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Recensione

Zelda: A Link Between Worlds

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 16/11/2013 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

9

Non è facile comprendere quale sia il segreto del successo dei giochi della serie Zelda. Anzi, è quasi impossibile. Potrebbe trattarsi dei personaggi, della storia, dell’ambientazione. O, forse, del fatto che ogni Zelda incarna la metafora della crescita, dei riti di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. O, più probabilmente, quelli di Nintendo hanno scoperto qualcosa di magico che al momento ci sfugge. Poco importa: ogni volta che esce un gioco di questa saga, le emozioni ci colpiscono nel profondo del cuore sin dalla schermata iniziale.
Eppure, i titoli per console portatile di questa saga secondo molti sono sempre stati una sorta di sottoprodotto della saga principale. Certo, si inseriscono nel canone zeldiano e regalano scorci unici, spesso indimenticabili. Ma a livello di contenuti hanno sempre avuto qualcosa di “meno magico” rispetto ai giochi per le console casalinghe, tanto che molti titoli portatili della serie Zelda sembravano prendere in prestito parecchi elementi dai vari titoli per le home console. Con le dovute eccezioni, molti Zelda portatili erano meno innovativi di quanto ci potessimo aspettare da una serie di questa caratura.
Così, quando Nintendo annunciò una sorta di sequel a The Legend of Zelda: A Link To The Past in arrivo su Nintendo 3DS, fummo colpiti da emozioni contrastanti. Da un lato, eravamo felici di rivedere gli ambienti e lo stile di quello che potremmo definire come il primo Zelda “moderno”. Dall’altro lato, avevamo la sensazione che, ancora una volta, il gioco avrebbe attinto a man bassa dal calderone del “già visto”. Ora che il gioco è giunto nelle nostre mani, chiediamo perdono a San Shigeru per avere dubitato di lui: The Legend of Zelda: A Link Between Worlds è un ottimo capitolo di questa saga, e poco importa che sia un titolo portatile.
Uno scarabocchio
La vicenda, come di consueto, inizia con Link addormentato e svegliato da un problema. Al castello di Hyrule sono infatti apparsi degli strani murales, che nemmeno i servitori della principessa Zelda riescono a ripulire. La cosa ancora più strana è che il capo delle guardie è sparito. Ben presto si scopre che le due cose sono connesse fra loro: il malvagio Yuma, infatti, ha la capacità di trasformare i propri avversari in dipinti. La sua follia è tale che decide di intrappolare sette saggi per evocare Ganon, e fare scendere le tenebre sul mondo.
Link affronta il mago, che si dimostra subito un avversario imbattibile. Così, Yuma lancia la propria magia contro il nostro eroe, trasformandolo in un murales appena abbozzato. Ma grazie a un misterioso (e puzzolente) braccialetto, Link riesce ad uscire dall’affresco. La magia lanciata da Yuma diventa così un’arma nelle mani di Link, che può ora trasformarsi in disegno per spostarsi lateralmente sulle pareti e raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.
Questo antefatto introduce quella che potremmo considerare la meccanica centrale del gioco. Link può entrare e uscire praticamente da ogni superficie liscia, ma una volta trasformatosi in scarabocchio può solo muoversi orizzontalmente, e per un breve periodo di tempo. Al contempo, Link non può oltrepassare eventuali ostacoli (lampadari appesi al muro, imperfezioni delle pareti, eccetera). Per contro, la sua “bidimensionalità” gli consente di girare angoli, uscire dalle finestre, attraversare sbarre, eccetera. In questo modo, gli sviluppatori si sono assicurati di dare al giocatore uno strumento potente, ma fortemente limitato. Il bilanciamento tra pro e contro è pressoché perfetto, e rende ogni passaggio un piccolo rompicapo da risolvere.
Usate il cervello
Lo diciamo subito: A Link Between Worlds è uno dei capitoli più cervellotici fra gli ultimi Zelda, e curiosamente è anche è uno dei capitoli che meglio incarna la giocabilità di un tempo. Erano anni che non provavamo un tale senso di libertà (e di smarrimento) girovagando per Hyrule, e questo capitolo sembra più vicino ai primi tre giochi della saga che agli ultimi cinque o sei episodi. Il giocatore, infatti, non deve seguire quasi mai uno schema predeterminato, e può giungere in vari luoghi (e conseguentemente in vari dungeon) semplicemente utilizzando l’ingegno. I gadget, infatti, sono quasi tutti disponibili sin da subito in bottega, e possono essere noleggiati per una cifra che oscilla tra le 50 e le 100 rupie, e acquistati per un importo sensibilmente più importante. In caso di sconfitta, il giocatore perde tutti gli oggetti noleggiati ed è costretto a un doloroso backtracking per recuperarli, che tuttavia viene edulcorato dalla presenza dei viaggi rapidi, evidentemente introdotti per venire incontro alle logiche di portabilità di questo gioco.
Per sostenere il meccanismo dei noleggi e degli acquisti, è stata implementata una generosa economia. Il denaro in game non manca, e il drop dei nemici si attesta su livelli abbastanza alti. Anche i cuoricini vengono elargiti senza troppa remora, e nel complesso non è difficile recuperare grosse quantità di denaro.
