesse. 

È lì che abbiamo messo molta della nostra energia: in quel momento in cui i giocatori diventano completamente responsabili della propria esperienza e possono sentirsi vivi. Perché i giochi open world possono dare proprio questa sensazione. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
L'open world di Yotei è fantastico. Molto meglio di quello Tsushima, in parte davvero limitato. E lo dico da giocatore, non da giornalista. 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Hai ottimi gusti! E saprai anche che si tratta di un’innovazione molto sottile, perché non ti urla in faccia “sono una feature unica!”. È una combinazione di tante piccole cose. 

Per esempio, invece di avere un diario con ogni missione scritta su una pagina, abbiamo schede con immagini che rievocano una storia e alcune informazioni che puoi vedere mentre guardi la mappa. Questo ti fa sentire più in controllo, non sopraffatto dall’avventura. Sei dentro al mondo, osservi il paesaggio e decidi cosa fare. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
Riguardo la colonna sonora del gioco. Come l'avete scelta? Di nuovo quel discorso degli "spaghetti western"? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Sì, ovviamente. Ezō in questo periodo è oltre la portata dello shogun. Non c’è legge, è la natura selvaggia. Nella colonna sonora usiamo strumenti che evocano un senso di “wild west”, un feeling da "spaghetti western", perché questo trasmette ai giocatori un livello emotivo attraverso la musica: “questo è un posto selvaggio, come il Far West”. 

Abbiamo sfruttato un genere familiare a tutti, perché tutti abbiamo visto film western. La musica è il mezzo artistico più potente che ci sia, ed è stato fondamentale usarla in questo modo. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
Parlando invece della resa tecnica, quali sono le differenze tra Ghost of Yotei su PS5 e PS5 Pro? Ci sono differenze marcate? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Sì. Su PS5 hai varie opzioni: puoi giocare a 60 fps in modalità performance, oppure scegliere 30 fps con un rendering più ricco e cutscene che hanno un frame rate più basso per sembrare più cinematografiche, più simili a un film. Con PS5 Pro invece ottieni entrambi: ray tracing e 60 fps anche durante il combattimento. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
A fronte di ciò, quali sono state le principali sfide di coordinamento tra i dipartimenti di sviluppo, narrativa, design tecnico, colonna sonora, animazione, e come sono state superate per mantenere la coerenza in tutto il progetto? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Gran bella domanda! Una delle cose di cui sono molto orgoglioso a Sucker Punch è che ci sforziamo di far capire alle persone cosa fanno le altre divisioni. Certo, i giochi sono realizzati da tante persone con abilità incredibili nei rispettivi campi — animazione, rendering, modellazione — che poi si uniscono per creare un’unica esperienza in cui il giocatore può perdersi. 

Per far sì che tutti comprendano cosa fanno gli altri team, ogni sei settimane organizziamo dei playtest interni in cui le persone giocano per ore, vedendo cose che non appartengono al loro dipartimento e ottenendo idee su come le loro competenze possano aiutare altri reparti. 

Giocare tutti insieme costantemente per anni ha significato costruire un progetto coeso, in cui tutti sono informati e tutti lavorano verso un unico obiettivo creativo. 
Nate Fox
Marcello Paolillo
Davvero interessante! Ma ho un’ultima domanda, totalmente personale: Ghost of sarà una trilogia? 
Marcello Paolillo
Nate Fox
Siamo felici di lanciare Ghost of Yotei e siamo molto entusiasti di lavorare su Legends, il multiplayer cooperativo. Se ti diverti a combattere da solo in Yotei, sappi che con gli amici è ancora più divertente. Ed è lì che stiamo mettendo tutta la nostra energia in questo momento. 

Oltre a questo, non vedo l'ora di rivederti in Italia e parlarne di nuovo!
Nate Fox
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