Dietro ogni grande classico si nascondono infatti soluzioni tecniche ingegnose che spesso passano inosservate ai team di sviluppo contemporanei. È proprio quello che è accaduto con Crash Bandicoot N. Sane Trilogy, secondo Andrew Gavin, co-fondatore di Naughty Dog e uno dei creatori del celebre marsupiale arancione.
Il dettaglio che ha rovinato tutto
Secondo Gavin, la raccolta rimasterizzata (che trovate su Amazon) ha centrato quasi ogni aspetto: la grafica fedele, il rispetto per l'originale e la conservazione dello spirito del gioco. Tuttavia, gli sviluppatori hanno completamente sbagliato la meccanica più fondamentale: il sistema di salto. "Hanno rovinato completamente il funzionamento dei salti", ha scritto Gavin su LinkedIn, spiegando come questa apparente piccolezza abbia in realtà compromesso l'intera esperienza di gioco.
La PlayStation originale presentava limitazioni tecniche che oggi sembrano impensabili: controller esclusivamente digitali, senza stick analogici, con pulsanti che potevano essere solo premuti o rilasciati. Questa limitazione costringeva la maggior parte degli sviluppatori a soluzioni banali: un pulsante premuto equivaleva a un salto di altezza fissa, rendendo il platforming rigido e impreciso.
L'ingegnosa soluzione del 1996
Il team di Naughty Dog aveva però escogitato una soluzione "al limite della follia", come la definisce lo stesso Gavin. Il sistema non si limitava a rilevare la pressione del pulsante, ma misurava continuamente per quanto tempo veniva tenuto premuto. Durante l'ascesa di Crash, il gioco regolava sottilmente gravità, durata e forza del salto in base all'input del giocatore.
Questa meccanica permetteva un controllo analogico attraverso input digitali: rilasciare presto significava un piccolo balzo, tenere premuto dava l'altezza massima. Ma non era un sistema binario: il gioco interpretava le intenzioni del giocatore in quei cruciali 30-60 millisecondi, traducendole in un controllo fluido e preciso.
Il risultato era un livello di controllo che ancora oggi rende piacevole giocare l'originale Crash Bandicoot, nonostante la grafica datata. La difficoltà del gioco era compensata dalla precisione assoluta nei movimenti, permettendo ai giocatori di eseguire salti millimetrici tra le piattaforme con sicurezza.
L'errore della modernità
Gli sviluppatori del remake hanno evidentemente ignorato o sottovalutato questo sistema sofisticato. Sono tornati a salti di altezza fissa, accorgendosi poi che Crash non riusciva a superare metà dei salti del gioco originale. La loro soluzione è stata rendere tutti i salti di altezza massima, creando un movimento "enorme e fluttuante" che ha reso goffi i piccoli balzi di precisione.
Il paradosso è evidente: un gioco che gira su hardware mille volte più potente ha una meccanica di salto che funziona peggio dell'originale del 1996. Questo dimostra come i dettagli di timing e sensibilità siano molto più importanti di quanto si realizzi comunemente nel design dei videogiochi.
La lezione di Gavin è chiara: non basta ricreare l'aspetto visivo di un classico per rendergli giustizia. Le innovazioni tecniche nascoste, quelle soluzioni ingegnose nate dalle limitazioni del passato, sono spesso l'anima vera di un'esperienza videoludica memorabile.