Al contempo – ed è questo probabilmente uno degli aspetti negativi di A Link Between Worlds – la difficoltà dei combattimenti si attesta su livelli medio bassi. Anzi, all’inizio la difficoltà del gioco è quasi ridicola, e il primo game over è giunto per una nostra banale distrazione dopo sette ore di gioco. Come in A Link To The Past, il gioco include un mondo parallelo, chiamato Lorule e simile al mondo oscuro del gioco per SNES. In questo mondo parallelo i nemici sono almeno cinque o sei volte più resistenti e, in confronto al mondo di Hyrule, Lorule sembra l’inferno in terra. Anche se l’impatto iniziale può sorprendere, non ci vuole molto a capire che, in realtà, anche Lorule non è poi così “mortale”, specie quando si iniziano ad ingranare e marce più alte e si ottiene un buon numero di portacuori. Le cose non migliorano di fronte ai boss: non c’è quasi nessun boss finale che ci abbia spaventato (sono tutti piuttosto piccolini), e nel complesso quasi tutti i dungeon si concludono con un combattimento che di epico ha ben poco, specie per chi conosce i meccanismi di base dei bossi della serie Zelda.
Nintendo sa fare i livelli
Nonostante la difficoltà dei combattimenti sia bassina, boss inclusi, lo stesso non si può dire dei vari rompicapi che ritroviamo nei dungeon. Nel complesso la durata dei sotterranei non è così elevata – si tratta pur sempre di un gioco portatile – ma in qualche caso ci siamo trovati a grattarci la testa, per poi provare un’enorme soddisfazione quando ci si è accesa sopra la testa la lampadina che ci ha portati alla soluzione dell’enigma. Così, la difficoltà degli enigmi controbilancia quella dei combattimenti, creando un mix quasi perfetto.
Non possiamo fare altro che applaudire la straordinaria capacità di Nintendo quando si tratta di level design. A Link Between Worlds ci ha presentato alcuni passaggi davvero splendidi, che ci hanno portato a rovesciare in pochi minuti una situazione che all’apparenza ci sembrava impossibile. Anche il famigerato dungeon acquatico – bestia nera di ogni Zelda – si è rivelato divertente e mai frustrante. Ogni problema ha una sua soluzione, e questa soluzione è sempre logica e mai aleatoria. Questo, forse, è uno dei tanti ingredienti della magia di Zelda di cui parlavamo in apertura.
Abbiamo già accennato al fatto che Nintendo abbia progettato il gioco tenendo a mente che si tratta di un titolo portatile. Oltre alla già citata presenza dei viaggi rapidi, ogni dungeon presenta una o più warp zone, solitamente collocate dopo i miniboss, che permettono di ritornare all’entrata del labirinto ed, eventualmente, di salvare. Inoltre, la mappa di gioco ha una dimensione relativamente esigua, e gli spostamenti a piedi sono piuttosto rapidi e divertenti. Sono i segreti – di cui il gioco è letteralmente sommerso – a rendere l’esperienza ricchissima: ogni parte di livello è intrisa di misteri da risolvere, a volte con l’aiuto del passaggio da e verso il mondo parallelo, che ci obbliga a ricordare l’ubicazione dei vari luoghi nei due mondi.
Ottima, infine, l’idea di mantenere il vecchio respawn dei nemici ogni volta che si passa in un altra sezione della mappa, un’idea mutuata dai tempi del primissimo Zelda che funziona ancora alla grande per rendere meno monotona l’esperienza di gioco.
Ninna nanna
Lo strano stile grafico del gioco, che alterna 2D e 3D, è davvero interessante. Sebbene lo stile dei personaggi non ci abbia entusiasmato (il nostro Link, specie in versione 3D, non è certo un adone), quando il gioco ci “spalma” sui muri si mostrano alcune animazioni che ci hanno strappato più volte il sorriso, in senso buono. Il passaggio dal 2D al 3D è fluido, un aspetto fondamentale per fare in modo che questa meccanica venisse realmente usata dai giocatori. Nintendo, anche in questo caso, ha fatto centro.
E poi ci sono le musiche. Non ci sono molte parole da spendere: vi basti sapere che la prima volta che siamo entrati in una taverna abbiamo trascorso almeno mezz’ora ad ascoltare le canzoni suonate dai musici. Il gioco non usa praticamente mai dei suoni campionati, e affida quasi tutto a una traccia orchestrata. Se amate la colonna sonora di questa saga ritroverete tutti i temi più amati, suonati divinamente. Qualche lacrimuccia potrebbe scendervi di fronte a una Zelda’s Lullaby suonata col flauto dolce.

– Meccaniche interessanti

– Giocabilità che guarda al passato

– Rompicapi eccellenti

– Musica orchestrata

– Boss un po’ deludenti

– Character design non esaltante

9.0

The Legend of Zelda: A Link Between Worlds è un gioco che omaggia i titoli del passato con delle meccaniche a tratti innovativi. Come in un viaggio tra due mondi paralleli, ci sentiamo continuamente sballottati a destra e a manca tra un gameplay che non c’è più, e alcune meccaniche squisitamente contemporanee. Forse è proprio questo il segreto di Zelda: il gioco riesce a trasformarsi nell’allegoria delle sue stesse meccaniche di gioco, senza mai strafare, in maniera sobria ed elegante. Ancora una volta il gioco non ci ha delusi, e vi invitiamo ad arricchire la libreria del vostro Nintendo 3DS con questo splendido capitolo di una delle saghe piuù amate di sempre. Non ve ne pentirete.

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