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Aspettando Lucca 2025, John Romero si racconta | Intervista
Abbiamo intervistato John Romero, uno dei pionieri che ha ridefinito il concetto di sparatutto in prima persona, che sarà a Lucca Comics and Games 2025.
Quest’anno, Lucca Comics & Games 2025 fa un regalo speciale a tutti gli appassionati di videogiochi: sarà ospite John Romero, una leggenda vivente, uno dei pionieri che ha ridefinito il concetto di sparatutto in prima persona con titoli come DOOM, Quake e Wolfenstein 3D.
È raro avere l’occasione di incontrare chi ha cambiato per sempre il modo in cui giochiamo, e Lucca, come sempre, si conferma il luogo dove l’incontro tra arte, cultura pop e videogiochi diventa reale.
In collaborazione con Videogiochiperpassione.com, Tora Edizioni e Mondiversi, Romero sarà presente per parlare della sua carriera, del suo approccio creativo, e per presentare la sua biografia ufficiale in italiano, edizione limitata (che abbiamo recensito qui).
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Sarà un’occasione unica non solo per ascoltare le storie dietro i giochi che hanno fatto la storia, ma anche per capire cosa significa essere un creativo senza compromessi, capace di lasciare un segno indelebile nel mondo dei videogiochi.
Se vuoi vivere questa esperienza dal vivo, gli appuntamenti principali da segnare in agenda lo trovi qui.
Ad ogni modo, poco sotto trovate la nostra ricca intervista a quattro mani a Romero. Buona lettura!
SpazioGames
“Doom Guy: La mia vita in prima persona” esce in Italia durante Lucca Comics & Games. Cosa significa per te presentare un libro così personale a un nuovo pubblico cresciuto con i giochi che hai contribuito a plasmare?
John Romero
È un enorme onore. L’Italia ha sempre avuto una comunità di videogiocatori appassionata, e Lucca è uno degli eventi più vivi al mondo per chi ama giochi, arte e storie. Presentare DOOM Guy lì è come chiudere un cerchio. Questo libro racconta il percorso di creazione di giochi che sono diventati parte della vita di molte persone. Vedere che quei giochi risuonano ancora con una nuova generazione, attraverso culture e decenni diversi, è davvero emozionante.
Ed è stimolante anche perché il libro non parla solo del passato: parla di creatività, rischio e collaborazione, elementi che restano sempre rilevanti. Sono grato che Mondiversi abbia voluto tradurre e pubblicare il libro per il pubblico italiano.
SpazioGames
Guardando al panorama videoludico odierno, come vedi evolversi il level design rispetto ai tempi di DOOM? Ci sono principi che consideri ancora essenziali?
John Romero
Oggi il level design è incredibilmente sofisticato. Gli strumenti sono più potenti e i team più grandi e specializzati. Ma ciò che non è cambiato è lo scopo di un buon livello: sorprendere, insegnare e sfidare il giocatore, dando allo stesso tempo libertà di esprimere abilità e curiosità.
Per quanto riguarda i principi essenziali, assolutamente, esistono ancora. Nel Capitolo 12 di DOOM Guy c’è una lista di regole di design. Per esempio, la regola numero uno è: “L’inizio del livello deve presentare scelte interessanti o apparire impressionante”. Ci sono otto regole in totale, e sono valide oggi come lo erano durante lo sviluppo di DOOM nel 1993. Credo ancora che i livelli debbano sembrare fatti a mano, pieni di ritmo, segreti e di un ritmo studiato. Che sia in uno shooter retrò o in un open world enorme, un design che rispetta l’intelligenza del giocatore non passa mai di moda.
SpazioGames
DOOM ha definito un genere e avuto un enorme impatto culturale. Qual è stata la sfida più grande nel bilanciare innovazione tecnica e divertimento immediato per il giocatore?
John Romero
La sfida maggiore era che spingevamo sempre al limite della tecnologia. Ogni caratteristica, dal level design all’illuminazione fino al multiplayer, era qualcosa che nessuno aveva fatto prima in quel modo. La tentazione era perdersi nella tecnologia, ma la nostra regola era: se non è divertente, non ci va dentro. Testavamo, iteravamo e scartavamo velocemente. Il divertimento doveva venire prima. La tecnologia serviva al giocatore, non il contrario. Credo sia per questo che io e John Carmack formavamo una squadra così efficace.
SpazioGames
Nei tuoi progetti recenti, come SIGIL e altri lavori indie, quali elementi di DOOM ritieni essenziali mantenere e quali volevi reinventare?
John Romero
L’essenza che mantengo sempre è velocità, flusso e controllo del giocatore. Il DNA di DOOM è tutto movimento e ritmo: prendi continuamente micro-decisioni mentre scontri i demoni. Quel “ballo” non invecchia mai.
Quello che volevo reinventare in SIGIL era l’atmosfera, creare qualcosa di più oscuro, più atmosferico, quasi medievale. Si tratta di far evolvere la sensazione di DOOM senza perdere la sua essenza. In SIGIL II, l’obiettivo era rendere il percorso molto più difficile, per sfidare giocatori che negli ultimi 30+ anni sono diventati esperti.
