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Immagine di Police Stories, Bad Boys in pixel art - Recensione
Recensione

Police Stories, Bad Boys in pixel art - Recensione

Police Stories è uno shooter dalla forte impronta tattica e uno stile da poliziesco d'altri tempi

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Avatar di Daniele Spelta

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Pubblicato il 25/09/2019 alle 10:57 - Aggiornato il 30/09/2019 alle 13:09
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  • Pro
    • Non il solito sparatutto dall'alto
    • Gli oggetti tattici sono realmente indispensabili
    • In co
    • op dà il meglio di sé
    • La giusta atmosfera da b
    • movie poliziesco
    • Buon level design
  • Contro
    • Difficoltà a tratti esagerata
    • AI lacunosa
    • Sistema di avanzamento delle missioni difficile da spiegare

Il Verdetto di SpazioGames

7.5
Al primo impatto Police Stories potrebbe sembrare un emulo di Hotline Miami a parti invertite ma bastano un paio di missioni per accorgersi che c'è molto di più. Quello che all'apparenza risulta un semplice top-down shooter è in realtà un titolo decisamente più tattico e profondo dove, al fianco dei riflessi, serve una sana dose di strategia. Purtroppo il titolo ogni tanto sconfina nel territorio della frustrazione, aumentato da una progressione a singhiozzi e da una intelligenza artificiale non impeccabile.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Police Stories
Police Stories
  • Sviluppatore: Mighty Morgan
  • Produttore: Hype Train Digital
  • Piattaforme: PC , SWITCH
  • Generi: Sparatutto
  • Data di uscita: 19 settembre 2019

Prendete un pizzico di Hotline Miami, aggiungeteci una spruzzata di Door Kickers e immergete il tutto in un’atmosfera da film poliziesco che trasuda anni ‘90 da ogni pixel. Il risultato si chiama Police Stories, un top-down shooter sviluppato da Mighty Morgan e pubblicato da HypeTrain Digital, etichetta nota soprattutto per l’ottimo sparatutto western 12 is Better Than 6.

Viste le premesse, Police Stories potrebbe sembrare un titolo derivativo, schiacciato sotto il peso delle sue stesse fonti di ispirazione. Per fortuna queste ultime sono state sfruttate solo come dei punti di partenza da articolare per proporre qualcosa di diverso, se vogliamo anche ribaltando le prospettive in termini di gameplay e di trama.

Senza voler esagerare, Hotline Miami è stato il capostipite di uno stile costantemente over the top: frenetico, crudo e con una trama tanto aggrovigliata da non capire più se si sta dalla parte del bene o del male. In Police Stories i ruoli sono più chiari. John Rimes and Rick Jones sono due agenti che si ritrovano dopo una separazione traumatica e, nemmeno a dirlo, il loro ricongiungimento avviene proprio dentro uno di quei ristoranti sudici con una cameriera che non può fare a meno di masticare vistosamente il suo chewing gum. Una giornata nera come i loro caffè, segnata da una banale chiamata di servizio che nel giro di una notte li trascinerà in un crescendo di situazioni sempre più al limite. Police Stories sa di essere un pastiche e non fa nulla per nasconderlo, aggiungendo stereotipi su stereotipi presi in prestito da pellicole hollywoodiane di serie B: poliziotto buono e poliziotto cattivo, una bomba da disinnescare, gang armate fino ai denti, sospettati loro malgrado coinvolti in giri loschi e la lista potrebbe andare avanti a lungo. Non è nulla di originale ma funziona e i 18 atti aggiungono sempre un cliché nuovo a questo thriller interattivo.

Le differenze non si limitano all’aspetto narrativo. Con la sua visuale dall’alto e la sua ottima pixel art, Police Stories prende in prestito da Hotline Miami solo l’involucro esterno, riempito dagli sviluppatori con uno stile di gioco tattico dai ritmi più lenti e ragionati. Fare irruzione in una stanza e abbattere i criminali con un MP5, semplicemente, non funziona. La violenza è solo l’extrema ratio, preceduta da ordini di gettare le armi, colpi intimidatori e da un ventaglio di opzioni strategiche che premiano un approccio calcolato, in cui utilizzare sapientemente la strumentazione messa a disposizione del duo. Durante un rapido briefing vanno infatti selezionati oggetti come granate flash o fumogene, medikit, stabilizzatori per le pistole, spray al peperoncino o, ancora, chiavistelli per forzare le porte. Questi aggeggi si rivelano indispensabili per portare a termine le operazioni e si integrano alla perfezioni con gli altri elementi, come il level design, la presenza costante di un compagno – guidato da un altro giocatore in locale oppure affidato alla AI – e il sistema di progressione.

