Dragon Quest III HD-2D Remake | Recensione - Grande ritorno
Dragon Quest III HD-2D è un remake fedele, che ammoderna il comparto tecnico e aggiunge contenuti a uno dei migliori JRPG di sempre.
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
In sintesi
- Ritocca con la giusta misura un grande classico.
- Artisticamente sublime.
- Contenuti inediti rispetto all'originale.
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Artdink, Team Asano
- Produttore: Square Enix
- Testato su: PS5
- Piattaforme: SWITCH , PS5 , PC , XSX
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 14 novembre 2024
Dopo averlo ammirato a lungo tra fiere di settore e scintillanti trailer, che mettevano in evidenza la bontà del lavoro di rifacimento grafico del nuovo team di sviluppo, Dragon Quest III HD-2D Remake è finalmente giunto al momento della tanto attesa prova finale, nel nostro caso in versione PS5.
Uno dei mostri sacri del sotto-genere dei giochi di ruolo di stampo nipponico si è rifatto il maquillage, ma, come abbiamo avuto modo di scoprire, oltre al colpo d'occhio c'è di più.
Seguiteci per scoprire tutti i dettagli nella nostra recensione.
Il capitolo della svolta
Responsabile dell'introduzione di una serie di elementi che assursero poi al ruolo di co-protagonisti nel successo riscosso da uno dei franchise più noti al mondo, come l'introduzione di un sistema di classi e del ciclo giorno/notte, il terzo capitolo di Dragon Quest rimane ad oggi uno di quei titoli su cui l'intera industria si è poggiata per decenni, la quintessenza del gioco di ruolo di matrice giapponese.
I fatti qui raccontati sono antecedenti a quelli del primo episodio, e questo spiega anche il motivo per cui la Square Enix odierna (all'epoca della prima pubblicazione solo Enix) abbia deciso di pubblicare prima questo remake rispetto ai due capitoli precedenti, sicuramente meno evoluti in quanto a meccaniche e narrativa rispetto a questo.
Sotto tanti punti di vista, volendo fare un paragone con l'altra serie seminale del genere JRPG, Dragon Quest 3 sta al franchise firmato Yuji Horii come Final Fantasy IV sta a quello ideato da Hironobu Sakaguchi: se il successo planetario giunse con il settimo, indimenticabile capitolo, è a partire dalle avventure di Cecil che la saga prese ad esplorare ed approfondire le personalità dei suoi eroi e a proporre qualche spunto interessante dal punto di vista della narrazione.
In onore dei giocatori di vecchia data, invece, che ancora ricorderanno il plot dell'originale, ci guarderemo bene dallo svelare quali aggiunte siano state fatte in termini di storia ed approfondimento delle motivazioni dei personaggi da parte del team responsabile di questo rifacimento.
Ci limiteremo solo a dire che la loro inclusione appare assolutamente naturale e che, di conseguenza, il lavoro svolto è molto buono, stante la medesima catena di eventi vista nel titolo pubblicato in Giappone nel lontano 1988.
Nei panni di un avventuriero nemmeno maggiorenne, rimasto presumibilmente orfano di padre, quell'Ortega partito anni prima per affrontare il temibile Ultrademone Padramos e mai tornato, dovremo farci carico della medesima, erculea impresa per il bene del re e di tutti i suoi sudditi, perché la minaccia che grava sul regno è tanto nebulosa quanto minacciosa.
Nonostante gli evidenti passi avanti rispetto al primo ed al secondo episodio, con degli apprezzabili sforzi per umanizzare al massimo dei personaggi abbastanza stereotipati, l'approfondimento psicologico e la narrativa rimangono in disparte rispetto al gameplay, come da tradizione per la saga.
Basti pensare che tutti i personaggi che entreranno da subito a far parte della nostra spedizione sono personalizzabili tanto nel nome quanto nelle fattezze per capire quanto poco Dragon Quest III HD-2D Remake, in linea con tutti gli episodi della serie (con l'ottavo e l'undicesimo capitolo come notevoli eccezioni) non sia un gioco che punta sulla caratterizzazione dei personaggi, sulla loro introspezione psicologica né, tantomeno, su una trama fitta ed intricata.
