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Considerazioni post-E3 2018: Fallout 76 e i dubbi che gravitano attorno ad esso

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Avatar di Hara_G

a cura di Hara_G

Pubblicato il 13/06/2018 alle 00:00

E così l’E3 2018 è terminato, non senza polemiche o riflessioni sui titoli di punta che lo hanno caratterizzato. Tra questi vi è certamente Fallout 76 che, alla fiera losangelina, ha finalmente svelato la sua natura: quella da multiplayer online survival. Ricordiamo infatti lo scalpore che fecero i primi rumor diffusi dai colleghi di Kotaku in seguito al teaser rilasciato lo scorso 30 maggio, tra i quali un tweet di Schreier in cui affermava: “chiunque pensi che Fallout 76 sia un canonico RPG single-player sarà veramente contrariato”. 
E in effetti l’accoglienza riservata al rivoluzionario Fallout 76, durante la notte dell’11 giugno, non è stata certo calda e ottimistica. Anzi, molti giocatori hanno dato origine all’hashtag #notmyfallout, come segno di protesta alla nuova struttura online.
Parliamoci chiaro: dopo un Fallout 4 piuttosto scialbo per la monotonia delle quest secondarie e per l’attenuazione del sistema di scelte derivata dall’eliminazione del karma, la serie aveva bisogno di un ritorno forte sulla scena. Ma puntare sull’online è davvero necessario?
#SavePlayer1
Probabilmente è vero che noi videogiocatori abbiamo la memoria corta, ma durante i Game Awards dello scorso dicembre, Bethesda intervenne con un trailer umoristico – com’è tipico nel suo stile – in cui Lynda Carter, Wonder Woman degli anni Settanta e voce della Vagabonda Solitaria di Fallout 4, avviava la campagna per Bethesda #SavePlayer1. Era la risposta alla politica intrapresa da Electronic Arts, che lo scorso ottobre chiuse Visceral Games, e che in occasione della presentazione di Star Wars: Battlefront II nacque il putiferio sulle loot box. Insomma, era un modo ironico per ribadire l’importanza dell’esperienza single-player, da sempre sostenuta da Bethesda con i suoi titoli di punta, contro il trend di massa basato sul multiplayer online e sul concetto di “games as a service”. 
Capirete dunque che l’annuncio di Fallout 76, presentato alla conferenza E3 da Todd Howard come un titolo esclusivamente online, sia stato all’impatto una pugnalata alle spalle.
Anche perché il bello di Fallout è la sua atmosfera: il protagonista è il Vagabondo Solitario, reduce dal benessere tipicamente americano e che all’improvviso si ritrova a dover sopravvivere in una realtà spietata completamente sconosciuta. A parte lo spin-off Fallout New Vegas, che ha per protagonista un personaggio già avvezzo alle dure regole della Zona Contaminata, il terzo e il quarto capitolo immergono perché ci ritroviamo a comandare o un figlio nato e cresciuto nelle mura del Vault 101, o addirittura un genitore inglobato dall’American Way of Life del 2077. Ecco perché addentrarsi nelle metro abbandonate di Washington DC o di Boston, vagare per le pianure rade e con le falde acquifere radioattive, incontrare per la prima volta insetti giganti e bramini a due teste, è una sorta di epifania, ogni volta che si comincia una nuova storia in Fallout.
In Fallout 76, il fatto di poter giocare in gruppo pare stonare un po’ con quest’atmosfera che punta all’esplorazione, alla scoperta, e al riconoscere i buoni e i cattivi della Zona Contaminata. Da soli.
Ma in Fallout 76 anche i solitari sono i benvenuti!
