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Il ventennale dei Pokemon

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 04/03/2016 alle 00:00

Com’era giusto che fosse, da qualche giorno a questa parte, in coincidenza con il ventennale dall’uscita giapponese dei primi titoli dedicati ai Pokemon, la rete è un fiorire di articoli celebrativi, in cui si sottolinea l’importanza del brand per Nintendo (tanto economicamente quanto a livello d’immagine) e la mania dilagata da quei giorni in poi, con gadget, serie animate, carte da gioco collezionabili e tanto altro ancora.Tutto giusto, per carità.A me, però, da appassionato del gioco in mobilità, piace sottolineare un altro aspetto, ovvero quanto questa saga sia stata fondamentale per rafforzare il ruolo delle console portatili e quanto, dopo Pokemon, queste siano state viste con occhi diversi.

SparksLa scintilla l’ha accesa il codice di Pokemon Blu, ricevuto da Nintendo in occasione del lancio su Virtual Console, avvenuto lo scorso venerdì: inutile dilungarsi su una recensione, che lascerebbe il tempo che trova visto che, a parte l’integrazione per il wireless, si tratta degli stessi giochi che sbarcarono in Italia a pochi mesi dal nuovo millennio (glitch per ottenere Mew incluso).Ero da poco maggiorenne, quando misi le mani su questo titolo, e rigiocarci ha riportato alla mente memorie, situazioni, abitudini che ormai celavo in un angolino della mia testa:certo, dopo aver giocato fino all’altro ieri a Zaffiro Alpha, l’esperienza risulta limitata, quasi come bere vodka in Italia dopo averlo fatto in Polonia.Come sempre, condivido appieno la filosofia della grande N, che su Virtual Console ha sempre riproposto i giochi come erano, senza aggiunte o abbellimenti di sorta, in un’operazione di recupero filologico che permette anche ai giocatori più giovani (e meno schizzinosi) di ripercorrere il percorso che ha portato il brand a diventare uno dei più amati e seguiti dalla nascita del medium videoludico.Quando i primi due titoli dei Pokemon furono lanciati in Giappone (peraltro con una “colorazione” diversa da quella vista qui in Europa), il Game Boy stava per spegnere la sua settima candelina, ed era già un fenomeno di massa tra i più clamorosi della recente storia giapponese, ma non solo.L’hardware cominciava a mostrare i segni dell’età, anche a causa della concorrenza, dotata di schermi migliori e di una palette cromatica assai più ricca, ma, come spesso accade con le console, a fare la differenza fu il software: come se perle del calibro di Tetris, The Legend of Zelda: Link’s Awakening, Super Mario Land II e Metroid 2 Return of Samus (giusto per citare alcuni tra quelli a me più cari) non fossero sufficienti, ecco arrivare questo curioso gioco di ruolo in cui catturare e collezionare mostriciattoli.139, per la precisione, anche se poi questo numero era destinato a salire per quanti davvero volessero completare il loro Pokedex.Di lì in poi, complice l’esclusività del titolo per le console portatili della grande N, anche coloro che avevano fin lì snobbato le piccole macchine da gioco dovettero ricredersi, grandi o piccini che fossero.

Giocare, ovunqueLa necessità di scambiarsi Pokemon tra giocatori per poter completare la collezione, unita alla qualità del prodotto, che per i tempi era tutt’altro che trascurabile, rese questo gioco un vero e proprio fenomeno di massa, diffondendo l’accoppiata Game Boy e cartuccia come fosse un’influenza nel picco di stagione; chi sapeva di cosa si stava parlando, divenne un cacciatore di Pokemon maniacale, ma per Nintendo (e per la diffusione delle console portatili, in senso più ampio) furono altrettanto importanti tutti quelli che si avvicinarono per pura curiosità, senza avere idea di cosa si stesse parlando.Ricordo chiaramente compagni di scuola ed amici che dapprima mi guardavano straniti quando mi vedevano impugnare il mio Game Boy (“cacchio hai diciott’anni, mica nove!)”, e poi si avvicinavano con fare circospetto, fingendo disinteresse ma informandosi in maniera discreta.Molti di questi, la settimana dopo, chiedevano in quale parte di Kanto dirigersi per scovare quel tale Pokemon.Se per alcuni il Game Boy rappresentò una cometa destinata a durare solo qualche anno, perché, fondamentalmente, i loro interessi erano altrove, per moltissimi altri (la maggioranza, mi verrebbe da dire) quello fu l’inizio di una lunga storia d’amore con il medium videoludico e, in particolare, con le console portatili.L’elemento di socialità aggiunse quel quid che mancava ai Mario e agli Zelda sopracitati che pure, presi singolarmente, erano probabilmente di qualità superiore rispetto al titolo di Game Freak.Anzi, togliamo il “probabilmente”: Pokemon Rosso e Pokemon Blu (come Giallo che li seguì) non rappresentavano il top anche solo nella categoria dei giochi di ruolo usciti per la console monocromatica della grande N, con concorrenti del calibro dei tre Final Fantasy Legend (il secondo, in particolare) e dei tre Dragon Warrior, eppure il lavoro svolto era eccellente, dal punto di vista della semplicità d’approccio, della scalabilità dell’esperienza di gioco e del fattore multigiocatore intrinseco.Ancora oggi, ogni titolo dedicato ai mostriciattoli tascabili può essere goduto a più livelli, tanto quanto dall’adolescente che non ha mai messo le mani su un gioco di ruolo orientale in vita sua quanto dall’adulto (come il sottoscritto) che, invece, mastica giochi di ruolo da quasi un quarto di secolo.Ancora oggi, nonostante questo, esistono sparuti gruppi di persone che etichettano ogni nuovo gioco dedicato ai Pokemon come “roba da bambini”, ignorando quanto lavoro c’è dietro e quanto divertimento ne possa trarre anche il più insospettabile degli adulti.Di qualsiasi natura sia la misteriosa prossima console Nintendo, di una cosa sono certo: finché ci saranno i Pokemon, le console portatili della grande N rappresenteranno sempre un acquisto particolarmente appetitoso.

Oltre a far innamorare grandi e piccini su tutto il globo terracqueo, partendo dal Giappone ma invadendo presto anche tutto l’occidente, la saga dei Pokemon ha il grande merito di aver sdoganato definitivamente l’utilizzo delle console portatili anche al di fuori del paese del Sol Levante, mettendo in mano un Game Boy anche a semplici curiosi, che di lì in poi non avrebbero più speso i loro risparmi in altro modo.

Se avete interesse nella saga e non vi preoccupa giocare ad un titolo un po’ primitivo in molti suoi aspetti, scegliete una delle tre versioni disponibili sulla Virtual Console e divertitevi.

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