Chi fosse in cerca di questi elementi dovrebbe quindi cercarli altrove: la serie nata dal genio di Yuji Horii è sinonimo di spensieratezza, plot leggeri e, soprattutto, di una divisione netta tra la luce e l'oscurità, tanto da risultare didascalica nel suo incedere.
Aggiunte, modifiche e quality of life
Tra le aggiunte che abbiamo maggiormente gradito, c'è sicuramente il revamp a cui è andata incontro l'arena dei combattimenti: se nell'originale era sì possibile inviare team di mostri già incontrati e sconfitti a battersi tra di loro, scommettendo sull'esito della battaglia, in questo remake è possibile influire direttamente sui combattimenti pur senza prendere il comando della propria squadra, con una scelta che avvicina molto Dragon Quest III Remake a un JRPG monster trainer, sulla falsariga di (sì, l'avete capito) Pokémon.
Al giocatore/allenatore è concesso scegliere, di turno in turno, l'orientamento migliore a seconda delle circostanze: è possibile consigliare al proprio team di concentrarsi sull'attacco o sulla cura, ad esempio, oppure di risparmiare punti magici.
Il sostrato strategico non è dei chiaramente dei più profondi, ma le battaglie sono divertenti e differenti da quelle del resto del gioco, e spingono ad arruolare nuovi mostri per emergere vittoriosi.
Per quanto il focus dell'avventura rimanga altrove, volendosi mettere a cacciare bestie ovunque e collezionarne di rare o con abilità particolarmente potenti, è possibile prolungare anche di molto la già cospicua vita del prodotto e mettere su delle squadre di mostri che farebbero impallidire molti capi-palestra della succitata serie GameFreak.
Peraltro, la decisione di includere i medesimi quattro set di azioni anche ai combattimenti regolari aiuta a velocizzare di molto l'incedere della campagna principale, perché è possibile affidare all'intelligenza artificiale gli incontri casuali con i mostri di basso rango per poi prendere direttamente il controllo del team in occasione di boss e mini-boss.
Sì, avete letto bene, il team di sviluppo ha optato per il mantenimento degli incontri casuali del titolo originale, e sinceramente la cosa non ci ha disturbato: il ritmo dell'avventura non ne risente e, come detto poc'anzi, certe accortezze aiutano i giocatori più giovani ad entrare nel mood di un prodotto originariamente pubblicato ben trentasei anni or sono.
Nondimeno, una scelta così conservativa a livello di gameplay potrebbe non incontrare i gusti dei giocatori più giovani, ai quali comunque consiglieremmo di perseverare, visto che Dragon Quest III HD-2D Remake si sforza di tendere una mano anche a chi fosse totalmente a digiuno del franchise.
Nella stessa direzione vanno anche altre modifiche alla cosiddetta quality of life, come la possibilità di personalizzare la classe dei seguaci del giocatore, che risulteranno così più personali ed assai meno anonimi di quelli del titolo originale, e quella di aumentare fino a tre volte la velocità a cui vengono combattute le battaglie, che consente di rende indolore tutte le fasi di combattimento.
Inutile dire che chi vi scrive non ha mai lasciato il timone alla CPU, prendendosi direttamente la responsabilità delle vittorie tanto quanto delle sconfitte, ma sapere che il team di sviluppo ha pensato anche ai giocatori meno esperti farà piacere a chiunque voglia avvicinarsi a questo storico franchise.
Come se non bastasse, abbiamo notato una migliore distribuzione dei punti di salvataggio manuale, che concorre – insieme all'introduzione di tre diversi livelli di difficoltà modificabili in qualsiasi momento – ad una comoda funzione di auto-salvataggio e alla costante presenza della mini-mappa a schermo, ad aprire il prodotto ai novizi in maniera sostanziale.
