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Recensione

The Legend of Heroes: Trails from Zero | Recensione - From Zero to Hero

La Special Support Section entra in azione anche in Europa

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Pubblicato il 20/09/2022 alle 15:00
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  • Pro
    • Solido e godibile
    • Prima apparizione in Europa
    • Approcciabile anche dai neofiti della saga
  • Contro
    • Tecnicamente indietro di più di due generazioni
    • Non sempre invecchiato bene
    • Meno profondo di tanti altri titoli Falcom e non solo

Il Verdetto di SpazioGames

7
The Legend of Heroes: Trails from Zero, pur rappresentando un passo indietro rispetto ai quattro titoli della serie Trails of Cold Steel che lo hanno preceduto sul suolo europeo, è comunque un capitolo solido e divertente dell'espanso franchise creato da Falcom, e siamo sicuri che tutti gli appassionati della lore della serie non se lo lasceranno scappare. Rispetto ai titoli succitati, però, il peso degli anni intercorsi dalla prima pubblicazione è qui più gravoso, per colpa di una presentazione non all'altezza, di qualche scelta di game design invecchiata maluccio e di uno sforzo non troppo intenso da parte dello sviluppatore nel riproporlo al pubblico odierno, probabilmente dovuto anche ad un budget tutt'altro che stellare. Se siete alla ricerca di un JRPG ben scritto, con personaggi credibili ed un combat system classico ma estremamente funzionale, siete nel posto giusto, ma bisogna anche tener presente che la concorrenza è molto forte (tanto su Switch quanto su PS4), a partire proprio dai quattro Trails of Cold Steel della stessa Falcom.

Informazioni sul prodotto

Immagine di The Legend of Heroes: Trails from Zero
The Legend of Heroes: Trails from Zero
  • Sviluppatore: Falcom
  • Produttore: NIS America
  • Distributore: Plaion
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 30 settembre 2022

Dopo aver portato in Occidente l'intera quadrilogia di Trails of Cold Steel, di cui trovate le recensioni sulle nostre pagine, NIS è ancora debitrice nei confronti del pubblico nostrano degli archi narrativi che riguardano Crossbell e la Repubblica di Calvard, ad ognuno dei quali sono dedicati svariati titoli fin qui pubblicati nel solo Giappone.

Oggi, però (o meglio, tra qualche giorno, con la data di lancio ufficiale fissata al 30 settembre per l'Europa), la storica software house nipponica incomincia il percorso di completamento di una delle saghe più mastodontiche della storia videoludica, portando sugli schermi di PS4 (versione recensita, giocata in retrocompatibilità su PS5, la trovate su Amazon), Switch e PC The Legend of Heroes Trails from Zero, primo capitolo dedicato agli avvenimenti nella città stato di Crossbell, instabile cuscinetto tra l'Impero e la Repubblica.

Vediamo com'è andata nella nostra recensione.

Crossbell arc

Della sterminata lore della serie Trails of, Falcom ha fin qui mostrato all'utenza europea solamente la quadrilogia dedicata all'Impero, ansioso di gettare la sua ombra minacciosa su tutto il continente di Zemuria partendo da ovest.

Dopo aver vissuto in prima persona le vicissitudini di Rean Schwarzer e della sua classe di eroi, come ampiamente documentato nelle nostre recensioni, stavolta ci troviamo invece a vestire i panni di Lloyd Bannings, cadetto del corpo di polizia speciale di Crossbell messo a capo della SSS, la divisione Special Support Section, ideata per contrastare la popolarità della Bracer Guild ed aiutare i comuni cittadini soddisfacendo le loro richieste più disparate.

Se vi sembra tutto ingarbugliato, ripartiamo dall'inizio.

Comincia tutto con un viaggio in treno, come già in altri titoli Falcom...

Falcom si propose, a suo tempo (parliamo del 2004, anno di pubblicazione del primo episodio della serie Trails in the Sky), di mostrarci un intero continente in guerra dalla prospettiva di tutti e quattro gli attori coinvolti: l'Impero, con i quattro Trails of Cold Steel, Liberl, con la trilogia di Trails in the Sky, Calvard, con Kuro No Kiseki – di cui è già stata annunciata una versione occidentale – e Crossbell, con i due giochi della sottoserie Trails from Zero.

Quella qui in esame è quindi solo una delle dieci tessere complessive che vanno a comporre il mosaico disegnato dallo sviluppatore giapponese, eppure, essendo la prima delle due ambientate nella fiorente città-stato succitata, è approcciabile anche da chi fosse totalmente a digiuno della sterminata lore del franchise.

