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Pro
- Sistema di cattura ed evoluzione dei Digimon moderno e accessibile.
- Buon equilibrio tra narrazione, dialoghi e ritmo di gioco.
- Un’alternativa concreta per chi cerca qualcosa di diverso da Pokémon.
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Contro
- Comparto tecnico datato, con animazioni ed espressioni facciali poco convincenti.
- Esplorazione limitata da muri invisibili e map design pigro.
- Colonna sonora dimenticabile e sound design sottotono.
Il Verdetto di SpazioGames
Informazioni sul prodotto

- Sviluppatore: Media Vision
- Produttore: Bandai Namco
- Piattaforme: PS5 , PC , XSX
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 3 ottobre 2025
Quando si parla di RPG con cattura, allevamento e combattimenti a turni, l’immaginario collettivo non può che volare immediatamente verso Pokémon. È inevitabile: Game Freak ha dato i natali a un fenomeno culturale che continua a macinare vendite monstre e che, nel bene e nel male, definisce ancora oggi i contorni del genere.
Eppure, proprio perché il franchise Nintendo è rimasto ancorato a difetti ormai cronici e a un’incapacità palese di evolvere davvero, era lecito chiedersi: esiste un’alternativa? Una serie che possa inserirsi nello stesso ecosistema, ma con un approccio più maturo, coerente e al passo coi tempi?
A questa domanda prova a rispondere Digimon Story: Time Stranger, nuovo capitolo della saga Bandai Namco sviluppato da Media Vision, che si presenta come una ripartenza (e che avevamo già avuto modo di provare alcune settimane fa).
Un “punto zero” per il franchise, che nel corso dei decenni ha già sperimentato con generi diversi – dall’action RPG fino al picchiaduro – senza però trovare mai una vera identità stabile. Una missione ambiziosa, tanto più se si considera quanto sia complicato ritagliarsi spazio in un mercato dominato da titoli che, pur con mille limiti, continuano a godere di un successo planetario.
Ma allora, Time Stranger è davvero quella svolta che i fan aspettavano? Ve lo spiego nell'analisi che trovate poco sotto.
Due mondi che si uniscono
Il titolo ci mette subito nei panni di un agente della ADAMS, un’organizzazione che indaga su eventi misteriosi. Dopo aver scelto il sesso e il nome del nostro protagonista, ci ritroviamo in una Tokyo sospesa tra futurismo e contemporaneità, incaricati di far luce su una serie di scosse sismiche che stanno destabilizzando le mura cittadine.
Un incipit semplice, ma funzionale, che serve da trampolino per le prime meccaniche di gioco e introduce una trama capace di bilanciare bene il ritmo dei dialoghi con cutscene non particolarmente ispirate sul piano registico, ma comunque efficaci nel dare forma al racconto.
Non aspettatevi un intreccio mastodontico o un ritmo serrato: Time Stranger si colloca nel solco della tradizione Digimon, puntando su una narrazione lineare, che sa accompagnare il giocatore per una decina d’ore senza mai risultare invadente.
È un equilibrio fragile, perché da un lato c’è la voglia di modernizzare la formula con un tono più cupo e adulto, dall’altro resta quella sensazione di “già visto” che accompagna gran parte delle vicende.
Il cuore di ogni RPG del genere resta, inevitabilmente, il gameplay. E qui Time Stranger prova a giocarsi le sue carte. I Digimon non sono solo creature da collezionare: li si scansiona, si possono evocare, scambiare, far evolvere e persino dialogare con loro, in un sistema che prende le distanze dalla rigidità delle regole di Game Freak per abbracciare un approccio più sfaccettato.
Non è un cambiamento da poco: se Pokémon continua a sembrare cristallizzato a vent’anni fa, Digimon Story cerca di guardare avanti, adattando il suo ecosistema alle esigenze di un pubblico che ormai si aspetta molto di più da un gioco di cattura e combattimento a turni.
È un sistema che, dopo qualche ora di apprendistato, si rivela sorprendentemente accessibile, privo di quelle complicazioni sterili che spesso rischiano di allontanare i neofiti.
Certo, resta un genere intrinsecamente ripetitivo: nessun miracolo in questo senso. Ma è proprio la cura con cui sono stati inseriti segmenti collaterali, capaci di spezzare il ritmo tra uno scontro e l’altro, a fare la differenza. Time Stranger riesce a mantenere il giocatore incollato allo schermo, pur senza reinventare completamente la formula.
Non tutto è oro, però. La fase esplorativa, ad esempio, è limitata da un design che nel 2025 non possiamo più accettare. Muovere il nostro avatar su mappe costellate da muri invisibili non solo è anacronistico, ma diventa presto frustrante. Una scelta pigra, che tradisce una mancanza di coraggio proprio laddove il titolo avrebbe dovuto distinguersi.
È come se il gioco avesse voluto correre in avanti, ma con le gambe ancora impastoiate nel passato. Una condizione che pesa soprattutto nelle lunghe sessioni, dove le carenze tecniche emergono con maggiore evidenza.
Non va meglio sul versante sonoro: il comparto audio è probabilmente l’aspetto meno riuscito del pacchetto. Colonne sonore dimenticabili, effetti ripetitivi e un sound design che manca di mordente non contribuiscono a rendere memorabile l’esperienza.
Eppure, nonostante i suoi inciampi, Digimon Story: Time Stranger riesce in parte nel suo intento: quello di ridare una direzione al franchise. Non vive di nostalgie mal gestite, non si appoggia unicamente alla memoria di un brand che negli anni Duemila ha avuto momenti di gloria.
Piuttosto, costruisce un’identità autonoma, che guarda a Pokémon senza scimmiottarlo e che prova a proporre un’esperienza alternativa, più adatta a un pubblico smaliziato.
Il risultato è un titolo che alterna luci e ombre, con momenti in cui sembra davvero poter competere con i colossi del genere e altri in cui invece si fa zavorrare da scelte progettuali miopi. Non è il gioco definitivo che sancirà il riscatto dei Digimon nel panorama videoludico, ma rappresenta un passo avanti significativo.
Identità ritrovata?
In definitiva Digimon Story: Time Stranger è un esperimento riuscito, anche se con qualche spigolo. Offre un gameplay fresco e accessibile, che riesce a stare al passo coi tempi, ma inciampa su comparto tecnico e fasi esplorative che odorano troppo di vecchio.
Nonostante ciò, resta una valida alternativa per chi è stanco dei compromessi imposti da Game Freak e desidera un RPG con cattura e crescita di creature che non viva solo di inerzia.
Bandai Namco e Media Vision hanno ancora molta strada da fare, ma la direzione intrapresa sembra quella giusta. Time Stranger non è la rivoluzione che il franchise meriterebbe, ma è un punto di partenza solido, che dimostra come i Digimon abbiano ancora qualcosa da dire.