In un contesto tanto user-friendly, stona la mancanza di una svecchiata nella gestione dell'inventario, come purtroppo già visto nel recente remake di Romancing SaGa 2: qualora non fossero preventivamente equipaggiati addosso ad uno dei personaggi del party, gli oggetti in possesso del gruppo risultano infatti inaccessibili, in linea con una gestione dell'equipaggiamento che già all'epoca della prima pubblicazione risultava arcaica, e non era condivisa da tutti i giochi di ruolo giapponesi sul mercato.
Ci siamo dilettati anche col Domabestie, la classe inedita (o quasi, visto che era presente solo nel decimo capitolo tra quelli regolari) re-introdotta in questo remake e che fa un po' il verso al mago blu presente nei vecchi episodi di Final Fantasy: la sua specialità è infatti quella di imbrigliare i mostri che incontreremo e carpirne i segreti, così da riutilizzarne a piacimento le abilità in combattimento.
Durante la nostra run abbiamo trovato che, ad alti livelli, questa nuova classe risulti forse un po' troppo potente, soprattutto qualora il giocatore si fosse dilettato nel combattere più mostri possibile, ma basta alzare l'asticella della difficoltà per ricordarsi subito che, nonostante il look carino ed il chara design spensierato, Dragon Quest III picchia duro anche in questo HD-2D Remake.
In una parola: incantevole
Chi ci legge assiduamente conosce la nostra opinione riguardo alla tecnica denominata HD-2D: Octopath Traveler 2 e Live-a-Live sono solo gli ultimi due esempi, ma finora tutti i titoli pubblicati che ne facevano uso si sono rivelati una vera e propria gioia per gli occhi, e fortunatamente da questo punto di vista Dragon Quest III non costituisce eccezione.
La versione personalizzata dell'Unreal Engine 4 utilizzata per questo remake appare quasi irriconoscibile grazie alle modifiche operate dal team di sviluppo, ma dal potente motore Epic Dragon Quest III Remake eredita la stabilità del frame rate e la piacevole sensazione di fluidità tanto durante il gameplay quanto nei menu.
Abbiamo trovato quanto mai accessoria la presenza di una doppia modalità (l'una che predilige l'impatto grafico, l'altra le prestazioni) nella versione PS5 da noi provata: in entrambe, infatti, non abbiamo riscontrato alcun problema di fluidità, e anche le differenze visive, giocando su un televisore OLED da 55 pollici, ci sono sembrate minime.
Il connubio tra sprite bidimensionali finemente animati ed ambientazioni altrettanto colorate ma interamente in tre dimensioni si rivela ancora magnetico: la lucentezza delle immagini ed il taglio registico quasi infantile, che riescono sempre a trasmettere un senso di meraviglia e di scoperta, restituiscono la sensazione di starsi muovendo all'interno di una fiaba per bambini.
A completare un quadro quindi piuttosto idilliaco ci sono anche nuove scene di intermezzo, che gettano una nuova luce su alcuni personaggi, una manciata di nemici che non ricordavamo di aver incontrato né nell'originale né nel port per Switch di qualche anno fa e una localizzazione dei testi completa in un italiano puntuale e privo di grosse sbavature.
Chiosa finale per la durata complessiva, che nel nostro caso ha di poco scavallato le quaranta ore, una decina abbondante in più rispetto a quelle che servivano per completare il titolo originario.
Sarà merito degli episodi aggiuntivi piuttosto che del maggiore tempo speso nell'arena (come nel nostro caso), ma siamo comunque dinanzi ad un'esperienza corposa ma non necessariamente sconfinata, adatta anche a chi non possa dedicare ai videogiochi più di un'oretta al giorno.
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Voto Recensione di Dragon Quest III HD-2D Remake | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Esteticamente splendido.
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Meccaniche di gioco invecchiate benissimo.
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Tende una mano ai neofiti.
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Uno dei capitoli migliori della serie.
Contro
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Non a tutti piaceranno gli incontri casuali.
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Molto classico sotto molti punti di vista.