Nello specifico, gli eventi qui narrati vanno a collocarsi cronologicamente dopo quelli di Liberl (Trails in the Sky) ma prima della quadrilogia che ha visto il già citato Rean Schwarzer condurre la Class VII dell'accademia militare di Thors.

Questo è il motivo per cui chi avesse già completato quei titoli troverà in Trails from Zero diverse facce note, e coglierà cenni e riferimenti a fatti e persone che inevitabilmente sfuggiranno al neofita; eppure, a differenza di tre dei quattro titoli della serie Trails of Cold Steel, Trails from Zero rappresenta un ideale punto di ingresso nella serie, concentrandosi su una mappa piuttosto circoscritta e su un cast di personaggi ampio ma non inavvicinabile.

Le talking heads sono le uniche ad aver goduto di un restyling consistente

La storia inizia con il ritorno di Lloyd Bannings a Crossbell, dopo tre anni di accademia militare durante i quali il nostro, nonostante la giovane età, si è distinto tanto da ottenere la licenza di investigatore: si prospetta per lui un impiego nella First Division, quella dedita all'investigazione dei casi più scottanti, ed invece il destino ha in serbo per lui qualcosa di diverso.

Egli viene assegnato infatti ad una divisione del tutto nuova insieme ad altri tre giovani, Randy Orlando, scapestrato ma affidabile, Elie MacDowell, nipote del sindaco di Crossbell, e Tio Plato, giovanissimo portento quando si tratta di ingegneria tecnologica.

Attorno a questa squadra ruotano vicende inizialmente banali, che non tarderanno, però, a prendere una piega ben più seriosa e di fondamentale importanza per il destino di Crossbell, città-stato nonché cuscinetto tra le due superpotenze dell'Impero e di Calvard.

Tra politici corrotti, fiorenti tratte commerciali e fazioni malavitose in guerra, Crossbell finirà con l'essere l'ago della bilancia nella immane guerra che coinvolgerà presto l'intero continente di Zemuria.

Guarda su

Un po' vino, un po' aceto

Se si passa ad analizzare il gameplay, è impossibile non trovare in questo RPG tutti i marchi distintivi classici delle produzioni Falcom, alcuni in forma già abbastanza sviluppata, altri meno.

Dal combat system a turni agli attacchi di gruppo, dalle gemme da incastonare nelle armi che garantiscono effetti elementali supplementari, passando per la turnazione sempre visibile nell'angolo in alto a sinistra e modificabile dalle azioni del giocatore, ci sono tutte le prerogative non solo per un JRPG denso e ben sviluppato, quale Trails from Zero è, ma anche le cianografie, se così vogliamo chiamarle, dell'intera produzione ruolistica del team giapponese negli anni a venire.

Ci sono essenzialmente due problemi che impediscono a questo capitolo di risplendere tra i migliori del franchise: l'uno è rappresentato dal fatto che, essendo arrivato dopo la quadrilogia di Trails of Cold Steel, risente dell'inevitabile paragone, dal quale esce sconfitto sotto praticamente tutti i punti di vista.

Il secondo, inevitabile a dodici anni dalla prima pubblicazione, è invece insito nell'invecchiamento di alcune delle meccaniche di gioco proposte, che minano il ritmo della narrativa in più punti e per le quali questa riedizione non propone soluzioni effettive.

Alcune boss fight daranno parecchio filo da torcere

Così, a fronte di un sistema di combattimento comunque solido e godibile, ci si trova ad avere a che fare con fasi della campagna (ma anche di molte delle missioni opzionali) dove non è ben chiaro come avanzare, lasciando al giocatore la scelta di parlare con tutti gli NPC, sperando di essersi perso qualcosa, o affidarsi ad una delle tante guide reperibili sulla Rete.

Similmente, la scelta di non includere alcun tipo di viaggio rapido da una località all'altra sembra artificiosa e mirata ad allungare il brodo di uno dei capitoli altrimenti più brevi della lunga carriera di Falcom: è vero che le dimensioni della mappa, come già sottolineato, appaiono decisamente più contenute rispetto a quelle delle avventure della Class VII, ma dover ripercorrere (pure con l'opzione di accelerare il tempo premendo il grilletto sinistro) le stesse strade decine di volte in poche ore, tra incarichi primari e secondari, diventa presto tedioso.

L'impressione che non sempre il tempo del giocatore venga rispettato fino in fondo la restituiscono anche animazioni che non è possibile saltare e mercanti che vendono merci molto specifiche, costringendo a girovagare per Crossbell solo per poter mettere le mani su tutto l'equipaggiamento che serve.

