L'eredità sulle spalle di Hades II e la difficile formula del buon roguelike

Hades II è senza alcun dubbio uno dei giochi più attesi di questo 2024, ma visto il successo del predecessore cosa lo renderebbe davvero memorabile?

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a cura di Salvatore Pilò

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Ho sempre trovato i roguelike, e i roguelite di conseguenza, un genere videoludico che si sposa parecchio bene con il “videogiocare moderno” – che trova sempre meno spazio al tempo, salvo casi veramente eccezionali, individuando la sua dimensione in quell’esperienza di gioco “mordi e fuggi” insita nel genere. Anche se sì, spesso e volentieri quel “mordi” dura ore e potrebbe creare dipendenza.

Non è un caso se troviamo sempre più spesso all’interno di titoli che non hanno nulla a che fare con i roguelike delle modalità secondarie che ne declinano il genere – un esempio fra tutti è la remastered di The Last of Us Parte 2 (potete comprarlo su Amazon) – che vengono piuttosto apprezzate dai giocatori.

Se devo trovare un “colpevole”, anzi dei “colpevoli”, del boom di uno dei miei generi preferiti non posso non pensare a The Binding of Isaac e Hades, il primo per averlo diffuso nella scena indipendente e il secondo per averlo diffuso sulla “scena mainstream”.

Non è difficile capire il perché: sono due titoli eccezionali sono molteplici punti di vista, hanno un gameplay loop piuttosto intrigante e, chi per un motivo chi per un altro, sono entrati nel cuore dei giocatori.

In effetti ad entrambi i titoli si sono ispirate numerose altre produzioni, definendo quindi alcuni filoni specifici di roguelike “figli” di Isaac e alcuni “figli” di Hades, con tutti i pro e i contro del caso. E sì, non sto considerando minimamente il “caso” Slay The Spire e tutto quello che è derivato dalla sua particolarissima forma, mi concentro puramente sui roguelike di stampo “action”.

Perché questa lunga, lunga, premessa quindi? Perché nel corso del 2024 arriverà Hades II, secondo capitolo del titolo di SuperGiant Games, che dalle poche sequenze di gameplay mostrate al pubblico sembrerebbe reiterare e potenziare la formula che lo ha reso celebre in tutto il mondo.

Una formula che (siete liberi di accendere le torce e affilare i forconi) non mi è piaciuta particolarmente. E attenzione, non sto dicendo che sia "brutta": anzi, è un titolo oggettivamente ben costruito sotto tutti gli aspetti, dalla sua estetica alla sua capacità, probabilmente mai più bissata da nessun altro esponente del genere, di fondere in modo così armonioso narrativa e gameplay.

Semplicemente, nasco come giocatore di roguelike con The Binding of Isaac che, per me come per tanti altri, ha distorto le basi del genere.

Chi punta tutto sul loop di 'un'altra partita e basta'...

In effetti nel titolo firmato Edmund McMillen e pubblicato di Nicalis c’è una componente di rigiocabilità praticamente infinita: abbiamo un numero piuttosto considerevole di oggetti (fin troppi oggetti), un numero esorbitante di personaggi che è raddoppiato con l’ultima espansione e una buona varietà di stanze, nemici, boss e situazioni di gioco.

Alla base del gameplay di Isaac c’è quindi quella voglia di costruire un’esperienza completamente nuova ogni volta che si schiaccia il bottone di inizio partita: ogni personaggio ha una sua gimmick particolare che spinge verso un determinato stile di gioco (alcuni di questi creano addirittura un nuovo tipo di gameplay) e ogni oggetto ha un impatto importante sul modo di giocare quella determinata partita. 

E proprio alla base di questa voglia continua di variare è stata costruita l’intera progressione del gioco: nelle sue prime cento ore ogni partita, o quasi, sbloccherà qualcosa di diverso, che sia un nuovo oggetto, un nuovo nemico, un nuovo piano o un nuovo personaggio, da poter utilizzare nelle successive. Questo va a creare un loop a dir poco perfetto che tiene incollati per ore e ore e ore curiosi di sapere come sarà la prossima partita.

Hades, d’altro canto, punta su altro: su un mondo di gioco costruito su cui non esiste nessuna linea che separa narrazione da gameplay. È un mix fatto a regola d’arte dove ogni personaggio con cui interagiamo, ogni elemento del mondo di gioco (anche le musiche), ogni dialogo sono funzionali al suo gameplay. E questo è eccezionale, senza se e senza ma.

Il loop stesso di Zagreus trova spiegazione all’interno della narrativa di gioco, dando un senso a tutte quelle meccaniche tipiche del genere che, generalmente, sono più artificiali rispetto all’esperienza. 

... e chi costruisce il loop sulla narrazione

La progressione di gioco, quindi, è scandita proprio dal proporre un protagonista più forte, partita dopo partita, rendendo la sconfitta e i vari tentativi, quindi, funzionali alla crescita del personaggio e alla buona riuscita dell’avventura.

È difficile, a meno di essere dei grandissimi pro-player, riuscire a completare Hades durante la prima partita proprio perché il gioco è studiato per dover essere rigiocabile senza lasciare al giocatore troppa scelta in merito.

Ed è proprio questa sua particolare natura che, pur riconoscendo i suoi pregi oggettivi, mi ha allontanato da Hades e da tutti coloro che hanno provato a seguire le sue impronte. Certo, ho speso le mie ore di gioco, ho visto i loro titoli di coda e poi mi sono in un certo senso dimenticato di loro – perché, a conti fatti, non c’è mai voglia di riavviare un titolo come Hades per fare una partita mordi e fuggi, dopo averlo completato.

L'Hades II che vorrei

Hades II sembrerebbe ricalcare esattamente quello che il suo predecessore ha messo in tavola, o almeno è quello che si evince dal poco che abbiamo avuto il piacere di vedere. Ed è un poco che funziona proprio per via di tutti i motivi che hanno reso il primo capitolo uno fra i migliori.

Hades II dovrebbe riuscire a trovare un modo di far tornare i giocatori anche dopo i titoli di coda.
Hades II dovrebbe, però, provare a fare qualcosa di diverso, qualcosa che spinga il giocatore a volerne di più anche dopo averlo completato. Qualcosa che potrebbe essere una modalità alternativa in cui la progressione è scandita in modo differente, qualcosa che potrebbe essere una maggiore varietà nelle build del personaggio che non ne faccia spiccare una su tutte le altre.

Qualcosa che renda più accattivante, insomma, il fattore varietà tanto caro al genere, che si diluisce fin troppo nell’ecosistema narrativo su cui si regge il primo capitolo.

Vedete, Hades II è uno fra i titoli che aspetto di più quest’anno e lo aspetto più di quanto abbia mai aspettato una delle qualsiasi espansioni di Isaac, proprio perché nonostante di Hades mi sia stancato, ne ho sempre voluto di più – mentre una qualsiasi iterazione di Isaac funzionava così bene da sola da non avere necessità di essere espansa.

E proprio per questo mi piacerebbe molto poter completare Hades II senza sentire il forte bisogno di un terzo capitolo che rimischi le carte in tavola, ma con il semplice bisogno di premere nuova partita sentendomi appagato.

L'eredità del primo capitolo è di quelle importanti: spero Hades II sia una delle uscite del 2024 da cui non vorrò più staccarmi.