Partiamo dalle mappe. Queste sono composte da una molteplicità di stanze, angoli ciechi, trappole ed ostacoli, tutti enigmi sui quali ragionare per evitare di finire vittima del fuoco nemico. Ogni porta nasconde delle insidie, pone delle domande strategiche e richiede un’attenta pianificazione: si osserva cosa c’è oltre la serratura tramite un radar, si ordina al socio di tirare una flashbang e nel frattempo si sfrutta la seconda entrata per fare irruzione e ammanettare il malvivente. Questo è solo uno dei tanti esempi, una diversificazione che ricorre anche all’interno dello stesso livello dato il posizionamento casuale dei nemici e la loro mobilità.

Il feeling restituito è ottimo e ricalca in modo soddisfacente quelle scene viste in numerosi polizieschi a stelle e strisce. L’unica pecca è un’intelligenza artificiale poco reattiva, sia per l’alleato che per i criminali, con comportamenti al limite del suicidio o riflessi che possono essere quelli di un felino o, al contrario, annebbiati e al rallentatore. Inoltre, quando si detta un comando al socio non è detto che questo vada a buon fine, magari a causa di una minima sporgenza che “rompe” il pathfinding. Naturalmente questi nei spariscono quando ci si affida ad un socio in carne ed ossa, momento in cui Police Stories dà il meglio di sè.

La dura vita del poliziotto

Queste problematiche inaspriscono un livello di difficoltà già di per sé alto dove, al netto di scudi e giubbetti, vale la regola dell’one shot one kill. C’è, insomma, un alone pesante di frustrazione che aleggia sopra ogni run, una volta penalizzata da un colpo proveniente da un punto non inquadrato, una volta interrotta per una trappola attivata da un collega sbadato. Come se non bastasse, si aggiunge un meccanismo di avanzamento fra le missioni che lascia parecchi dubbi. A fine livello si viene giudicati in base alle proprie azioni, colpi subiti, arresti effettuati e prove raccolte, elementi che si sommano per arrivare ad un giudizio finale che, se sufficiente, sbloccherà il livello successivo. Un civile ferito, un proiettile di troppo incassato e il punteggio scende sotto la soglia critica, non lasciando altra opzione che rifare da capo tutta la missione, anche se questa era stata portata a termine in modo positivo. Appare quindi evidente il tentativo di allungare il brodo per un gioco che di per sé durerebbe circa 3-4 ore, acuendo in tal modo la fastidiosa sensazione di déjà-vù. .

A differenza del già troppe volte citato Hotline Miami, Police Stories mette a disposizione una modalità easy, decisamente più abbordabile e permissiva ma che snatura il titolo proprio a livello di game design, facendo venir meno la necessità di ricorrere alla strumentazione tattica, uno dei perni portanti dell’opera. Un secondo aiuto proviene poi dalle opzioni, in cui attivare o disattivare l’impostazione relativa al pixel perfect.

Al netto di qualche problema dovuto alla AI e ad una difficoltà alle volte fuori scala, Police Stories è un titolo che sa regalare parecchie soddisfazioni ed è inoltre impreziosito da un’atmosfera che calza alla perfezione, con una pixel art fumosa e dove non sorge mai il sole, il perfetto accompagnamento per le torbide indagini di John e Rick.

+ Non il solito sparatutto dall'alto

+ Gli oggetti tattici sono realmente indispensabili

+ In co-op dà il meglio di sé

+ La giusta atmosfera da b-movie poliziesco

+ Buon level design

- Difficoltà a tratti esagerata

- AI lacunosa

- Sistema di avanzamento delle missioni difficile da spiegare

7.5

Al primo impatto Police Stories potrebbe sembrare un emulo di Hotline Miami a parti invertite ma bastano un paio di missioni per accorgersi che c’è molto di più. Quello che all’apparenza risulta un semplice top-down shooter è in realtà un titolo decisamente più tattico e profondo dove, al fianco dei riflessi, serve una sana dose di strategia. Purtroppo il titolo ogni tanto sconfina nel territorio della frustrazione, aumentato da una progressione a singhiozzi e da una intelligenza artificiale non impeccabile.

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