Al netto della discutibile scelta di portare questo capitolo in Europa solo successivamente alle avventure di Rean Schwarzer, però, faremmo un torto ad un JRPG solido e divertente se dicessimo che la quarantina di ore spese in sua compagnia siano state difficili da digerire o tediose.

Guarda su

Trails from Zero ha imparato bene i fondamentali, dal sistema di combattimento alla storia, passando per personaggi estremamente piacevoli che ritroveremo poi nell'universo della serie, ma magari manca un po' nelle rifiniture, complice un'operazione di rimasterizzazione portata a termine con il minimo sforzo e con un budget risibile.

Probabilmente lo apprezzerete di più se videogiocate da qualche anno e avete dai trent'anni in su, ma rappresenta comunque un tassello importante di una delle serie più amate dello sviluppatore nipponico che doveva arrivare prima o poi anche in Europa. Peccato non l'abbia potuto fare in una forma ancora più convincente.

Dodici anni e sentirli tutti

Se, da un lato, quindi, siamo felici che Falcom e NIS si stiano adoperando per portare tutti e dieci i titoli del franchise in Europa, dall'altro siamo dispiaciuti di constatare come, nonostante il buon successo di pubblico e di critica ottenuto dalla quadrilogia di Trails of Cold Steel, il budget stanziato per questo franchise continui ad essere minuscolo, come sottolineato poc'anzi, soprattutto se rapportato a quello di tanti congeneri diretti concorrenti.

Per questa rimasterizzazione lo sforzo produttivo è stato quasi nullo, a ben vedere: per la localizzazione Falcom si è affidata alla base costituita dall'ottima fan translation (solo in inglese) che aveva reso giocabile il prodotto fin qui, operando pochissimi cambi e risparmiando così notevolmente.

Il titolo non lesina dialoghi anche molto lunghi

Ahinoi, quei soldi non sono però stati reinvestiti in altri settori, se è vero che la modellazione poligonale, i modelli dei protagonisti, il motore di gioco non sono stati minimamente toccati, ed essendo quindi ancora quelli dell'esordio del 2010 su PSP, risultano un vero e proprio pugno nell'occhio su un televisore moderno.

Noi abbiamo provato la versione PS4 in retrocompatibilità su PS5, su uno schermo 4K OLED, e, pur essendo giocatori vecchia scuola, abituati ai pixel e a giochi che puntavano più sulla sostanza che sulla forma, dobbiamo ammettere che la presentazione rimane uno dei punti più deboli del pacchetto.

Né i menu né i testi a schermo fanno una bella figura, con una risoluzione modesta che li sfoca tremendamente su uno schermo dalla diagonale generosa come quello utilizzato per il test, e, pur non avendo provato direttamente la versione Switch, confidiamo nel fatto che possa essere quella in cui questi difetti emergano meno, soprattutto in modalità portatile.

Delude anche la mancanza di feature che oggigiorno molti giocatori, soprattutto delle nuove generazioni, danno per scontate, e che avrebbero di certo reso la vita più facile ai neofiti: l'autosalvataggio, ad esempio, non è stato implementato, né è presente un tasto per l'avanzamento automatico delle linee di dialogo, costringendo il giocatore ad un input continuo in occasione dei moltissimi dialoghi presenti.

Il comparto tecnico sente il peso degli anni

Sarebbe stato utile anche poter cambiare in corso d'opera il livello di difficoltà, che rimane invece immutabile per tutto l'arco dell'avventura, sempre nell'ottica di avvicinare anche giocatori non abituati ai picchi tipici del genere: noi abbiamo completato l'avventura a livello difficile in poco più di quaranta ore, ma crediamo che anche a livello normale qualche boss potrebbe dare non pochi grattacapi a chi non fosse avvezzo al genere.

Il grinding, pratica oggi passata quasi del tutto di moda nei giochi di ruolo, era nel 2010 connaturata all'esperienza ruolistica e qui ne serve una buona dose in almeno tre o quattro circostanze lungo la campagna principale, con tutto ciò che ne consegue in termini di ripetitività dell'azione e di dilatazione artificiale dei tempi di gioco.

Si sarebbe insomma potuto fare di più tanto sul versante puramente grafico, dove solo le talking heads dei personaggi hanno goduto di un restyling soddisfacente, quanto su quello delle cosiddette quality of life features, ferme alla riedizione per PSVita del gioco edita otto anni or sono ed insufficienti all'alba del 2023.

Versione recensita: PS4

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