SpazioGames
Molti sviluppatori moderni parlano di “giocatori abili” e di “game feel” come concetti centrali del design. Come descriveresti la tua filosofia rispetto all’esperienza diretta del giocatore?
John Romero
Per me tutto parte da come il gioco “si sente” nelle mani. Suono, movimento, tempismo: tutto deve funzionare insieme affinché il giocatore smetta di pensare ai comandi e semplicemente si muova. Quando uno shooter è calibrato bene, non si tratta di premere pulsanti, ma di istinto. I controlli devono scomparire e il giocatore deve sentirsi il personaggio.
Questo è sempre stato il mio obiettivo: creare giochi in cui la connessione tra mente del giocatore e ciò che accade sullo schermo sia perfetta. Quando succede, si entra in un ritmo creativo, quello che oggi chiamiamo “flow”. Non è magia, è semplicemente buon design al servizio del giocatore.
SpazioGames
Hai spesso detto di possedere ipertimesia, una memoria eccezionale. Come ha influenzato il tuo processo di scrittura per Doom Guy e il ricordo di un’epoca creativa così frenetica?
John Romero
È stato di enorme aiuto. Potevo ricordare conversazioni, la disposizione delle stanze, persino le micro-decisioni che portavano a decisioni più grandi. Questo tipo di memoria mi ha permesso di scrivere scene come se fossi lì di nuovo. Ma la memoria è anche emotiva. Non ricordi solo cosa è successo, ma come ci si è sentiti. Non volevo che DOOM Guy sembrasse una timeline: volevo che i lettori vivessero il caos creativo di quel tempo, l’energia e, a volte, gli errori.
SpazioGames
Scrivere Doom Guy ha richiesto di rivisitare sia i successi sia i fallimenti, da id Software a Ion Storm. Come hai gestito la tensione tra celebrare l’innovazione e riconoscere gli errori?
John Romero
Non volevo scrivere un libro che fingesse che tutto fosse perfetto. Se hai paura di parlare dei fallimenti, perdi l’occasione di mostrare come si cresce. Guardando indietro, posso apprezzare sia i successi sia le lezioni. Entrambi hanno plasmato chi sono oggi.
SpazioGames
Con l’uso crescente dell’IA nei giochi, che ruolo pensi giocheranno queste tecnologie nel futuro degli FPS? Sei entusiasta o preoccupato che possano cambiare troppo l’esperienza classica?
John Romero
L’IA è uno strumento affascinante, ma come tutti gli strumenti, dipende dall’uso. Non voglio che l’IA tolga l’anima artigianale del game design. I migliori livelli e sistemi nascono dall’intento umano, dalla scintilla del “e se…?” che una macchina non può replicare. La vedo come un assistente, non come un sostituto.
SpazioGames
Dopo più di 130 giochi, cosa ti spinge ancora creativamente quando inizi a progettare un nuovo livello, e che tipo di esperienza vuoi offrire oggi ai giocatori rispetto agli anni ’90?
John Romero
Provo ancora la stessa emozione davanti a una mappa vuota. Ciò che mi spinge è la possibilità. Ogni livello è un’occasione per insegnare, sorprendere o spaventare il giocatore in modi nuovi. Oggi voglio creare esperienze che connettano più profondamente con la comunità. Negli anni ’90 si trattava di rompere limiti e scoprire cosa potevano fare i giochi. Ora si tratta di affinare ed espandere il loro significato.
SpazioGames
Guardando al futuro, ora che la tua autobiografia è uscita, senti che ci sia un “capitolo non scritto”, un progetto, un mondo o un esperimento, che sogni ancora di realizzare oltre ai tuoi titoli iconici?
John Romero
Sempre. Finché sono vivo, c’è un altro gioco da fare. Non c’è un traguardo finale per me. Se mai, ho raggiunto un punto della vita in cui i giochi che creo non puntano al successo commerciale, ma all’amore per i giochi e per il game design. Creo per me stesso, per la comunità e con amici e famiglia.
SpazioGames
Sei sempre stato un amante della cultura pop. Quali videogiochi, board game o film consiglieresti assolutamente di provare? E c’è altro che secondo te non dovremmo perdere?
John Romero
Oh, ci sono così tante cose fantastiche. Cyberpunk 2077, Hades e The Outlast Trials sono tutti esempi di design e flow eccellenti. Amo Balatro per aver reinventato qualcosa che esiste da secoli, e il fatto che sia opera di un singolo sviluppatore lo rende ancora più impressionante. Amo Return of the Obra Dinn per la sua originalità.
Nei board game, Terraforming Mars e Scythe sono eccellenti: sistemi che premiano la strategia a lungo termine.
Nei film? Recentemente Late Night With The Devil mi ha colpito per come prende una forma familiare e le dà un volto terrificante. Ma davvero, qualsiasi cosa stimoli curiosità e spinga l’arte avanti è ciò che non dovremmo perdere.