In seguito alla rivelazione della struttura online di Fallout 76, il buon Todd ha poi specificato che il gioco potrà comunque essere goduto in solitaria, dato che si baserà su una storia ben costruita e sul sistema delle quest. Ciò è evidente nella scelta della location e del folklore (West Virginia), del Vault 76 e soprattutto della timeline. Per chi si fosse perso l’analisi sulla nuova  ambientazione, ricordiamo che il Vault 76 è stato uno dei primi bunker antiatomici realizzati dalla Vault-Tec, che avrebbe dovuto ospitare 500 persone e che si sarebbe dovuto riaprire vent’anni dopo l’olocausto nucleare, per permette ai suoi abitanti il ripopolamento del mondo esterno. Ci ritroveremo dunque in un’America più selvaggia, genuina e anche più sorprendente, perché ci permetterà di vivere il primo incontro tra abitanti del Vault e la Zona appena Contaminata. Una scelta del contesto di gioco che in effetti si presta bene per un’immersione in solitaria, ma che allo stesso tempo giustifica l’operare in gruppo, visto che la civiltà è ancora speranzosa per il futuro degli Stati Uniti.
Fallout 76 sarà dunque una sorta di ibrido, perché sarà impostato come un survival online, in cui raccogliere risorse, uccidere nemici e costruire rifugi in compagnia, ma se tutto questo non ci piacerà avremo il contentino di poterlo giocare da soli. Una via di mezzo che rischia di non accontentare sia chi è avvezzo ai survival online, sia il fan che vuole l’esperienza single-player. 
Bisogna vedere poi come avverrà il passaggio da una modalità all’altra, nel senso se vi sarà il rischio di non fare una determinata quest perché un gruppetto di sopravvissuti ha deciso di uccidere un NPC, o di tediarci la vita a suon di mine nascoste. Uno dei meriti di Bethesda è infatti quello di aver inserito uno stile fortemente umoristico in Fallout, evidente nel gameplay stesso, che porta il giocatore a cazzeggiare – letteralmente – tra i pericoli post-apocalittici. Questa potrebbe rilevarsi un’arma a doppio taglio in un contesto online. 
Bradipi giganti?
Alzi la mano chi non ha alzato un sopracciglio nel vedere bradipi giganti, pipistrelli e altri essere mostruosi che popolano il West Virginia. In Fallout 76 le uniche creature apparse nei trailer a noi note sono i ghoul e i Deathclaw, per il resto la nuova ambientazione sarà popolata da essere mai visti, di dimensioni abominevoli. Come sottolineato nell’anteprima, ciò deriva probabilmente dalla necessità di aumentare la dose di sfida, in quanto giocando in gruppo sarà facile uscire vincitori da un attacco dei canonici mostri, come scorpioni radioattivi o Mirelurk. 
Come si spiega però la mancanza dei suddetti bradipi e pipistrelli nei “futuri” Fallout 3 e 4? E, giocando Fallout 76 in singolo, sarà possibile far fronte alle nuove minacce? Certo, in giro sarà possibile trovare armamenti nucleari in grado di far sorgere funghi atomici qua e là – il che spiegherebbe pure l’ulteriore deterioramento della natura nel corso dei secoli -, ma rappresenteranno l’unica soluzione per sopravvivere in solitaria? Inoltre, data la scelta della timeline, dovrebbero mancare Predoni e mercenari, quindi è probabile ipotizzare che i pericoli del West Virginia siano o altri gruppi di giocatori o animali. Queste sono solo speculazioni, ma è evidente il cambiamento degli elementi del mondo di gioco, mutati per far fronte alle nuove meccaniche.

Chissà, forse questo ibrido chiamato Fallout 76 si rivelerà un grande successo in grado di accontentare tutti – neofiti, fan affezionati e fan stanchi – ce lo auguriamo. Ciononostante, al momento l’idea che abbiamo è che Bethesda abbia deciso di affrontare una sfida che forse non era necessaria per la serie di Fallout. Con il voltagabbana dopo #SavePlayer1, i timori ci sono, a maggior ragione se il rischio è quello di vivere la stessa sofferenza dei fan di The Elder Scrolls, che hanno dovuto aspettare sette anni prima dell’annuncio di un sesto capitolo ufficiale dopo Skyrim, mentre nel mezzo sono apparsi capitoli in tutte le salse, tra cui uno esclusivamente online.

Insomma, innovarsi è segno di grande maturità e apertura mentale, ma ora come ora, cara Bethesda, sembra si vada oltre, cioè ad alterare un’atmosfera e una struttura di gioco già ben consolidata e – soprattutto – apprezzata dai videogiocatori.

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